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India, questo non è un Paese per donne (II)

Ogni 20 minuti una donna indiana subisce violenza sessuale. Lo stupro in India è una vera piaga sociale. Il Paese è un’economia emergente, all’avanguardia nel progresso informatico e tecnologico, ma lo stesso non si può dire per i diritti umani. Mentre il Governo istituisce una Commissione per la lotta contro gli stupri, le Gulabi Gang organizzano ronde anti violenza. Seconda parte di ‘India, questo non è un Paese per donne’: dopo l’aborto selettivo, una nuova prova per le donne indiane.

 

(Qui la prima parte dell’articolo)

 

‘TO RAPE’, UN VERBO SUSSURRATO (A GRAN VOCE) – Ogni 20 minuti una donna in India subisce violenza sessuale. Dati ufficiali danno che nel 1971 i casi di stupro erano 2.487, saliti a 24mila nel 2011, ma le previsioni tendono a peggiorare. Nel 2011-2012 il numero di reati registrati contro le donne sono stati 228.650, inclusi sequestri di persona e varie molestie: è difficile che passino più di due giorni senza sentire al notiziario il resoconto dell’ennesimo stupro. Nella maggior parte dei casi, la vittima conosce il suo aggressore, trattandosi del marito, di un parente o di qualcuno all’interno del suo mondo lavorativo o di studio. Per un problema di stigmatizzazione e paura, i numeri reali dovrebbero essere molto più alti di quelli dichiarati ufficialmente. Nonostante la forte pressione mediatica odierna, le violenze sessuali non rappresentano un fenomeno legato all’attualità, ma, in realtà, della conseguenza più estrema di una cultura che reprime la sessualità, elevando a valori assoluti l’obbedienza e la totale sottomissione all’autorità maschile. La repressione sessuale è preponderante e impone una morigeratezza dei costumi asfissiante: vietato mostrare segni d’affetto tra uomo e donna in pubblico, obbligo di presentarsi in modo “discreto” nel vestiario e negli atteggiamenti. Il modello di riferimento per la “brava ragazza” indiana, resta quello della protagonista del poema epicoRamayana“, esempio di docilità e sottomissione all’uomo. Inoltre spesso gli stupri sono legati al sistema delle caste o a conflitti locali e hanno complesse implicazioni religiose. In molti casi la violenza sessuale è un modo di imporre la disciplina patriarcale alle donne: se sfidano l’autorità, queste vengono punite per la loro temerarietà con lo stupro, mentre la paura dell’abuso funziona come un deterrente permanente su ogni decisione che le donne sono chiamate a prendere.

 

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Ogni 20 minuti una donna indiana viene abusata (copyright Maria Sole Zattoni)

UN SAREE ROSA – Dopo gli atti di violenza di questi mesi contro le donne indiane, ma anche contro molte straniere in tutta l’India, il Governo ha deciso di istituire la Commissione Verma, composta da tre giudici. La Commissione raccoglie suggerimenti dalla società civile che è impegnata da anni nel contrastare la violenza e promuovere i diritti delle donne, al fine di studiare riforme per porre termine alle violenze. Benché sia stata introdotta la pena di morte per il reato di stupro, non è stato riconosciuto in sede penale l’abuso sessuale compiuto in ambito domestico, piaga che colpisce l’80% delle donne in India. Inoltre non si fa alcun riferimento alla prevenzione del fenomeno attraverso l’educazione della società, ma si consigliano solo restrizioni alle libertà femminili, quali coprifuoco negli ostelli universitari, codici di abbigliamento, restrizioni sulla mobilità e nelle amicizie, dissuasione a scegliere di frequentare atenei lontani da casa e simili. Nella società civile da anni ci si batte per la tutela delle donne: tra i diversi gruppi emergono sono le Gubali Gang o Pink Gang, gruppi di donne organizzati da Sampat Pal all’inizio del 2006 prendendo ispirazione dalla figura della regina Laxmibai Rani e chiamati così perché molte delle loro componenti indossano un saree rosa. La compagine, che conta diverse migliaia di donne, si comporta come se fosse formata da vigilantes e il loro obiettivo è incutere paura ai malintenzionati e guadagnarsi il rispetto dei funzionari che hanno il potere di facilitare e promuovere un cambiamento della situazione. Le donne delle Pink Gang brandiscono bastoni di bambù e usano la derisione come strumento per allontanare i molestatori.

 

L’abuso sessuale all’interno del matrimonio è legale
L’abuso sessuale all’interno del matrimonio è legale

BOLLYWOOD: MODELLO DI LIBERTÀ O DI VIOLENZA? – Bollywood è la più grande industria cinematografica al mondo e nei suoi film la musica, la danza e i colori dei vestiti indossati da bellissime attrici dalle lunghe chiome nere e dagli occhi verdi si uniscono ai valori tradizionali per raccontare, generalmente, storie d’amore. Seguiti in tutto il globo, ma mitizzati in patria, i film finiscono per svolgere un ruolo fondamentale nell’educazione della popolazione, dettando insegnamenti spesso semplicistici e stereotipati. Anche sul ruolo della donna e sulle recenti violenze Bollywood ha dovuto prendere posizione. Il gruppo di attrici comiche “All India Bakchod” ha deciso di usare l’ironia per controbattere all’atteggiamento di “incolpare la vittima” anziché il carnefice. “It’s Your Fault”, per esempio, è un video nel quale le attrici sarcasticamente si incolpano per ogni cosa (pure la più assurda) mentre vengono rappresentate sempre più insanguinate e continuano a ripetere «Donne, è colpa vostra». Tuttavia, come ben spiega Annie Zaidi, scrittrice e attivista per i diritti delle donne in India, Bollywood imbriglia le protagoniste in ruoli di «madri, cameriere o amanti di qualcuno». Le storie mostrano sempre corteggiamenti che finiscono inevitabilmente con un «sì», ed è questo «sì» che eccita la fantasia e che nella realtà non può trasformarsi in un rifiuto, fino a portare l’uomo respinto alle estreme conseguenze. Dato il seguito trasversale di cittadini di tutte le caste ed età, il cinema ben potrebbe essere strumento valido per educare al rispetto dei diritti delle donne: sta alla policy di Bollywood modificare i propri film e mostrare una donna eroina a fianco di un uomo eroe, e non più una serva alla mercé di un eroe violento.

 

(Continua)

 

Maria Sole Zattoni

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Maria Sole Zattoni
Maria Sole Zattoni

Desk Officer Assistant in progetti sanitari in Africa per una Fondazione italiana e masterizzanda presso la Scuola di Management SDA Bocconi. Un background giuridico e studi in emergenze umanitarie. Ho maturato esperienze lavorative a livello internazionale nel terzo settore e governativo . Appassionata di cooperazione allo sviluppo e di lingua e cultura araba, non dimentico l’importanza degli elementi macro economici e finanziari nell’analisi e nella risoluzione delle emergenze internazionali complesse.

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