In 3 Sorsi – L’irlandese Phil Hogan, Commissario europeo per il Commercio nella Commissione Von der Leyen, si è dimesso il 26 agosto per non aver rispettato le restrizioni imposte dal Governo irlandese per contenere la pandemia di Covid-19. La sua uscita di scena, oltre a minare l’indipendenza della Commissione di fronte alle ingerenze dei Governi nazionali, priva soprattutto Von der Leyen di un negoziatore cruciale nelle complesse trattative attualmente sul tavolo, dalla Cina agli Stati Uniti.
1. LA VICENDA
Il 20 agosto il giornale irlandese Irish Examiner rivela in esclusiva che la sera precedente si sarebbe tenuta una cena organizzata dall’Oireachtas Golf Society presso lo Station House Hotel, nella contea di Galway. All’evento avrebbero partecipato circa 80 invitati, molte figure politiche di spicco tra le quali il ministro irlandese dell’Agricoltura e il Commissario europeo per il Commercio Phil Hogan. Questa cena, tuttavia, violava le disposizioni introdotte dal Governo poco prima, il 18 agosto, quando il Taoiseach (Primo Ministro) Michael Martin aveva vietato qualsiasi raduno privato superiore alle 6 persone, alla luce del preoccupante trend di contagi. Il giorno successivo, mentre infuria la polemica e il Ministro dell’Agricoltura rassegna le dimissioni, Phil Hogan conferma con un tweet, poi cancellato, la sua partecipazione all’evento, sottolineando tuttavia di non aver infranto alcuna norma. È l’inizio di un calvario politico che nei giorni successivi vedrà montare sempre più furiosamente la discussione politica attorno allo scandalo ribattezzato Golfgate. Una polemica che si sviluppa principalmente in Irlanda, ma che finisce per travolgere inevitabilmente Hogan anche sul piano europeo, dopo le numerose violazioni del protocollo di sicurezza emerse dal suo ritorno in Irlanda dal Belgio. Conseguenza inevitabile dello scandalo sono le dimissioni di Hogan, presentate il 26 agosto.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – L’ex commissario europeo per il Commercio, Phil Hogan
2. IL SUCCESSORE
Le dimissioni di Hogan hanno rappresentato un problema politico serio per Ursula Von der Leyen. Non solo per l’uscita di scena di un membro esperto della Commissione, apprezzato negoziatore e politico navigato, ma anche per la delicatezza della posizione occupata. Inevitabile, dunque, che la scelta del successore cadesse su una figura in grado di raccogliere un’eredità così complessa. Una figura incarnata da Valdis Dombrovskis, ex Primo Ministro lettone e vicepresidente esecutivo della Commissione Europea che ha già ricoperto il ruolo di Commissario europeo per la Stabilità finanziaria. Elemento chiave nell’èra Juncker, Dombrovskis ha ottenuto una posizione di rilievo anche nella nuova legislatura europea sotto la guida Von der Leyen. Politico conservatore ma dal forte stampo europeista, Dombrovskis negli anni si è spesso scontrato con gli Stati meridionali (Spagna, Italia e Grecia) per il suo ferreo sostegno alle politiche del rigore e del controllo dei conti. La sua capacità di negoziare a livello internazionale e di gestire questioni politiche complesse, unita alla sua esperienza nei dossier economici e finanziari, ha spinto Von der Leyen a investirlo della carica abbandonata da Hogan.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il nuovo eommissario Europeo per il Commercio, Valdis Dombrovskis
3. I DOSSIER
Le doti di negoziatore internazionale sembrano più che mai necessarie a giudicare dai dossier che attendono il neo-commissario per il Commercio. Il primo fronte caldo è quello con gli Stati Uniti, con i quali si sta faticosamente cercando di risolvere la guerra commerciale ormai in corso con l’Amministrazione Trump. Ad agosto Washington e Bruxelles hanno raggiunto un principio di accordo per ridurre parzialmente le reciproche tariffe introdotte, ma la situazione è resa più complessa dalla posizione di Dombrovskis sul sostegno nei confronti di una tassa per le multinazionali digitali. Già prima di rivestire la carica al Commercio aveva formulato alla Commissione proposte finalizzate a ridurre il trattamento fiscale preferenziale di cui godrebbero giganti digitali come Airbnb e Uber, proposta che ha profondamente innervosito Washington. Ulteriore dossier caldo è quello che riguarda i rapporti con la Cina. Pechino spinge per concludere un accordo commerciale entro la fine dell’anno, ma Dombrovskis è stato molto cauto su questo punto sin dal suo esordio nel nuovo ruolo, sottolineando che prima occorre trovare la quadra su altri fronti, come l’eliminazione effettiva di barriere agli investimenti esteri in Cina e la minor intrusività del Partito Comunista cinese nei confronti delle aziende europee, oltre alle questioni più spinose quali Hong Kong e i diritti umani. Mentre il multilateralismo è sotto assedio ormai da anni e il commercio rappresenta il fronte caldo della politica internazionale, l’Unione Europea si è ritrovata inaspettatamente scoperta su questo fianco. Trovare un equilibrio soddisfacente tra esigenze commerciali e rispetto di valori fondanti sarà la vera sfida che attende ora Dombrovskis.
Luca Cinciripini
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