Caffè lungo – La recente crisi tra Ucraina e Ungheria è il sintomo di una frattura storica mai rimarginata. Al centro dello scontro, la Transcarpazia: una regione ucraina abitata da una consistente minoranza magiara, ma rivendicata simbolicamente da Budapest. Tra accuse di spionaggio, ambiguità filorusse e nazionalismi risorgenti, l’area rischia di trasformarsi in un nuovo fronte di destabilizzazione. L’Unione Europea è chiamata a prevenire l’implosione di un equilibrio già precario al confine orientale della NATO.
L’UCRAINA, L’UNGHERIA E L’OMBRA LUNGA DELLA TRANSCARPAZIA
La crisi diplomatica esplosa tra Ucraina e Ungheria nel maggio 2025 va oltre il semplice dissidio bilaterale. Essa rappresenta il riemergere di una frattura storica nel cuore dell’Europa centro-orientale, innescata da una questione mai realmente risolta: la condizione della minoranza ungherese in Transcarpazia. Questa regione, oggi ucraina, è ancora profondamente radicata nella memoria storica ungherese come parte integrante del proprio Paese. Fu il Trattato di Trianon del 1920 a recidere questo legame, consegnando il territorio alla Cecoslovacchia e lasciando una popolazione magiara frammentata e spesso marginalizzata. Nel corso del Novecento, la Transcarpazia ha cambiato più volte bandiera: restituita brevemente a Budapest con gli Accordi di Vienna del 1938, fu poi inglobata dall’Unione Sovietica nel 1944, divenendo parte dell’Ucraina post-sovietica dal 1991. Tuttavia, Budapest non ha mai smesso di considerare la regione un prolungamento naturale della propria identità nazionale. Negli ultimi anni, sotto la guida di Viktor Orbán, la questione si è riaccesa, trasformandosi in un asse strategico silenzioso con la Russia di Putin. L’Ungheria ha adottato una linea di politica estera ambigua: da un lato ufficialmente neutrale nel conflitto russo-ucraino, dall’altro attivamente contraria alle sanzioni verso Mosca e restia a sostenere il percorso euro-atlantico di Kiev. Dietro la retorica sulla difesa dei diritti linguistici e culturali dei 150mila ungheresi che vivono nella regione, si cela una visione più ampia: l’uso della Transcarpazia come leva politica, come margine di manovra per influenzare lo scenario post-bellico ucraino. L’attuale crisi, con l’arresto di due ex militari ucraini accusati di spionaggio per conto dell’intelligence ungherese, ha rivelato quanto profondo e potenzialmente esplosivo sia questo fronte.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Manifesto a Budapest contro l’ingresso dell’Ucraina nell’UE, aprile 2025
INTELLIGENCE, ACCUSE INCROCIATE E CRISI DEL DIALOGO BILATERALE
L’arresto di due veterani ucraini da parte del servizio di sicurezza SBU, accusati di collaborare con l’intelligence ungherese, ha innescato tensioni tra Kiev e Budapest, che sembrerebbero acuirsi sempre di più. Secondo le Autorità ucraine, l’operazione di spionaggio non era finalizzata solo alla raccolta di dati militari, ma mirava anche a sondare il sentimento locale verso un’eventuale presenza armata ungherese nella regione. In altre parole: Budapest starebbe valutando opzioni ben più radicali della semplice tutela culturale. La risposta ungherese è stata immediata e aggressiva: espulsione di diplomatici ucraini, accuse di propaganda e una narrazione pubblica orientata a screditare Kiev come uno Stato che opprime le minoranze. La crisi è degenerata rapidamente, sfociando in una rottura diplomatica quasi totale e nel congelamento del tavolo negoziale bilaterale sui diritti delle minoranze magiare. Quel tavolo rappresentava l’ultimo meccanismo di contenimento di una tensione latente da anni, che ora rischia di esplodere in forme imprevedibili. Parallelamente, l’ambiguità strategica dell’Ungheria nei confronti della Russia si fa sempre più evidente. Mentre l’UE tenta di compattarsi attorno a Kiev, Orbán mantiene aperti i canali economici e politici con Mosca, opponendosi all’ingresso dell’Ucraina nell’UE e sabotando l’unità europea sull’invio di aiuti. Dietro questa postura, si cela una logica di logoramento: più l’Ucraina si indebolisce, più aumentano le possibilità di Budapest di rivendicare un ruolo su quella che considera una sua regione storica. In questo contesto, la Transcarpazia rischia di trasformarsi in una nuova Crimea: non tanto teatro di annessione militare, quanto spazio grigio dove operano intelligence, narrative revansciste e interessi geopolitici divergenti.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Uno scambio intenso tra la vicepremier ucraina Olha Stefanishyna e il Segretario di Stato agli Esteri ungherese Levente Magyar durante una conferenza stampa a Budapest, 29 aprile 2025. Un esempio piccolo ma significativo delle tensioni tra i due Paesi
SCENARI FUTURI: DESTABILIZZAZIONE O COMPROMESSO EUROPEO?
Il destino della Transcarpazia si sta giocando oggi su un doppio crinale: da un lato, l’escalation potrebbe sfociare in una crisi etnica alimentata da operazioni coperte e da una propaganda orchestrata; dall’altro, resta aperto uno spiraglio diplomatico europeo. Il peggiore degli scenari prevede una guerra congelata sul fronte orientale dell’Ucraina e una destabilizzazione progressiva dell’ovest. Budapest, in questo contesto, potrebbe promuovere movimenti autonomisti nella regione, sostenere referendum non riconosciuti e sfruttare la debolezza dello Stato ucraino per posizionarsi come “protettore” della minoranza magiara, con il tacito appoggio del Cremlino. Una situazione che creerebbe un nuovo focolaio ai margini di UE e NATO. Ma uno scenario alternativo è ancora possibile. L’intervento congiunto dell’Unione Europea e dell’OSCE potrebbe portare alla creazione di un nuovo quadro giuridico per la tutela delle minoranze, garantendo rappresentanza politica e autonomia culturale alla comunità ungherese senza intaccare l’integrità territoriale ucraina. Progetti economici transfrontalieri, programmi scolastici bilingui e incentivi allo sviluppo locale potrebbero contribuire a disinnescare le spinte separatiste. In definitiva, la Transcarpazia non è solo un problema locale, ma un termometro dello stato di salute dell’architettura europea. Ignorare le tensioni etniche e le ambizioni revansciste in tempi di guerra significa sottovalutare una delle minacce più subdole alla stabilità del continente. Con la guerra russo-ucraina che si trascina e l’Europa alle prese con la ridefinizione dei propri equilibri, la faglia ungherese rischia di aprire un nuovo fronte. Un fronte che Kiev non può permettersi di ignorare — e che l’Europa non può più fingere di non vedere.
Riccardo Renzi
“EPP Helsinki Congress in Finland, 7-8 November 2018” by More pictures and videos: [email protected] is licensed under CC BY