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Bielorussia, il regime ha il fiato corto

Ristretto – In Bielorussia non si placano le proteste contro la “rielezione” di Lukashenko. Nonostante la fuga in Lituania di Svetlana Tikhanovskaya, il movimento di opposizione al Presidente ha continuato a crescere, sfidando apertamente la repressione brutale delle forze di polizia.

Da giovedì si sono infatti uniti ai dimostranti anche i lavoratori delle principali aziende statali, mentre il giorno successivo è sceso in sciopero anche il personale della metropolitana di Minsk. Questa massiccia mobilitazione popolare, provocata soprattutto dalle violenze degli OMON (unità speciali della polizia), ha di fatto paralizzato il Paese e mostrato i limiti della repressione governativa, costringendo Lukashenko a fare qualche passo indietro. Nel fine settimana sono state rilasciate decine di persone arrestate nei primi giorni delle proteste e la polizia sembra avere in parte limitato i propri interventi repressivi, assistendo spesso pacificamente alle dimostrazioni anti-governative. Ma le violenze non sono cessate del tutto e i racconti dei dimostranti scarcerati hanno rivelato gravi abusi (pestaggi,  torture, violenze sessuali) che hanno infiammato ulteriormente la rabbia popolare. Ieri, su invito via web di Tikhanovskaya, si è tenuta una grande manifestazione a Minsk (circa 200mila partecipanti) che ha chiesto ripetutamente le dimissioni di Lukashenko e nuove elezioni. Il tentativo del Governo di mettere in piedi una contro-dimostrazione a sostegno del Presidente è fallito miseramente, con il coinvolgimento di poche decine di persone, mentre lo stesso Lukashenko è stato duramente contestato stamattina dagli operai della fabbrica MZKT durante una visita ufficiale.

Il regime sembra quindi aver perso il controllo della situazione, aprendo la possibilità concreta di un eventuale coinvolgimento delle opposizioni nel Governo o addirittura di un’ingloriosa uscita di scena del vecchio Presidente, padre-padrone del Paese dal 1994. A Lukashenko è però rimasta da giocare la ”carta Russia”, che potrebbe ribaltare drammaticamente l’esito della crisi. Sabato sera il Presidente bielorusso ha infatti avuto una lunga conversazione telefonica con Vladimir Putin e sembra avere incassato la promessa di aiuti a difesa della ”sicurezza” del Paese. I termini di tali aiuti non sono chiari e il Cremlino si è espresso ufficialmente in maniera piuttosto ambigua, ammonendo solo contro l’intervento di ”forze distruttive” nella crisi bielorussa. Sulla carta un’azione militare pro-Lukashenko appare improbabile, anche per le possibili ripercussioni sulla situazione interna russa, ma Putin ha già fatto scelte eclatanti in Ucraina, ignorando potenziali rischi o reazioni internazionali. Farà lo stesso anche a Minsk?

Simone Pelizza

Photo by David_Peterson is licensed under CC BY-NC-SA     

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  • In Bielorussia le proteste continuano e sembrano preludere a grandi cambiamenti politici. Ma Lukashenko punta ancora sulla Russia per cercare di restare al potere.

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Simone Pelizza
Simone Pelizzahttp://independent.academia.edu/simonepelizza

Piemontese doc, mi sono laureato in Storia all’Università Cattolica di Milano e ho poi proseguito gli studi in Gran Bretagna. Dal 2014 faccio parte de Il Caffè Geopolitico dove mi occupo principalmente di Asia e Russia, aree al centro dei miei interessi da diversi anni.
Nel tempo libero leggo, bevo caffè (ovviamente) e faccio lunghe passeggiate. Sogno di andare in Giappone e spero di realizzare presto tale proposito. Nel frattempo ho avuto modo di conoscere e apprezzare la Cina, che ho visitato negli anni scorsi per lavoro.

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