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Argentina e Club di Parigi: un accordo per la credibilitĂ 

L’Argentina ha raggiunto un accordo con il Club di Parigi per estinguere il debito contratto a causa del default del 2001: 9,7 miliardi di dollari da restituire in cinque anni. Un passo importante per il ritorno di Buenos Aires sui mercati internazionali, ma un’operazione considerata spregiudicata: tutto l’onere ricadrà sull’esecutivo in carica dal 2015.

L’ACCORDO – Il Club di Parigi, gestore dei crediti dei Paesi più avanzati economicamente, ha ottenuto un accordo con il governo argentino per la restituzione del debito non più pagato a causa della bancarotta nel 2001. Il default argentino ha, infatti, obbligato il paese a restare escluso dal sistema finanziario internazionale e dopo tredici anni d’inattività finanziaria e la precedente dichiarazione, del 2007, della presidente Cristina Fernández de Kirchner di rimborsare il Club, si è finalmente giunti all’accordo. L’intesa raggiunta prevede il rimborso di 9,7 miliardi di dollari attraverso pagamenti dilazionati e una riduzione del tasso d’interesse dal 7% al 3%. Il piano di rientro ha una durata di cinque anni ma, qualora non vi fossero sufficienti investimenti diretti in Argentina da parte dei paesi membri del Club, potrebbe esser prolungato di altri due. L’incontro, tenutosi lo scorso 28 e 29 maggio, tra i rappresentanti dei creditori e il Ministro dell’Economia argentino Axel Kicillof ha permesso di concordare una “soluzione sostenibile e definitiva” alla questione degli arretrati, consentendo ai membri del club che lo desiderano di riprendere le loro attività di credito alle esportazioni. L’Argentina ha così preso un impegno formale al saldo della prima rata di 1,150 miliardi di dollari con un primo versamento di 650 milioni di dollari a luglio, mentre i restanti 500 milioni saranno corrisposti entro maggio 2015.

SCELTE SBAGLIATE – Il piano rappresenta una buona opportunitĂ  per il Paese di normalizzare le sue relazioni con la comunitĂ  finanziaria internazionale, anche se la situazione economica generale dell’Argentina è ancora lontana dalla normalitĂ . Le conseguenze del default del 2001 sono tutt’altro che esaurite e le previsioni del Fondo Monetario Internazionale stimano una crescita dello 0,5% quest’anno e dell’1% per il 2015. Non avendo accesso al mercato internazionale, l’unico modo per aumentare le riserve monetarie sono le entrate derivanti dalle esportazioni, ma la bilancia commerciale ha registrato una riduzione del 27% rispetto ai dati del 2012 a causa delle restrizioni alle esportazioni e alla crescente spesa in importazione di combustibili. Le politiche economiche adottate dal governo di Cristina Kirchner sono state spesso oggetto di critiche. Il debito, ormai ridotto, non sembra piĂą un problema, mentre lo rappresentano l’eccessiva pianificazione dell’economia e l’inflazione. La Kirchner, al governo dal 2007, ha adottato delle scelte in politica economica di stampo nazionalista che hanno condotto il paese sull’orlo della recessione dopo i progressi registrati con tassi di crescita al 9% negli scorsi anni. La ricca Argentina, in termini di risorse, è stata penalizzata da scelte in politica monetaria discutibili come i provvedimenti volti a contenere le fughe di capitali, le restrizioni all’acquisto di dollari, e la svalutazione della moneta. Sul piano interno si è avuto un riflesso negativo con una contrazione dei consumi, sia per la crescente inflazione, sia per la riduzione della produzione industriale, deteriorando il potere di acquisto della popolazione.

Cristina Fernández de Kirchner, presidente della Repubblica Argentina
Cristina Fernández de Kirchner, presidente della Repubblica Argentina

CREDIBILITA’– Il compromesso raggiunto fa ben sperare per l’uscita dall’oblio finanziario in cui è caduta l’Argentina dal 2011. Nonostante le dichiarazioni del ministro Kicillof che smentiscono il ritorno in tempi brevi dei Tango Bond nei mercati finanziari, l’Argentina ha estrema urgenza di finanziarsi attraverso il mercato di capitali. Così l’accordo stipulato con il Club di Parigi sembra il primo passo per la riconquista della fiducia degli investitori esteri, soprattutto gli esportatori europei, tra cui quelli italiani che detengono il 5% del debito contratto dai tempi della dittatura di Videla. L’Argentina finora ha dimostrato poca credibilitĂ  per accedere nuovamente al mercato finanziario internazionale, ne è un esempio la denuncia del Fondo Monetario Internazionale (FMI) della manipolazione da parte dell’Instituto Nacional de EstadĂ­stica y Censos (INDEC) dei dati economici, che ha costretto a rivedere il metodo di stima dell’indice di inflazione del governo Argentino. L’inflazione ha vanificato il valore reale della valuta argentina e i dati forniti dal governo a riguardo hanno creato numerose incertezze tra gli investitori stranieri. Se da un lato il governo stima il tasso d’inflazione all’11,9% per il 2013, dall’altro quelle degli istituti privati salgono al 28%. Anche le politiche isolazioniste condotte dalla Kirchner, ostile a seguire le indicazioni del FMI, e scelte populiste come la nazionalizzazione della compagnia petrolifera YPF, hanno giocato un ruolo importante nel ridurre il peso dell’Argentina sullo scenario internazionale. Un altro duro colpo potrebbe arrivare dall’attesa sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti sul caso dei cosi detti fondi “avvoltoi”, capitanati da Nml Capital. In caso di giudizio negativo sul ricorso, infatti, sul Paese sudamericano graverebbe l’onere di risarcire 1,33 miliardi di dollari. Sul piano delle relazioni internazionali, invece, un segno incoraggiante, arriva dall’invito da parte del Ministro degli Esteri Russo, Sergei Lavrov, a partecipare al prossimo vertice dei paesi BRICS (Brasile, India, Russia, Cina, Sudafrica) del 15 luglio in Brasile. Gli sforzi compiuti negli ultimi tempi, come fornire statistiche economiche attendibili, l’accordo con Repsol e quello con il Club di Parigi stanno, infatti, facendo riemergere il Paese sudamericano dall’isolazionismo voluto dalla Kirchner.  L’Argentina è così in attesa, mentre si avvicina lo spettro della recessione, della possibilitĂ  di poter accedere finalmente al mercato dei capitali e poter prendere a prestito valuta internazionale vitale per salvare le sue riserve monetarie.

ELEZIONI – La Kirchner, al suo secondo mandato, non potrĂ  candidarsi alle prossime elezioni e tutto l’onere della sua gestione economica ricadrĂ  sul nuovo esecutivo che sarĂ  eletto alle prossime elezioni presidenziali nell’ottobre 2015. La popolaritĂ  in calo del kirchnerismo ha reso il gioco facile al candidato dell’opposizione, leader del Frente Renovador, Sergio Massa, vincitore alle scorse elezioni legislative e considerato candidato potenziale alla presidenza. Chiunque sarĂ  il nuovo presidente dovrĂ  voltare pagina e far fronte all’impegno preso con il Club di Parigi per i prossimi cinque anni; sarĂ  un difficile banco di prova per la credibilitĂ  argentina, ma solo così forse, e se saranno attuate le giuste correzioni alla politica economica interna, l’Argentina potrĂ  riprendere la via dello sviluppo. Altrimenti quest’accordo rischia di rimanere un’altra timida promessa.

Annalisa Belforte

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Annalisa Belforte
Annalisa Belforte

Sono nata a Roma nel 1982, ho conseguito la laurea triennale in Economia della Cooperazione Internazionale e quella magistrale in Scienze della Politica presso la Sapienza. Mi affascina molto la Teoria Politica e la crisi del sistema democratico, oggetto della mia tesi di laurea. Appassionata e curiosa di conoscere le dinamiche che regolano i rapporti tra Stati, per questo attualmente frequento un Master in Geopolitica.

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