In 3 Sorsi – La scelta del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu di fornire un supporto militare alla milizia gazese di Yasser Abu Shabab, bypassando il gabinetto di sicurezza, comporta vari rischi per il presente e il futuro di Israele.
LA STRATEGIA DI NETANYAHU A GAZA: IL PESO DELLE CIRCOSTANZE INTERNE
Sin dall’inizio dell’invasione terrestre di Gaza da parte delle IDF, la comunitĂ internazionale ha rivolto al Governo israeliano l’invito a immaginare una soluzione concretamente attuabile per la fase successiva al conflitto. L’auspicio comune al mondo occidentale di una durata contenuta della guerra, cui sarebbe seguita la graduale attuazione di un piano per la ricostruzione della Striscia, si è plasticamente scontrata con la realtĂ presente sul campo. Il Governo israeliano, guidato da Benjamin Netanyahu, ha infatti preferito adottare una linea assertiva, focalizzando i propri sforzi prettamente sul piano bellico. Soprattutto per evitare possibili fratture con l’estrema destra presente nell’esecutivo, Bibi ha progressivamente innalzato il livello dello scontro, fino ad arrivare a due punti di rottura: l’interruzione degli aiuti umanitari, ripresi solo qualche settimana fa, e la sospensione dei rapporti con l’AutoritĂ Palestinese.
In questo quadro si inserisce, in maniera logica, la scelta intenzionale di evitare di creare le premesse per una futura governance di Gaza appannaggio di una realtĂ palestinese legittimata a livello interno e internazionale. Tale scenario, infatti, coinciderebbe con la caduta del Governo israeliano e, realisticamente, potrebbe rappresentare l’inizio della fine della vita politica di Netanyahu.
Fig. 1 – Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu tiene una conferenza stampa a Gerusalemme, 21 maggio 2025
LA ‘MOSSA A SOPRESA’: IL SOSTEGNO A UNA MILIZIA GAZESE ANTI-HAMAS
Nelle ultime settimane di maggio, il Primo Ministro israeliano ha deciso di introdurre un fattore di “continuitĂ nella discontinuitĂ ”, rappresentato dal supporto militare e dalla protezione armata alla milizia di Rafah auto-definitasi come “servizio anti-terrorismo“. Nella sostanza, si tratta di un gruppo armato guidato da Yasser Abu Shabab, una figura che ha avuto legami con Al-Qaeda e sul cui capo pendono varie accuse (tra cui quella di traffico di droga). La situazione venutasi a generare può essere definita di “continuitĂ nella discontinuitĂ ”, perchĂ© l’elemento di novitĂ introdotto da Israele si associa a una volontĂ persistente di continuare a rendere il terreno infecondo per una soluzione definitiva al conflitto con la Palestina. Il gruppo di Abu Shabab, infatti, pur ricevendo l’appoggio dell’AutoritĂ Palestinese (secondo quanto riferito da fonti palestinesi a Ynet), non rappresenta un’entitĂ le cui reali ambizioni possono essere indubitabilmente circoscritte a una singola fase, ossia quella precedente al momento della ricostruzione. Affidarsi a essa rientra nell’ottica di porre le premesse per evitare futuri negoziati con l’AutoritĂ Palestinese per una soluzione a due Stati. In piena aderenza, dunque, con quanto richiesto dall’estrema destra per non rimuovere la fiducia al Governo.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Gli israeliani si riuniscono per una manifestazione, chiedendo un accordo per scambio di ostaggi con le fazioni palestinesi nella Striscia di Gaza, elezioni anticipate e il cessate il fuoco, a Tel Aviv, Israele, 27 luglio 2024
GAZA TRA ABU SHABAB, HAMAS E UNA SOLUZIONE UNITARIA: GLI SCENARI FUTURI
Sebbene la strategia condotta dal Governo israeliano a Gaza renda maggiormente complicato immaginare uno scenario di unitĂ interna al mondo politico palestinese, un lavoro in questo senso continua a essere portato avanti dalle parti. Pur partendo da posizioni e prospettive diverse, le fazioni palestinesi si sono infatti incontrate piĂą volte negli ultimi anni per provare a gettare le basi per una futura governance unitaria di Gaza.
L’esempio piĂą emblematico è quello dei dialoghi, ospitati dalla Cina nel 2024, culminati nella firma di un “accordo di unitĂ nazionale” da implementare una volta conclusa la guerra.
In questo scenario, il ruolo che la milizia di Abu Shabab acquisirĂ progressivamente nel contesto sociale e politico di Gaza definirĂ inevitabilmente i contorni dei futuri e definitivi dialoghi per una Palestina unitaria. Con una convinzione che resta immutata, dal 7 ottobre ad oggi: soltanto attraverso un’intesa, e la volontĂ effettiva di applicarla, i soggetti politici palestinesi potranno ricavare quella legittimazione interna ed esterna su cui far poggiare un riconoscimento pieno della Palestina da parte della comunitĂ internazionale.
Michele Maresca
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