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Il patto tra Unione Europea e Turchia: quale destino per la politica migratoria?

In 3 sorsi – Nonostante il patto tra Unione Europea e Turchia per il contenimento della migrazione irregolare abbia di recente mostrato segni di cedimento, la Commissione Europea ha firmato nel dicembre scorso gli ultimi otto contratti previsti dall’accordo. Rimangono tuttavia numerose perplessità relative alla mancata tutela dei diritti umani da parte di un regime poco rispettoso dei valori morali e giuridici sui quali si fonda l’Unione.

1. GLI ACCORDI DEL 2016

La Turchia ospita la più grande popolazione di rifugiati al mondo, quasi quattro milioni dei quali sono siriani che godono della “protezione temporanea” prevista dal diritto turco. Tuttavia le coste turche costituiscono solo il punto di partenza dei migranti in viaggio verso Lesbo, porta di accesso al territorio dell’Unione, meta finale dei richiedenti asilo soggiornanti in Turchia. Nel 2016 l’Unione Europea ha concluso un accordo con il Governo di Ankara, in virtù del quale si è impegnata a sostenere economicamente gli sforzi turchi di contenimento della migrazione irregolare. In cambio del supporto economico europeo, la Turchia ha accettato il trasferimento nel proprio territorio dei migranti “irregolari” giunti in Grecia e si è impegnata ad aumentare gli sforzi di controllo dei propri confini al fine di contenere le partenze. A riprova del funzionamento dell’accordo, solo una settimana dopo la stipula del patto gli arrivi irregolari in Grecia sono passati da 1.700 a 47 al giorno. Tuttavia l’accordo, tentativo estremo dell’Unione di rispondere alle preoccupazioni degli Stati membri legate ai flussi migratori generati dalla Primavera araba, è stato da più parti criticato per aver sostanzialmente ridotto le garanzie e i diritti dei rifugiati. Le critiche mosse nei confronti del patto sono fondate sulla considerazione che l’Europa ha finanziato un regime poco rispettoso dei valori morali e giuridici sui quali l’Unione è fondata, rendendosi complice delle violazioni dei diritti umani perpetrate dal Governo di Erdogan.

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Fig. 1 – Migliaia di richiedenti asilo che dormono sul ciglio di una strada di Lesbo, Grecia, dopo un incendio nel campo profughi di Moria

2. LA CRISI DI FEBBRAIO

Contestualmente alla stipula dell’accordo veniva varata l’EU Facility for Refugees in Turkey, creata al fine di migliorare il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo in Turchia e finanziata tramite fondi dell’Unione Europea. Complessivamente attraverso l’EU Facility l’Unione Europea ha stanziato circa sei miliardi di euro, corrisposti in due tranches. L’EU Facility ha finanziato progetti destinati all’assistenza umanitaria, l’educazione, la salute fisica e mentale, l’eguaglianza di genere, e la protezione dei minori. Tuttavia, nel febbraio 2020, la Turchia annunciava la sua intenzione di non rispettare piĂą gli obblighi previsti dal patto, a causa dell’inadempienza europea alle clausole economiche dell’accordo. A tali accuse l’Unione Europea rispondeva sottolineando che i fondi promessi alla Turchia erano stati tutti regolarmente corrisposti. Realisticamente dietro la decisione della Turchia c’erano le critiche europee all’operato di Erdogan in Siria, unanimemente considerato illecito dal punto di vista del diritto internazionale. All’annuncio di Erdogan ha fatto seguito l’apertura delle frontiere turche, che spingeva migliaia di migranti a riversarsi improvvisamente in Grecia. Il Paese ellenico ha risposto chiudendo i confini di Kastanies e Kipi e respingendo violentemente i richiedenti asilo che tentavano di entrare nel proprio territorio, causando scontri sanguinosi e morti tra i migranti.

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Fig. 2 – Migranti irregolari nascosti in un rimorchio a Samsun, in Turchia

3. LA FIRMA DEGLI ULTIMI CONTRATTI

Al fine di risolvere la crisi migratoria e diplomatica generata dall’apertura delle frontiere turche, l’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri, Josep Borrell, aveva dichiarato a marzo scorso che l’Europa era pronta ad assicurare fondi aggiuntivi alla Turchia. Dopo le affermazioni di Borrell, il Ministro degli Interni turco ha dichiarato che 6mila migranti erano stati riaccompagnati nell’interno del Paese, sgomberando i confini con la Grecia. L’esito finale delle tumultuose vicende legate al patto è segnato dalla firma degli ultimi contratti previsti dall’accordo. Lo scorso 17 dicembre, infatti, la Commissione Europea sottoscriveva gli ultimi otto contratti, corrispondendo alla Turchia 780 milioni di euro. Tuttavia permangono le perplessità relative alla cattiva reputazione turca nel campo della tutela dei diritti umani e al fatto che l’Europa avrebbe sostanzialmente finanziato un regime poco rispettoso dei valori fondanti dell’Unione. Di certo la cosiddetta “crisi migratoria” ha evidenziato le carenze del sistema europeo di asilo. Auspicabilmente il nuovo Patto sulla Migrazione ed Asilo, proposto dalla Commissione Europea lo scorso settembre, contribuirà a introdurre sostanziali modifiche e miglioramenti nelle politiche migratorie europee. Nello specifico il patto contiene una proposta per un meccanismo di solidarietà e ricollocamento dei migranti nel caso in cui uno Stato membro risulti sotto pressione a causa dell’accresciuto afflusso di richiedenti asilo nel proprio territorio. Se il meccanismo funzionasse si potrebbe ottenere una maggiore solidarietà tra Stati membri ed evitare accordi con Paesi terzi, spesso poco rispettosi dei diritti umani dei migranti.

Francesca Romana Partipilo

Immagine di copertina: Photo by Ahmed akacha is licensed under CC0

Dove si trova

Perchè è importante

  • A marzo 2016 l’Unione Europea firmava un accordo con la Turchia, con il quale si impegnava a sostenere gli sforzi turchi di contenimento della migrazione irregolare verso le coste greche.
  • A febbraio 2020 la Turchia ha aperto i propri confini, spingendo migliaia di profughi verso la Grecia, e lamentando l’inadempimento europeo delle clausole economiche dell’accordo.
  • Superata la crisi, a dicembre la Commissione ha corrisposto gli ultimi 780 milioni previsti dal patto, auspicando una maggiore collaborazione tra le parti dell’accordo.

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Francesca Romana Partipilo
Francesca Romana Partipilo

Laureata in Giurisprudenza presso l’UniversitĂ  degli Studi di Trento con una tesi in diritto dell’Unione Europea, ho conseguito un Master in Human Rights and Conflict Management presso la Scuola Superiore Sant’Anna. Dopo un anno a Londra, durante il quale ho lavorato presso il British Institute of International and Comparative Law, occupandomi di rifugiati e di operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, sono tornata in Italia per iniziare un dottorato di ricerca. Mi occupo di organizzazioni non governative e del loro ruolo nelle operazioni di ricerca e soccorso di migranti nel Mediterraneo.

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