In 3 sorsi – L’America Latina è stata una delle aree piĂą colpite dalla pandemia. La corsa alla vaccinazione di massa è giĂ iniziata, tra ritardi e difficoltĂ . I Paesi stanno andando in ordine sparso senza un vero piano coordinato comune per tutta la regione.
1. LA GEOPOLITICA DEL VACCINO
Con quasi 20 milioni di casi confermati e piĂą di 500mila morti, l’America Latina e i Caraibi sono stati duramente colpiti dalla pandemia da Covid-19, rendendo la distribuzione di vaccini fondamentale per la ripresa della regione. Molti Paesi stanno optando per i vaccini cinesi e per quello russo, nonostante quasi tutti abbiano approvato anche quelli di AstraZeneca e Pfizer, poichĂ© piĂą facili da conservare e piĂą accessibili da un punto di vista economico. Russia, e in particolare modo Cina, cercano di rafforzare la propria influenza a livello internazionale tramite la distribuzione dei propri vaccini e hanno trovato terreno fertile in Amarica Latina, con Pechino che ha addirittura offerto un prestito da 1 miliardo di dollari ai Paesi della regione per l’acquisto delle dosi. PiĂą che mossi da un principio di solidarietĂ , gli Stati sono consapevoli che i vaccini sono un importante strumento di politica estera, un’arma di soft power a tutti gli effetti. Pochi sono stati gli sforzi multilaterali in America Latina per favorire la cooperazione nel campo dei vaccini. L’unico è stato COVAX, un’iniziativa dell’OMS per cercare di garantire una equa distribuzione dei vaccini a livello globale al quale molti Paesi della regione hanno aderito e da cui le speranze, soprattutto di quelli piĂą piccoli, dipendono.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Il 17 gennaio veniva vaccinata la prima infermiera a San Paolo con vaccino Sinovac
2. L’ATTUALE SITUAZIONE
La corsa alla vaccinazione di massa è iniziata anche in America Latina, in maniera non uniforme e con prevedibili ritardi. Al momento, parliamo quindi di inizio febbraio, gli unici Paesi ad aver cominciato una vera e propria campagna di vaccinazione di massa sono Brasile, Costa Rica, Argentina, Messico e Cile. Tutti però ancora in una fase embrionale, con i soli Brasile e Costa Rica ad aver raggiunto l’1% della popolazione vaccinata. Gli altri Paesi sopracitati sono a poco più dello 0,5%. Il Cile per la sua campagna vaccinale ha deciso di fare affidamento soprattutto sul cinese Sinovac, del quale ha ricevuto a fine gennaio 2 milioni di dosi. Lo stesso sta facendo il Brasile. Il Messico ha invece approvato il vaccino russo Sputnik V e prevede di acquistarne 24 milioni di dosi per far fronte a una situazione molto critica nel Paese. Anche Argentina e Venezuela hanno siglato accordi con la Russia, la quale, però, per l’alta richiesta è costretta a ritardare molte delle dosi destinate all’America Latina. La Bolivia, al momento, ha ricevuto solo 20mila dosi sempre dello Sputnik V, e come molti altri piccoli Paesi della regione fa affidamento sul piano COVAX per cercare di avere un adeguato numero di dosi. Proprio a questo proposito, il presidente dell’Honduras, Juan Orlando Hernández, ha annunciato che nella seconda metà di febbraio arriveranno le prime dosi di vaccino nel Paese, tramite il piano COVAX: dovrebbero essere le prime dosi in assoluto a essere distribuite grazie a questo strumento. Cuba, nel frattempo, sta cercando di sviluppare un proprio vaccino che dovrebbe essere pronto entro il primo semestre di quest’anno.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Molti Paesi dell’America Latina confidano nel piano COVAX dell’OMS per cercare di ottenere quantitĂ adeguate di vaccini
3. DIFFICOLTĂ€ E PROSPETTIVE
L’America Latina non ha provato a elaborare un approccio regionale coordinato verso un programma condiviso di vaccinazione. I Paesi piĂą grandi hanno cercato di fare da sĂ© tramite accordi bilaterali, mentre i Paesi piĂą piccoli, privi di una diplomazia capace di garantire un ragionevole accesso di vaccini per la propria popolazione, si affida allo strumento COVAX. Le difficoltĂ con cui ha a che fare la regione sono però molteplici e sono anche una conseguenza di investimenti sempre minori nei sistemi sanitari pubblici negli ultimi anni. Si parla soprattutto di problemi logistici ed economici: avere luoghi adatti alla conservazione dei vaccini, una rete capace di trasportare le dosi anche nelle aree rurali piĂą remote, visto, ad esempio, l’alta incidenza che il virus ha avuto anche nelle popolazioni indigene dell’Amazzonia, e la capacitĂ delle AutoritĂ locali a somministrare una tale quantitĂ di vaccini in così poco tempo. Non a sproposito si teme che nelle economie piĂą povere della regione una copertura vaccinale diffusa non sarĂ raggiunta prima del 2023.
Matteo Barbanera
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