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Riassuntone di fine estate sulla crisi in Sudan

In 3 sorsi – Dopo mesi di violenti scontri, lo scorso 5 settembre il nuovo Primo Ministro sudanese Abdalla Hamdok ha nominato i ministri che comporranno la nuova squadra di Governo

1. GIUGNO-LUGLIO, ANCORA SANGUE E NESSUN ACCORDO

Riprendiamo a raccontare da dove ci eravamo fermati, a giugno, quando la violenta repressione delle proteste aveva fatto saltare la possibilitĂ  di un accordo tra i manifestanti e i rappresentanti del Consiglio Militare di Transizione (CMT), che lo scorso aprile avevano assunto la guida del Paese dopo la deposizione dell’ex Presidente Omar Al-Bashir. Il 3 luglio i negoziati erano ripresi grazie alla mediazione dell’Unione Africana e dell’Etiopia. L’accordo, discusso a voce, aveva l’obiettivo di definire le condizioni per formare un Governo di transizione in attesa di nuove elezioni. Il 29 luglio, tuttavia, a El-Obeid (Kordofan) le Rapid Support Forces (RSF), organo paramilitare sudanese, hanno sparato agli studenti che protestavano per l’accesso all’acqua potabile e contro l’interruzione dei trasporti pubblici e l’aumento del prezzo di beni di prima necessitĂ . Il massacro di El-Obeid ha provocato cinque morti e piĂą di cinquanta feriti, scatenando le ire delle associazioni dei manifestanti sudanesi, che hanno chiesto e ottenuto l’apertura di un’indagine nei confronti dei miliziani delle RSF responsabili della sparatoria. Ma, soprattutto, ha interrotto nuovamente le trattative tra le parti.  

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Fig. 1 – I mediatori dell’Unione Africana Mohamed El Hacen Lebatt (sx) e dell’Etiopia Mahmoud Drir (dx) durante una conferenza stampa tenutasi a Khartoum, capitale del Sudan, dopo il massacro di El-Obeid

2. AGOSTO, LA SVOLTA

Il 4 agosto, dopo settimane di proteste e scontri sanguinosi, civili e militari hanno finalmente raggiunto un accordo, ponendo fine alla crisi politica scatenata dalle proteste iniziate lo scorso novembre. Le parti hanno siglato una dichiarazione costituzionale che ha stabilito l’inizio di un periodo di transizione della durata di 36 mesi, con la formazione di un Consiglio Sovrano incaricato di supervisionare la formazione di un Consiglio dei Ministri e un organo legislativo transitorio. Ai rappresentanti del FFC (Forces of Freedom and Change), la coalizione che riunisce le associazioni e i civili dell’opposizione, è stato affidato il compito di eleggere il Primo Ministro, a sua volta incaricato di nominare la nuova squadra di Governo, fatta eccezione per i Ministeri della Difesa e dell’Interno, la cui nomina è affidata ai militari. L’organo legislativo sarĂ  nominato per il 67% dal FFC e per il restante 33% da altre forze politiche non legate ad Al-Bashir.

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Fig. 2 – Abdalla Hamdok, nuovo primo ministro sudanese

3. SETTEMBRE, UN NUOVO GOVERNO

Dopo aver siglato la dichiarazione costituzionale, il 22 agosto il FFC ha nominato Primo Ministro Abdalla Hamdok, economista con una comprovata esperienza nell’ambito della cooperazione internazionale. In passato Hamdok ha ricoperto ruoli importanti. Dal 1981 al 1987 è stato Alto Funzionario per il Ministero delle Finanze e della Pianificazione del Sudan, prima di assumere ruoli di leadership in altre Istituzioni come la Banca Africana dello Sviluppo e l’Organizzazione Internazionale del Lavoro. L’ultimo incarico è stato quello di vicesegretario esecutivo della Commissione Economica dell’ONU, conclusosi nel 2011. La sua esperienza sarĂ  cruciale per far fronte alla crisi finanziaria in cui il Paese versa ormai dall’inizio delle proteste. Per il nuovo Primo Ministro la sfida piĂą grande sarĂ  quella di “resuscitare” la reputazione del Sudan a livello internazionale, dopo un ventennio di sanzioni commerciali inflitte dagli Stati Uniti. Anche se l’embargo commerciale è stato revocato nel 2017, Khartoum rimane sulla lista dei principali sponsor del terrorismo. Una pubblicitĂ  negativa, che rende il Paese inammissibile alla riduzione del debito e al finanziamento da parte di istituti di credito internazionali e limita potenziali investimenti esteri.

Caterina Pucci

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Caterina Pucci
Caterina Pucci

Nata nel 1990, il giornalismo è una vocazione che ho cominciato a coltivare sin dall’adolescenza. All’università, ho scelto di assecondare l’interesse per le lingue straniere, specializzandomi in inglese e arabo. Intanto, scrivevo per una rivista della mia città, Altamura. Nel 2013, il grande passo: mi sono trasferita a Milano per studiare Relazioni Internazionali. Sacrificando l’estate del 2014, ho trascorso un mese a Rabat per seguire un corso intensivo di lingua araba. L’ultimo semestre della mia vita accademica l’ho passato a Gent, in Belgio. Nel 2015, mi sono laureata con una tesi in Storia dell’Asia Islamica sul pensiero di Ali Shariati e la rivoluzione iraniana. Ho cominciato a lavorare come Assistente alla Comunicazione per l’Istituto di Cooperazione Economica Internazionale (ICEI) di Milano. In quel periodo, ho cominciato a scrivere per Il Caffè Geopolitico e ad ottobre 2016 sono diventata Responsabile del desk Africa. Continuo a occuparmene con passione da allora, mentre nella vita lavoro come redattrice. Continuando a perseguire il sogno di diventare una brava giornalista.

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