Miscela Strategica – L’ ambizione dell’Iran di assurgere a potenza regionale in Medioriente rimane una costante nei disegni politici di chi lo governa. Pressata da minacce globali e regionali, la Repubblica Islamica continua a potenziare il suo arsenale militare e ad intessere relazioni con i gruppi sciiti, nell’intento di fungere da ago della bilancia nei delicati equilibri della Penisola Arabica e Golfo Persico.
POTENZA MILITARE IRANIANA –  L’Iran ha perseguito un processo graduale di potenziamento della sua struttura militare e ha concentrato la sua strategia su due obiettivi primari: mantenere la sicurezza interna e prevenire l’insorgere delle sue minoranze etnico-regligiose e limitare l’accesso degli Stati Uniti e di altri Paesi al Golfo Persico. Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute la spesa militare iraniana del 2008 corrisponde a 9.174 miliardi di dollari, ovvero il 2.7% del PIL. Nonostante tutto, si tratta di una cifra piĂą bassa rispetto alle spese di altri Paesi del Golfo, che porta l’Iran a occupare la 25ma posizione tra i Paesi con le piĂą ampie spese per la difesa a livello globale. Secondo le stime, le forze armate della Repubblica Islamica contano 820.000 effettivi e si dividono in Esercito, Marina (70.000 marinai e portuali), Forza Aerea (IRIAF, 100.000 tra aviatori e avieri), e Difesa Aerea, recentemente derivata dalla IRIAF. Inoltre, il Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica – noto anche come Pasdaran o Guardiani della Rivoluzione –  conta circa 125.000 unitĂ combattenti, divise in cinque branche: Esercito dei Guardiani, Marina dei Guardiani, Aeronautica dei Guardiani, Forze Quds o Forze di Gerusalemme (forze speciali), Basij – una forza paramilitare, composta da volontari, controllata dalle Guardie della Rivoluzione Islamica.
Secondo diverse analisi, le forze di terra iraniane rimangono incapaci di combattimenti coordinati tra le varie armi. Ciò è dovuto soprattutto a un inappropriato organigramma, sbilanciato nettamente in  favore della fanteria di linea, e all’incapacità di integrare le operazioni terrestri con la componente aerea. Le forze di aviazione sono un punto debole dell’apparato militare, perchè presentano una capacità difensiva alquanto modesta. La potenza missilistica dell’Iran è limitata dalle sanzioni e dall’invecchiamento degli assetti a disposizione. Tuttavia alcuni studi strategici riportano che l’Iran si è dotato di  missili a corto o medio raggio (probabilmente di produzione cinese) per minacciare i centri urbani maggiori e le infrastrutture critiche lungo la Penisola Arabica.  In generale, le capacità missilistiche, aeree e navali iraniane stanno crescendo. Ciò che preoccupa maggiormente, però, è la minaccia di proliferazione nucleare iraniana, che ha destato seria preoccupazione internazionale. In particolare, nel 2012, il programma nucleare iraniano ha esacerbato le tensioni internazionali per la riluttanza di Teheran a raggiungere un accordo con i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e la Germania sulla sospensione dell’arricchimento dell’uranio e altre attività legate al programma nucleare.
TEHERAN TESSE LA TELA SCIITA – L’Iran tesse sottilmente una vasta tela di influenza attraverso il supporto di gruppi sciiti presenti in Medioriente e Asia Centrale, con tentativi vari di destabilizzare gli equilibri sunniti-sciiti in diversi paesi. Il supporto iraniano si estende dagli Sciiti in Pakistan, agli Hazara in Afghanistan e ai diversi gruppi sciiti nel mondo arabo. I leader dei Paesi del Golfo sostengono che l’Iran sia collegato alle ribellioni sciite in Bahrain, in Yemen and le tensioni sunnite-sciite in Arabia Saudita e Kuwait. La maggioranza degli Stati arabi del Golfo è governata da leader sunniti e si compone di popolazioni a forte maggioranza sunnita. Tuttavia è anche vero che molti hanno un numero significativo di cittadini sciiti, inclusa la maggioranza sciita in Bahrein. Le differenze settarie hanno un impatto sugli stati del Golfo Persico in termini di stabilità e competizione con l’Iran. L’Iran è stato accusato più volte di provvedere armi e altri materiali ai Violent Non-State Actors (VNSAs) nella Penisola Arabica, oltre che di supportare Hezbollah in Libano e i gruppi sciiti in Iraq. Le forze Quds sono accusate di aver fornito supporto ai militanti Houbi in Yemen.
Le tensioni nel Golfo non finiscono qui. L’Iran mira a espandere l’ombrello sciita in Iraq, progetto su cui si è impegnato a vario titolo dopo l’invasione statunitense in territorio iracheno. Teheran ha lavorato al sostegno di diversi gruppi sciiti all’interno del territorio iracheno per fomentare le tensioni sunnite-sciite,  evitare il sorgere di un governo dipendente dagli Stati Uniti e per dividere e paralizzare il Paese dopo il ritiro statunitense. Già nel 2003, l’Iran aveva creato una rete di trasporto e distribuzione di armi iraniane ai gruppi ribelli iracheni. Inoltre agenti Iraniani e di Hezbollah iniziarono a reclutare e addestrare membri della milizia sciita, inclusa la Madhi Army di Muqtada al-Sadr. Il numero delle cosiddette “celle segrete “ o “gruppi speciali” si è allargato notevolmente nel tempo. E’ inoltre risaputo che mentre l’Iran supportava il governo di Maliki, le forze Quds iraniane giocavano un ruolo molto importante nel fornire fondi, addestramento, armi ed equipaggiamento di vario tipo alle fazioni militari sciite. In questo modo fu creata una organizzazione che poteva operare sotto l’ombrello delle istituzioni e minare il governo ufficialmente eletto in Iraq. Attualmente, la situazione in Siria rischia di privare l’Iran di un alleato cruciale e per questo sono diventate di vitale importanza le pressioni sul governo di Maliki perché si schierasse a favore di Assad e l’idea di limitare i trasferimenti di armi da parte dei sunniti ai movimenti di opposizione in Siria proprio attraverso l’Iraq.
Non è da meno il ruolo degli aiuti iraniani al regime di Assad durante la guerra civile in Siriae i flussi di armi che dall’Iran passano attraverso la Siria per raggiungere diversi gruppi ribelli. L’Iran conta pochi alleati nel mondo arabo e la sua stretta relazione con la Siria è basata su una forte convergenza di interessi. Entrambi i Paesi risentono dell’influenza statunitense in Medioriente, entrambi hanno supportato la resistenza Palestinese contro Israele e hanno avuto un nemico in comune, Saddam Hussein.  L’Iran è diventato un appoggio importante per Assad, oltre che fonte di aiuti di diverso tipo alla Siria. Tali aiuti includono supporto tecnologico per il monitoraggio delle comunicazioni, supporto di intelligence, l’invio di armi e truppe combattenti per rafforzare le fila dell’esercito governativo, l’addestramento delle milizie sciite che appoggiano Assad.  Solo nel settembre 2012, una parte dell’intelligence occidentale ha affermato che l’Iran ha inviato 150 membri della Guardia Rivoluzionaria Iraniana in Siria. Infine, il supporto economico è stato quantificato in 9 miliardi di dollari. Non bisogna dimenticare che l’appoggio di Teheran agli sforzi di Hezbollah in Siria è diventato uno degli elementi cruciali nel mantenere Assad al potere.
La crescente ondata di violenza in Libano e l’instabilità della Giordania, unite agli sconvolgimenti di Egitto e  Siria, aprono nuove possibilità per un asse di influenza iraniano che si estenda al Mediterraneo.
LO STRETTO DI HORMUZ –  L’esercizio di potere nella vasta regione del Golfo passa anche attraverso lo Stretto di Hormuz. Lo stretto è una casella fondamentale dello scacchiere geopolitico in quanto permette di controllare il 20% della produzione mondiale di petrolio e collega gli interessi di molti Paesi, inclusi quelli della Penisola Arabica e gli Stati Uniti. La posizione strategica dell’Iran lo renderebbe in grado di bloccare lo stretto, come minacciato piĂą volte in ritorsione alle sanzioni impostegli dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea. Ma resta da verificare quali siano le reali possibilitĂ per l’Iran di chiudere lo stretto e quali le conseguenze e scenari possibili. Non molti studi se ne sono occupati in dettaglio. Uno studio della Heritage Foundation nel 2007 ha concluso che, se lo stretto fosse bloccato per una settimana, i prezzi del petrolio negli Stati Uniti all’incirca raddoppierebbero (150 dollari al barile) e il PIL nazionale potrebbe scendere di 160 dollari in un anno. Ma non è verosimile che l’Iran chiuda lo stretto, perchĂ© ciò metterebbe a repentaglio le proprie esportazioni di petrolio e molte delle proprie importazioni di beni, oltre a correre il rischio di uno scontro militare diretto con gli Stati Uniti (che potrebbe risultare nella distruzione del suo programma nucleare).
Annalisa De Vitis