In 3 sorsi – Il processo di integrazione regionale del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC), attualmente in una situazione di stallo, potrebbe essere riavviato grazie alle tre crisi simultanee che i suoi membri stanno vivendo: quella sanitaria, quella economica e quella energetica.
1. IL CONSIGLIO DI COOPERAZIONE NEL GOLFO: COMPOSIZIONE E SCHIERAMENTI
Il Consiglio di Cooperazione del Golfo fu istituito sul finire negli anni Ottanta e prende come modello il processo d’integrazione europea e i suoi meccanismi, pur mantenendo una struttura che è basata sui legami familiari clientelari, che richiama quella del modello tribale. D’altronde le sei Monarchie del Golfo – Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti (EAU), Oman, Kuwait e Qatar – condividono molti tratti socio-economici, linguistici e religiosi. Di conseguenza era stata intravista un’opportunitĂ di maggiore coesione  e interdipendenza regionale per creare un mercato unico competitivo e uno spazio economico integrato. Altro importante elemento fondante del Consiglio di Cooperazione è stato il coordinamento delle politiche di sicurezza a guida americana contro il “vicino scomodo” localizzato nell’altra sponda del Golfo Persico, l’allora appena nata Repubblica Islamica dell’Iran. Nel corso della sua esistenza e fino ad oggi gli azionisti maggioritari del Consiglio, Arabia Saudita in primis e EAU, hanno da sempre spinto per una maggiore integrazione tra i Paesi, rallentata in parte dagli scetticismi di membri “minori” come Oman e Qatar, che temono di perdere la propria indipendenza e compromettere i rapporti con l’Iran. Questi ultimi, vista la loro prossimitĂ alla Repubblica Islamica, non vedono di buon grado le politiche che tendono a incrinare le relazioni bilaterali, soprattutto il Qatar, il quale condivide i depositi di gas naturale, fonte di reddito portante del Paese, con l’Iran. Il rapporto di buon vicinato, in aggiunta all’allineamento con la Turchia nel conflitto in Libia e alla presenza della rete televisiva Al Jazeera, che ha giocato un ruolo importante nel diffondere le notizie riguardanti la Primavera Araba, non sono state ben viste da Arabia Saudita e EAU. Abu Dhabi ha tentato di riallineare assertivamente il Qatar alle proprie politiche, tramite un embargo diplomatico e un blocco terrestre che non però non sono riusciti negli intenti. Ad oggi ci sono stati contatti tra ufficiali governativi per sbloccare la crisi, ma non hanno portato ad alcun esito.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Partecipanti al Saudi Budget Forum tenutosi a Riyadh a dicembre 2019
2. LA CRISI SANITARIA
I Paesi del Golfo, nonostante abbiano riscontrato casi accertati di Covid-19, grazie alle loro risorse finanziarie e ai loro sistemi sanitari sono stati in grado di recuperare e importare il materiale medico necessario per affrontare la crisi e limitare il flusso di persone dall’estero, anche attraverso l’espulsione della manodopera asiatica a basso costo proveniente da India, Pakistan e Bangladesh. Lo stesso non può essere detto dell’Iran, in una situazione tragica, visto l’alto numero sia di contagiati che di morti, in aggiunta all’esclusione dai circuiti finanziari internazionali come SWIFT, fondamentale per l’acquisto di materiale d’emergenza. Inaspettatamente l’Iran è stato rifornito di materiale d’emergenza da Paesi come Qatar e Oman, ma anche da EAU e Kuwait, i quali hanno intravisto un’opportunitĂ importante per allentare le tensioni geopolitiche nella regione. Questa mossa va inserita e analizzata nella percezione da parte delle Monarchie di una continua e inevitabile ritirata da parte degli americani negli affari regionali, i quali però rimangono indispensabili per un’eventuale soluzione diplomatica tra i protagonisti del Golfo Persico. Di conseguenza gli aiuti umanitari portati da alcune Monarchie del Golfo mirano a trovare un compromesso e a evitare un aumento delle tensioni con l’Iran, vista l’insicurezza suscitata dal partner americano.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Da destra verso sinistra: i Ministri delle Finanze dell’Oman Darwish Bin Ismail Bin Ali al-Balushi, dell’Arabia Saudita Mohammed Al-Jadaan, del Qatar Ali Shareef al-Emadi, del Kuwait Nayef al-Hajraf, del Bahrein Ahmed Bin Mohammed al-Khalifa, e il vice Ministro degli EAU. La foto è stata scattata durante un meeting tenutosi in Kuwait nel maggio 2018
3. LE CRISI SIMULTANEE: ENERGETICA E ECONOMICA
Il crollo della domanda del petrolio ha mandato in crisi le economie dei paesi del GCC, fortemente basate e dipendenti dall’esportazione di risorse energetiche. In aggiunta, la guerra dei prezzi tra Russia e Arabia Saudita nelle negoziazioni di un accordo all’interno dell’OPEC+, i Paesi esportatori di petrolio, ha moltiplicato gli effetti devastanti della pandemia nella regione, facendo crollare ulteriormente il prezzo del petrolio, il quale è sceso per la prima volta sotto lo zero. Di conseguenza sono stati giĂ stanziati dalle sei Monarchie dei pacchetti d’emergenza che ammontano a 120 miliardi di dollari per salvaguardare le attivitĂ produttive e il benessere del Golfo, ma secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale non saranno sufficienti per evitare una recessione, stimata attorno al -2,7%. In aggiunta, i grossi e sostenuti deficit fiscali e finanziari che dovranno implementare le Monarchie arabe in vista del calo d’esportazioni verso Paesi come Stati Uniti, Cina e Giappone mineranno anche i rispettivi fondi sovrani, con i quali hanno acquistato patrimoni immobiliari in tutti gli angoli del pianeta, sebbene non tutte le Monarchie soffriranno allo stesso modo. Paesi con popolazioni minori e con un rapporto debito/PIL basso come Qatar e EAU risentiranno meno dei tagli ai bilanci dello Stato. Al contrario, Paesi con un rapporto alto e piĂą indebitati come Oman e Bahrain saranno piĂą vulnerabili alle conseguenze della crisi globale, con l’Oman che si è giĂ visto costretto ad attuare politiche fiscali restrittive, riducendo le spese governative del 5%, mentre il Bahrain rischia una nuova ondata di tensioni sociali, viste le giĂ precarie condizioni della maggioranza sciita. Infine l’Arabia Saudita si trova costretta a perseguire simultaneamente due obiettivi strategici per il proprio interesse nazionale di breve e lunga durata, da un lato investire in settori strategici stranieri sia in Europa che in America per consolidare le interdipendenze con le due regioni, mentre dall’altro lato completare il processo di diversificazione dell’economia attraverso il piano Saudi Vision 2030 e promuovere un’integrazione maggiore all’interno del GCC. La pandemia presenta delle sfide notevoli per le Monarchie del Golfo, le quali potrebbero cogliere da queste numerose crisi l’occasione per rafforzare un processo di integrazione rimasto incompiuto.
Augusto Sisani
Immagine di copertina: “160420-D-DT527-163” by U.S. Secretary of Defense is licensed under CC BY