Analisi – A che punto sono i nostri vicini europei nella preparazione dei rispettivi Recovery plan, da cui dipende l’erogazione dei fondi straordinari previsti da Next Generation EU? L’Italia a confronto con gli altri Stati.
UNA CRISI DI GOVERNO INTEMPESTIVA E UNA BOZZA (QUASI) FINALE
L’inopinata crisi di governo aperta in Italia è stata innescata anche, come noto, da contrasti in seno alle forze politiche della maggioranza anche sui contenuti del Piano nazionale di ripresa e resilienza che il nostro Paese deve presentare entro fine aprile alla Commissione Europea, per accedere ai finanziamenti di Next Generation EU (NGEU). Al netto delle polemiche politiche interne, è un fatto che un certo ritardo nella definizione del piano e la genericità delle prime linee guida hanno nei mesi scorsi legittimato qualche timore circa la preparazione dell’Italia a questo appuntamento. Al contrario la recente versione del 12 gennaio della bozza di Recovery plan è stata valutata da molti osservatori indipendenti piuttosto esauriente e dettagliata nei contenuti e nell’allocazione delle risorse finanziarie, oltre che coerente con le linee guida UE. Restano aperte le questioni della struttura di gestione e dell’effettiva implementazione dei progetti.
Ma a che punto sono gli altri Stati europei e come intendono utilizzare le risorse straordinarie mobilitate in risposta alla pandemia?
Fig. 1 – La Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen
IL QUADRO DI INSIEME E ALCUNI ESEMPI
Innanzitutto le cifre stimate. Se a Bruxelles e nelle altre capitali c’è molta attenzione (e preoccupazione per gli esiti della crisi in corso) nei confronti dell’Italia è perché noi siamo i primi beneficiari in termini assoluti di Next Generation EU, per quasi 209 miliardi di euro. A seguire la Spagna con 162 miliardi e la Polonia con 71, mentre la Francia beneficerà di 41 miliardi, la Romania di 35, la Grecia con 32 miliardi supera di poco i 31 del Portogallo e la Germania si ferma a quota 27 miliardi. Decisamente inferiori le quote per gli altri Paesi.
Con España puede (questo il nome del Recovery plan di Madrid) la Spagna intende indirizzare circa il 35% delle risorse a propria disposizione verso il settore dell’educazione/formazione e a favore della digitalizzazione delle imprese, segue il potenziamento del sistema sanitario nazionale. Il piano iberico indica anche la struttura che coordinerà l’attuazione dei progetti: un comitato interministeriale affiancato da una commissione tecnica.
La Polonia, tradizionalmente molto efficiente nell’utilizzo dei fondi UE e che ha minacciato a lungo di far saltare NGEU e bilancio pluriennale europeo per la nota questione del condizionamento dei finanziamenti al rispetto dello Stato di diritto, mette ai primi posti nel suo piano nazionale energia, ambiente, digitalizzazione, trasporti e infrastrutture.
I francesi, primi della classe nel presentare un piano molto dettagliato (non a caso alla denominazione ufficiale di ministero dell’Economia e delle Finanze è stato aggiunto “e del Rilancio”), espandono l’ambito finanziario del loro France Relance, aggiungendo ai 41 miliardi UE circa 60 miliardi di risorse proprie, delineando un ambizioso progetto di trasformazione ecologica dell’economia francese, senza dimenticare, accanto a importanti fondi per progetti legati all’idrogeno, la ricerca sul nucleare pulito.
Anche la Grecia è stata molto sollecita nel presentare il proprio Recovery plan alla Commissione e intende sfruttare quella che è stata definita un’occasione storica investendo più della metà dei fondi per la trasformazione verde e digitale. Tra l’altro Atene intende migliorare il collegamento delle isole attraverso la rete elettrica nazionale e l’introduzione del 5G. Da notare che, se si prescinde dal valore assoluto e si guarda al rapporto con il Prodotto interno lordo, i greci sono tra i maggiori beneficiari dei sussidi a fondo perduto di NGEU (pari a circa 9% del PIL nazionale, quando per l’Italia il rapporto è di poco inferiore al 2%).
La Germania dal canto suo è decisamente proiettata a investire sulla mobilità ecologica, oltre che sul rafforzamento del sistema sanitario, con una strategia nazionale articolata sulla diffusione dell’idrogeno e incentrata sui tre capisaldi della produzione di batterie, della distribuzione e della realizzazione di motori per auto, mezzi pubblici e trasporti di ogni genere. Nel contesto di un piano di rilancio nazionale che va oltre i fondi dell’Europa, Berlino intende anche modernizzare ulteriormente l’insieme della pubblica amministrazione, considerandolo un elemento essenziale di riuscita.
Il Portogallo ha deciso per il momento di accedere solamente ai grants e non anche ai prestiti (dunque rinunciando a circa 15 miliardi), in quanto i finanziamenti a fondo perduto non incidono sull’ammontare del debito pubblico. È del resto il motivo per cui l’Italia sceglie di impiegare una parte dei fondi “in sostituzione”, cioè per finanziare in parte politiche o progetti già in essere.
Fig. 2 – Il Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte
LA DISCUSSIONE È FISIOLOGICA
Come si vede le scelte sono diverse, ma comunque nell’ambito delle indicazioni cogenti poste dall’Europa: transizione verde e digitalizzazione. Più che la macroaree di intervento, però, sono le allocazioni di budget ai singoli progetti che possono fare la differenza a livello dei cittadini, delle imprese e di tutte le parti interessate. Da qui il dibattito politico vivace in molti Paesi: un esempio per tutti quello del piccolo Belgio, dove per circa “soli” 6 miliardi di euro si stanno manifestando contrasti inter-partitici e territoriali sui criteri di ripartizione tra livello federale, Regioni e Comunità (la complessa struttura istituzionale non aiuta), con ampio seguito sulla stampa e nell’opinione pubblica.
Paolo Pellegrini
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