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Introduzione ad armi nucleari e deterrenza (5)

Analisi â€“ PerchĂ© parlare di armi nucleari? Serve essere piĂą consapevoli di ciò che davvero implica trattare questo argomento. Riflettiamo qui su costi e impegno del mantenere in efficienza un arsenale nucleare.

Leggi qui gli articoli precedenti: parte 1, parte 2, parte 3, parte 4

Ogni discorso su armi nucleari e deterrenza non può dimenticare quello che è forse il tema meno discusso: cosa significhi mantenere in efficienza a lungo termine un arsenale nucleare. Tale aspetto è vitale proprio a partire da tutto quanto è stato discusso negli articoli precedenti.
La deterrenza è la combinazione di capacità e credibilità. E in questo articolo parliamo proprio di capacità.
Qualunque discorso sulla deterrenza si basa sul fatto che qualcuno possiede le armi e queste soprattutto… funzionano. Se un Paese non avesse armi funzionanti potrebbe far finta di niente sperando che il nemico non lo scopra (giocando appunto solo sull’aspetto di credibilità), ma ogni discorso di deterrenza si basa sull’idea che l’avversario sia sicuro della devastazione reciproca che risulterebbe dall’uso. Che succede se uno Stato nucleare non avesse più armi funzionanti? Se il nemico se ne accorgesse (o se lo sospettasse), forse ci sarebbe più percezione di sicurezza… ma in alcuni casi anche il rischio di calcoli sbagliati. La credibilità senza capacità, insomma, rende la deterrenza molto fragile. O addirittura la distrugge.

Questo discorso tocca due aspetti:

  1. La testata in quanto tale
  2. Il vettore (missile, razzo, bomba… e i veicoli che lo trasportano)
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Foto 1 – Bombardieri strategici USA sopra Stoccolma durante un’esercitazione. Il B-52 è capace di portare testate nucleari

LA TESTATA

Un aspetto base delle armi nucleari è che la maggior parte è stata prodotta durante la Guerra Fredda. Molte sono state realizzate negli anni Cinquanta e Sessanta o poco dopo. Funzionerebbero anche dopo tutti questi decenni?
Storicamente lo studio nell’efficacia di armi nucleari veniva realizzato tramite test dal vivo, prima in atmosfera e poi (per ridurre gli effetti sull’ambiente sfruttando anche le tecnologie progressivamente più sofisticate per l’analisi dei dati) sottoterra. Ma nel 1996 è stato approvato il Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty – CTBT). I test finali degli anni Novanta (gli ultimi furono francesi) sono dunque serviti per poter ottenere dati necessari per creare modelli matematici accurati che potessero essere utilizzati in futuro senza dover effettuare test veri.
Ma quanto sono accurati questi modelli, soprattutto man mano che ci si allontana dalla produzione? Dopo quasi 30 anni di ulteriore invecchiamento delle testate, e a 50-70 anni dalla produzione, è impossibile capire quanto i modelli siano ancora affidabili o quanto intervengano elementi allora non previsti a modificare ulteriormente resa e affidabilità. Secondo quanto indicato da varie valutazioni, l’affidabilità dell’ordigno rimane elevata, ma non è detto che la resa sia quella attesa. Come tutti, ovviamente, speriamo non serva mai verificarlo, quindi in definitiva tale informazione ha utilità limitata. Nel frattempo, almeno negli USA si sta provvedendo a far ripartire la produzione delle testate (in particolare il cosiddetto “pit”, cioè il cuore in uranio o plutonio della testata) per sostituire quelle più obsolete, ma in questo caso il problema chiave è che… non è appunto più possibile verificare se sia possibile migliorare (incluso rendere più sicura) la testata se non tramite modelli matematici. L’alternativa ovviamente sarebbe far ripartire i test, cosa che nessuno si augura.

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Fig. 2 – Test nucleare francese “Licorne” nell’atollo di Fangataufa, nel 1970. Qui fu condotto anche l’ultimo esperimento nucleare francese del 1996, ma sotterraneo

VETTORE

Questo è l’ambito più rilevante e costoso ed è il principio che rende la gestione dell’arsenale nucleare uno degli aspetti più problematici per i piccoli Stati. Un’arma nucleare deve essere trasportata sul bersaglio – lanciata da missile, razzo, artiglieria o aereo. E questo vettore deve essere in grado di farlo. Qui tuttavia non intendiamo parlare dello sviluppo di missili e aerei dedicati (che tutte le potenze nucleari hanno in qualche modo realizzato e stanno continuamente migliorando), ma del loro mantenimento in efficienza.
Oltre a dover possedere tali vettori, questi devono infatti rimanere efficienti e le radiazioni ionizzanti del cuore radioattivo della testata sono un elemento che progressivamente mina l’efficienza dei componenti elettronici. Il problema non è che l’arma possa esplodere… ma il contrario: che al momento giusto possa non funzionare.
Negli USA tutte le testate vengono controllate nel corso di 10 anni, ma è stato verificato che i componenti vanno sostituiti esattamente con parti identiche alle precedenti – il che, come mostra un recente report, è un problema laddove il produttore originario non esista più (perché nel frattempo l’attività è stata chiusa). Ne deriva quindi la necessità di retro-engineering e re-inventare alcuni particolari. La stampa 3D inoltre aiuta con la manifattura di alcuni pezzi.
Si sta poi procedendo a produrre nuove bombe per sostituire quelle vecchie, proprio per evitare di doversi affidare a ordigni vetusti e potenzialmente meno affidabili
Il costo per l’ammodernamento dei vettori, la produzione di nuovi pit e tutto il processo collegato negli USA potrebbe costare qualcosa come 750 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni, stima che ha portato a numerose proteste circa la spesa per un tale progetto.
Non solo: dal momento in cui anche Paesi come Russia e Cina stanno rinnovando (i primi) e aumentando (i secondi) il proprio arsenale, negli USA c’è una crescente spinta per ampliare l’arsenale, secondo la valutazione per la quale sia necessario avere sufficienti missili e testate per affrontare potenzialmente entrambi i rivali in contemporanea… valutazione criticata (tra gli altri) dagli esperti nucleari della Foundation of American Scientists – che produce alcuni dei report più aggiornati sulla capacità nucleare nel mondo – come una spesa eccessiva e non necessaria nemmeno ai fini di deterrenza: in breve secondo i suoi rapporti basterebbero già le testate possedute e una corsa agli armamenti nucleari, allo stadio attuale, difficilmente porterebbe più stabilità.

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Fig. 3 – Un frammento di missile Kh-55 russo usato in Ucraina. Il Kh-55 è un missile di cui esiste anche la versione armabile con testata nucleare

RIFLESSIONI DA PORSI

Esistono ovviamente molti altri elementi da considerare, ma questi citati forniscono almeno un’introduzione al tema. Per riassumere, tutto questo porta a riflessioni e domande aperte che non possono essere ignorate e che potrebbero influenzare anche ogni discorso circa un deterrente nucleare europeo:

  • Un arsenale nucleare va aggiornato continuamente perchĂ© rimanga in piena efficienza. Se l’arsenale non è efficiente, la deterrenza cala, anche se questo è bilanciato dal fatto che l’avversario potrebbe non accorgersene.
  • Un arsenale nucleare costa, e molto, soprattutto nel mantenimento. Piccoli Stati che desiderano ora l’arma (ad esempio Polonia, Corea del Sud…) potrebbero poi trovarsi a dover sostenere costi enormi.
  • Le nuove minacce nucleari e gli aumenti di arsenali di alcuni Paesi stanno portando a una richiesta di nuova escalation nucleare, che oltre ad aumentare i budget dedicati non è detto abbiamo effetti reali se non un aumento della tensione – capire come mantenere la deterrenza senza esagerare e creare piĂą problemi è una sfida, ci saranno sempre coloro che chiederanno piĂą testate.

Lorenzo Nannetti

Fonti:

  • T. Copp, “This is what it’s like to maintain the US nuclear arsenal”, Associated Press, 20 Settembre 2023, https://apnews.com/…/nuclear-weapons-missile-military…
  • Sui test nucleari prima del CTBT e sulla tecnologia per raccogliere i dati da usare poi per i modelli matematici: P. Wodka-Gallien, “A SWORD FOR PEACE AND LIBERTY VOLUME 1 Force de frappe – The French Nuclear Strike Force and the First Cold War 1945-1990”, Serie “Europe@War”, Helion & Co. (2023)
  • Ultimo rapporto sull’arsenale nucleare USA: Hans M. Kristensen, Matt Korda, Eliana Johns, and Mackenzie Knight, “United States nuclear weapons, 2025”, Bulletin of the Atomic Scientists, 81:1, 53-79, DOI: https://doi.org/10.1080/00963402.2024.2441624
  • Ultimo rapporto sull’arsenale nucleare russo: Hans M. Kristensen, Matt Korda, Eliana Johns, and Mackenzie Knight, “Russian Nuclear Weapons, 2024”, Bulletin of the Atomic Scientists, 80:2, 118-145, DOI: https://doi.org/10.1080/00963402.2024.2314437
  • Ultimo rapporto sull’arsenale nucleare cinese: Hans M. Kristensen, Matt Korda, Eliana Johns, and Mackenzie Knight, “Chinese Nuclear Weapons, 2025”, Bulletin of the Atomic Scientists, 81:2, 135-160, DOI: https://doi.org/10.1080/00963402.2025.2467011

Immagine di copertina: W89 and W91 nuclear warheads on display at the Nuclear Weapons Instructional Museum, Kirtland Air Force Base, by Nuclear Weapons Instructional Museum, National Nuclear Security Administration. – https://osf.io/jt2g6/, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=102874739

Dove si trova

Perchè è importante

  • Un arsenale nucleare va aggiornato continuamente perchĂ© rimanga in piena efficienza.
  • Un arsenale nucleare costa, e molto, soprattutto nel mantenimento.
  • Le nuove minacce nucleari e gli aumenti di arsenali di alcuni Paesi stanno portando a una richiesta di nuova escalation nucleare, con discussioni circa l’utilitĂ  dell’aumento del numero di testate.

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Lorenzo Nannetti
Lorenzo Nannetti

Nato a Bologna nel 1979, appassionato di storia militare e wargames fin da bambino, scrivo di Medio Oriente, Migrazioni, NATO, Affari Militari e Sicurezza Energetica per il Caffè Geopolitico, dove sono Senior Analyst e Responsabile Scientifico, cercando di spiegare che non si tratta solo di giocare con i soldatini. E dire che mi interesso pure di risoluzione dei conflitti… Per questo ho collaborato per oltre 6 anni con Wikistrat, network di analisti internazionali impegnato a svolgere simulazioni di geopolitica e relazioni internazionali per governi esteri, nella speranza prima o poi imparino a gestire meglio quello che succede nel mondo. Ora lo faccio anche col Caffè dove, oltre ai miei articoli, curo attivitĂ  di formazione, conferenze e workshop su questi stessi temi.

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