Caffè Lungo – Recentemente Huawei ha brevettato una tecnologia che aumenterebbe il grado di sorveglianza alla quale sono sottoposti gli uiguri. Per combattere il terrorismo e per ragioni geopolitiche, il Governo cinese interna tale minoranza in severi campi di rieducazione.
LA NUOVA TECNOLOGIA DI SORVEGLIANZA
Huawei ha brevettato una tecnologia che permetterebbe di identificare gli uiguri tramite un sistema di riconoscimento facciale e corporeo. Il brevetto iniziale risale al luglio 2018. Tale tecnologia permetterebbe di distinguere nella folla dei passanti in strada tra individui di etnia Han, la principale etnia cinese, e uiguri. Dovrebbe avere l’accuratezza di individuare ad esempio un uiguro di mezza etĂ con la barba e una certa tipologia di abbigliamento. Secondo un portavoce di Huawei tale nuova tecnologia non avrebbe dovuto essere inserita nel brevetto e dovrebbe essere presto eliminata. Tuttavia un requisito tecnico del Ministro Cinese della Pubblica Sicurezza in merito ai network di video sorveglianza è proprio l’individuazione dell’etnia.
Gli uiguri, minoranza musulmana presente nella provincia cinese dello Xinjiang, vengono giĂ sottoposti a una stretta sorveglianza e a una dura repressione. Oltre un milione di loro sono infatti detenuti senza processo in numerosi campi di rieducazione che costellano lo Xinjiang. I controlli ai quali sono sottoposti sono molto severi: devono fornire alle AutoritĂ cinesi sia campioni biometrici che di DNA. Ci sono anche prove che circa 517mila uiguri vengono costretti ai lavori forzati nelle locali piantagioni di cotone. Il 20% del cotone mondiale ha origine proprio dallo Xinjiang. Dalla provincia stanno anche scomparendo moschee e altri luoghi di culto, che vengono rasi al suolo o riconvertiti in mete commerciali per i turisti cinesi. Il giornale locale cinese, lo Xinjiang Economic Daily, non tratta della questione degli uiguri, bensì descrive la provincia in un’ottica socialista, raffigurandola come un’area orientata verso lo sviluppo economico. Figura anche una rubrica intitolata “Lo Xinjiang è una bella località ”, che esalta le positivitĂ del luogo.
Fig. 1 – Proteste a Londra contro la repressione cinese degli uiguri, settembre 2020
LA VITA NEI CAMPI DI RIEDUCAZIONE
Il Governo cinese ha dato la possibilitĂ alla stampa estera di visitare un campo di rieducazione. Secondo le AutoritĂ cinesi le migliaia di uiguri che vengono allontanate dai propri villaggi e cittĂ per essere internate in questi campi sono studenti e non prigionieri. L’obiettivo del periodo di permanenza in tali strutture è un vero e proprio brainwashing. L’idea fondamentale da parte cinese è quella della trasformazione del pensiero: non trasformare completamente il pensiero, ma eliminarne gli “elementi estremistici”. Inoltre un altro principio di fondo è internare gli uiguri prima che possano commettere un crimine, decidendo così arbitrariamente quale individuo potrebbe in futuro infrangere la legge. In queste strutture, che la Cina definisce come centri di educazione professionale, ci sono intense lezioni di cinese mandarino, lezioni di arte, indottrinamento socialista, apprendimento delle leggi riguardanti le pratiche religiose e un corso di due mesi per imparare a rifare il letto nel modo piĂą ordinato possibile. Tutti indossano delle tute come uniformi, rosse per le donne e blu per gli uomini, e ci sono anche corsi di danza e canto, sia brani originali uiguri che canzoni patriottiche cinesi, come ad esempio quelle scritte da Xi Jinping. Pur avendo analogie con una scuola, però circondata da muri con filo spinato, raramente gli internati hanno il permesso di ritornare alle loro abitazioni e a nessuno è dato sapere quanto durerĂ la permanenza nel complesso. Una donna uigura ha dovuto subire un periodo di internamento di un anno solo perchĂ© aveva WhatsApp sul proprio telefono.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Manifestazione di esuli uiguri a Los Angeles, ottobre 2020. In uno dei suoi ultimi atti da Segretario di Stato, Mike Pompeo ha accusato apertamente la Cina di “genocidio” nello Xinjiang, suscitando la dura reazione di Pechino
RAGIONI GEOPOLITICHE
Secondo un White Paper del Consiglio di Stato cinese, il trattamento che viene riservato agli uiguri è motivato dalla lotta all’estremismo e al terrorismo, soprattutto alla luce degli attentati compiuti dal separatismo uiguro dal 1990 al 2016. L’obiettivo ufficiale sarebbe l’istruzione professionale degli estremisti e il loro reinserimento come individui utili nella societĂ . In realtĂ ci sono precise ragioni geopolitiche per le quali la Cina è intenzionata a mantenere un controllo totale sullo Xinjiang. La provincia, oltre a essere ricca di gas e petrolio, si colloca nel cuore della Nuova Via della Seta (Belt and Road Initiative), che parte dalla cittĂ di Xi’an, attraversa la Cina occidentale e per tramite dello Xinjiang si dirama in Asia Centrale, fino a giungere in Europa. Lo Xinjiang rappresenta un ponte orientato verso i mercati dell’Asia Centrale, dell’Europa e del Medio Oriente e tre dei sei corridoi economici della Belt and Road passeranno da tale provincia, compreso il corridoio economico tra Cina e Pakistan, che collegherĂ Kashgar in Xinjiang al porto di Gwadar in Pakistan. Pechino vuole trasformare lo Xinjiang in un hub commerciale e logistico e in un centro culturale per l’area. Lo Xinjiang si colloca in una posizione strategica anche rispetto alla Shanghai Cooperation Organization (SCO), che è stata fondata da Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan e che comprende anche India e Pakistan. L’Organizzazione ha come punti cardine la cooperazione per la sicurezza, soprattutto a livello di lotta al terrorismo, e quella economica, incentrata principalmente su petrolio e gas.
Nicol Betrò
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