In breve
- Il 2018 si è confermato come un anno di conflitti in Medio Oriente, trend ormai stabile almeno dal 2003 (qualcuno direbbe: “da sempre”). Se negli anni precedenti l’attenzione principale si è concentrata sulla lotta all’ISIS, la sua riduzione a poche enclave ha portato alla luce la sottostante sfida tra potenze regionali e internazionali, che ora domina il panorama dell’area.
- Il conflitto tra Iran e Arabia Saudita continua ad evitare un confronto diretto tra i due Paesi, concentrandosi invece a livello politico e anche militare per procura in molti Paesi: Siria, Yemen, sfida GCC-Qatar. Nessun contendente appare sul punto di cedere e il 2019 non si presenta come un anno “risolutivo” ma semplicemente “di continuità ” rispetto al passato.
- L’opposizione USA all’Iran (incluse le sanzioni) rimangono uno degli aspetti che maggiormente mostra come la crisi mediorientale tocchi gli equilibri internazionali. L’Europa è interessata a salvaguardare il JCPOA, ma le imprese europee (e non solo) faranno fatica a interfacciarsi con i partner iraniani. Le difficoltà economiche iraniane crescono, ma il regime appare ancora lontano dal cedere come spera l’amministrazione Trump.
- Il rapporto tra Curdi siriani e Turchia rappresenterà invece la Spada di Damocle sulla stabilizzazione in Siria. I Curdi temono di essere abbandonati dagli USA e consegnati di fatto a una Turchia che si prepara a prendere il controllo del nord della Siria. Ne potrebbero beneficiare Mosca e Assad, che a questo punto si potrebbero presentare come difensori dei Curdi siriani, ma Washington sa che sarebbe una sconfitta strategica e temporeggia. L’evoluzione dello stallo sarà una delle caratteristiche da osservare.
- L’Egitto rimane nella morsa del Presidente al-Sisi, ma la dinamica più rilevante del Paese è lo sviluppo dei progetti di gas e idrocarburi in genere nel bacino del Levante, in primis il giacimento di Zohr (che proprio nel 2018 ha iniziato la produzione). Altri progetti minori sono stati scoperti e sviluppati, a testimonianza di un’area che potrebbe riservare molte nuove sorprese a vantaggio dei Paesi mediorientali e dell’Europa, in quanto importatore.
- La parola del 2019 e oltre però rimane “ricostruzione”. Dall’Iraq post ISIS alla Siria che pur non pacificata vede ora vaste aree lontano dai combattimenti, ricostruire materialmente le città e le infrastrutture (e spiritualmente le persone e i legami) risulta la vera sfida mediorientale per eccellenza. Lo sarà anche per Paesi devastati come lo Yemen una volta usciti dal conflitto, quando avverrà . Corruzione e divisioni settarie rimangono il problema principale, ma la chiave per un Medio Oriente diverso rimane questo.
Aree di crisi
- Yemen: gli accordi firmati in Svezia lo scorso dicembre hanno fatto sperare in negoziati proficui, ma il conflitto yemenita è ben lungi dal volgere al termine e nessuna condizione stabilita è stata ancora rispettata. Entrambe le parti sperano ancora in una vittoria militare. Da un lato gli Houthi auspicano un possibile ritiro dei sauditi dal conflitto, mentre le forze filo-governative, forti dei risultati ottenuti sul campo, sperano che gli avversari accettino le condizioni per la fine del conflitto.
- Libia: il sostegno dato al generale Haftar dalla Russia, dall’Egitto e dalla Francia non è sufficiente a porre fine al caos libico e in particolare la Tripolitania rimane profondamente divisa tra varie milizie. Le elezioni della prossima primavera hanno l’obiettivo di riportare in primo piano la politica rispetto all’uso delle armi, ma si teme producano l’ennesimo risultato di scarso valore pratico se le numerose milizie locali continueranno ad essere escluse da un processo che a loro appare “imposto” dall’esterno.
- Il Golfo: a quasi due anni di distanza la crisi del Golfo sembra non trovare una distensione, soprattutto dopo l’annuncio del Qatar di uscire dall’OPEC. Nel frattempo il Qatar stesso continuerà a rafforzare i propri rapporti con la Turchia e l’Iran per sopravvivere all’embargo e trovare nuovi alleati.
- Siria: nonostante alcuni fattori facciano pensare ad una normalizzazione della crisi siriana, il conflitto è ben lontano dall’essere risolto. Più del 40% del territorio siriano non è sotto il controllo del governo di Damasco e gli attori coinvolti non hanno ancora trovato una soluzione comune. Il ritiro delle truppe americane (più lento di quanto non sembrasse dalle dichiarazioni del Presidente USA Donald Trump) non farà altro che aumentare la competizione tra Russia, Iran e Turchia e potrebbe spingere Israele, critico dell’espansione iraniana in Siria, ad un approccio più aggressivo.
OpportunitĂ
Difficile trovare note di speranza in un’area dove conflitti e problemi abbondano, proprio per questo però è da notare come conflitti tragici come quello dello Yemen, fino a qualche anno fa pressoché dimenticati dall’opinione pubblica internazionale, sono ora ampiamente documentati e questo ha fatto nascere una maggiore spinta da parte di opinione pubblica e organizzazioni internazionali perché si trovi una soluzione. Se da un lato è l’appoggio estero che permette ai contendenti di continuare a combattere, sarà la perdita di tale appoggio a fermarli?
Personaggio dell’anno
Mohammed bin Salman: indebolito da questo 2018, il principe ereditario ha da giocare molte partite nello scacchiere mediorientale. La crisi del Golfo e la più stretta relazione del Qatar con l’Iran e la Turchia non era proprio quello che il principe si aspettava dall’imposizione dell’embargo. Anche da qui deriva la decisione di creare una “NATO araba” per contrastare l’espansione iraniana nella regione, formata da Arabia Saudita, EAU, Kuwait, Bahrein, Egitto e Giordania. Il progetto non è nuovo, e gli analisti sono dubbiosi circa il suo reale valore. Il sostegno alle forze filo-governative nel conflitto in Yemen rappresenta un altro impegno da mantenere, sempre in linea con l’obiettivo di arginare il soft power iraniano. A seconda dei risultati, il 2019 potrebbe rappresentare per lui un anno di ripresa o la conferma di un’ascendente in calo ed è quindi cruciale.
Eventi dell’anno
- Gennaio: il Qatar fuori dall’OPEC
- Fine gennaio: nuovo incontro per la risoluzione del conflitto in Yemen tra i ribelli Huthi e forze filo-governative
- Marzo: vertice della Lega Araba in Tunisia
- Aprile: elezioni presidenziali in Algeria a cui Bouteflika parteciperĂ per ottenere il suo quinto mandato nonostante i dubbi sulla sua salute
- Giugno: elezioni presidenziali in Libia
- Ottobre-Novembre: elezioni presidenziali in Tunisia
Lorenzo Nannetti – Altea Pericoli