Il Giro del Mondo in 30 Caffè – Come sarà il nuovo anno per l’economia globale? Ce lo spiega Paola Subacchi, Research Director presso il Dipartimento di Economia Internazionale a Chatham House, Londra, esaminando i profondi cambiamenti del mondo attuale attraverso un’affascinante serie di paralleli col passato. Il 2014 infatti si presenta ricco di ricorrenze curiose, dal centenario della Grande Guerra al 70esimo anniversario della conferenza di Bretton Woods.
UN ANNO DI RICORRENZE – Il 2014 è un anno di ricorrenze, dal centenario della Prima Guerra Mondiale al venticinquesimo della caduta del muro di Berlino e il settantesimo della conferenza di Bretton Woods, un episodio meno conosciuto al grande pubblico, ma altrettanto importante per gli equilibri geo-economici post-bellici. Se accettiamo la tesi che la Seconda Guerra Mondiale venne causata dalle scellerate condizioni di pace imposte alla Germania a Versailles e non fu altro che la continuazione della Prima, allora le tre ricorrenze, cronologicamente distanti, si riconnettono concettualmente.
Il sistema economico e monetario che venne fondato a Bretton Woods nel luglio del 1944 pose definitivamente fine all’ordine geo-politico e geo-economico che dalla seconda metà dell’Ottocento aveva ruotato intorno alla Gran Bretagna (e al suo impero), alla sterlina e alla City di Londra, ma che non era stato completamente scalzato dalla Grande Guerra. A Bretton Woods venne sancito il primato del dollaro come la principale moneta di riserva e il pilastro del nuovo sistema monetario internazionale. Il nuovo ordine emerso dalla Seconda Guerra Mondiale aveva dunque gli Stati Uniti al suo centro.
OGGI COME IERI? – Ci sono paralleli tra oggi e ieri? È plausibile pensare che la pace mondiale possa definitivamente rompersi nella ricorrenza del centenario della Grande Guerra? Come cento anni fa un nuovo ordine mondiale si sta formando, con grandi – sia numericamente che territorialmente – nazioni che dispongono di crescente influenza politica e potere economico e finanziario. Un numero sempre maggiore di paesi emergenti è entrato a far parte del sistema economico occidentale. Il baricentro ha incominciato a spostarsi dall’area atlantica a quella pacifica. Nell’arco di due decenni l’Asia, e in particolare la Cina è diventata le regione a più alta intensità manifatturiera e con uno dei maggiori tassi di crescita economica.
Come nell’Europa occidentale di inizio novecento il nazionalismo è rampante in Asia. Se poi guardiamo ai modesti tassi di crescita economica per quest’anno dell’area euro – intorno all’1% rispetto al 2,6% degli Stati Uniti e al 3,6% dell’economia mondiale – e all’alto tasso di disoccupazione, soprattutto tra i giovani, potremmo concludere che l’Europa occidentale, ad eccezione della Germania e dei paesi nordici, sta sperimentando condizioni simili a quelle che negli anni Trenta incubarono fascismi di varia denominazione.
UN MONDO MOLTO PIU’ COMPLESSO – Si tratterebbe, tuttavia, di un’analisi semplicistica delle condizioni che portarono ai due conflitti mondiali, e una lettura affrettata degli scenari attuali. Innanzitutto, oggi le economie nazionali sono molto più integrate e parte di un mercato globale di quanto non fossero cento anni fa. Nonostante significative differenze nei tassi di crescita delle economie avanzate e di quelle dei paesi emergenti – 2% e oltre il 5% rispettivamente nel 2014 – il tasso di correlazione tra i rispettivi tassi di crescita è sufficientemente significativo anche se non più alle percentuali registrate negli anni a cavallo della crisi economica e finanziaria (dati FMI). È quindi nell’interesse di tutti mantenere e migliorare l’attuale regime di scambi commerciali. L’esito della conferenza ministeriale del WTO alla fine dell’anno scorso dimostra che il commercio internazionale rimane una colonna portante dell’attuale regime. E l’attenzione agli scambi commerciali dovrebbe continuare quest’anno con la negoziazione del trattato tra Unione Europea e Stati Uniti.
Inoltre, a seguito della crisi finanziaria, c’è maggior consapevolezza della complessità dell’economia mondiale e della necessità di gestire in maniera efficace le interdipendenze tra le economie nazionali e il mercato globale. Il Gruppo dei 20 (G20), che dal 2009 ha il compito di sostenere e sviluppare il dialogo multilaterale sulle principali questioni economiche e finanziarie internazionali, segue attentamente situazioni che potrebbero danneggiare alcuni paesi e favorirne altri. Per esempio il G20 ha cercato di mediare tra paesi emergenti e economie avanzate, in particolare quando l’accusa di ‘guerre valutarie’ è stata avanzata a seguito della politica monetaria non-convenzionale e ultra espansiva seguita dalla Federal Reserve.
QUALI PROSPETTIVE? – Sicuramente nel corso dell’anno ci sarà bisogno di un’abbondante dose di mediazione e ‘capitale politico’. Nonostante il 2014 si presenti in forma migliore rispetto a anni recenti, con meno rischi per la stabilità finanziaria, la crescita rimane complessivamente modesta nei paesi avanzati e gli squilibri sono in aumento nei paesi emergenti. Alti tassi di disoccupazione in Europa, soprattutto nei paesi del sud, e significative disuguaglianze reddituali – soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna – potrebbero creare serie tensioni sociali e erodere ulteriormente l’influenza dei partiti tradizionali. Le elezioni per il Parlamento europeo in maggio sicuramente catalizzeranno molte di quelle tensioni. Ma è probabile che un Parlamento debole sia bilanciato da una Commissione Europea forte, in un continuo gioco di equilibri che è intrinseco al processo democratico come al funzionamento dell’economia di mercato. È proprio questo continuo equilibrio che ha consentito ai paesi di prosperare in condizioni relativamente pacifiche. Ed è per questo che il 2014 sarà fondamentalmente diverso dal suo funesto predecessore di cent’anni fa.
Paola Subacchi