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Expo Milano, da dove viene e dove può andare

Che cos’è l’esposizione universale? Lo sapevate che la prima edizione si tenne nel 1851 a Londra, mentre quella di Milano è stata preceduta da Shanghai? Ecco una panoramica storica, nella quale il filo conduttore è il ruolo di  Expo come cartina di tornasole dell’evoluzione delle relazioni internazionali

EXPO (QUASI) AL VIA – Prenderà ufficialmente il via il 1° maggio 2015 l’Expo di Milano. Sarà un evento mondiale che si protrarrà per quasi sei mesi. L’edizione meneghina è destinata a fare epoca; sarà forse la prima edizione di un’Expo completamente orientata, almeno nelle premesse e nelle intenzioni, verso la condivisone di riflessioni sociali tralasciando, forse, gli interessi nazionali per favorire la crescita di una consapevolezza collettiva attorno al tema principale, cioè “Nutrire il Pianeta”.

La struttura stessa della kermesse è diversa da tutte le edizioni precedenti. Non più padiglioni dei singoli Paesi ma clusters, macro-categorie che raggruppano paesi di aree diverse. I clusters sono 9:

  • Riso;
  • Cacao e cioccolato;
  • Caffè;
  • Frutta e legumi;
  • Spezie;
  • Cereali&Tuberi;
  • Bio – Mediterraneo;
  • Isole mare e cibo;
  • Zone aride.

La logica dei cluster ha le proprie fondamenta innanzitutto nell’essenza del mondo di oggi. La realtà globalizzata rende superate le frontiere e allo stesso tempo lancia un monito, importante, agli Stati; le sfide del futuro non si possono vincere da soli, sono talmente delicate da non poter essere nemmeno gestite come singoli Stati.

Expo segue il passo dei tempi ed il suo approccio non può che essere globale, sovranazionale.  La geopolitica dell’Expo ragiona per obiettivi e pone le sfide future in maniera molto pratica. “Nutrire il pianeta – Energia per la vita”, fine certamente non raggiungibile se non con il coinvolgimento della comunità mondiale e degli istituti specializzati dell’Onu: Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (Ifad) e World Food Program (WFP) tutti stanziati a Roma.

SI COMINCIA A LONDRA PIU’ DI 150 ANNI FA – La prima esposizione internazionale ebbe fondamenta ed una struttura del tutto dissimili da quella odierna. Si svolse nell’ormai lontano 1851 nella Londra imperiale. Il mondo era estremamente diverso. C’era appena stata la restaurazione, i moti del 48 non avevano prodotto quello per cui erano nati. Italia e Germania presentavano i germi del movimento che avrebbe portato all’unità nazionale, l’Inghilterra dominava il mondo ed era la prima potenza industriale. La Russia era lontana, Stati Uniti e Giappone potenze locali. Londra era la sede più logica; tra la prima e la seconda rivoluzione industriale la capitale imperiale britannica era certamente il polo economico più importante del globo e potenza militare egemone. Aveva quindi le credenziali in regola per assumere il ruolo di guida e far incontrare le diverse parti di mondo, convenute in Inghilterra per confrontarsi sullo stato di sviluppo della nascente industria e stringere relazioni commerciali di più ampio respiro.

LE FASI PRINCIPALI NELL’EVOLUZIONE DI EXPO

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[tab_title] 1. La prima fase [/tab_title]
[tab_title] 2. A cavallo della II guerra mondiale [/tab_title]
[tab_title] 3. L’età contemporanea [/tab_title]
[tab_title] 4. I giorni nostri [/tab_title]

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[tab] 1851-1928
La “Great Exhibition of the Works of Industry of all nations” ospitò 25 Paesi richiamando ben 6 milioni di visitatori. L’evento fu un grande successo e contribuì ad allargare le frontiere; i Paesi partecipanti sancirono il successo dell’iniziativa tra accordi commerciali e scambio di informazioni. L’esigenza di creare nuovi collegamenti economici, approfittando di un periodo storico di relativa pace, poteva dirsi felicemente soddisfatta. Il mondo, sulla spinta dell’economia del carbone e giovandosi delle prime invenzioni industriali, poteva ora dedicarsi allo sviluppo del libero commercio. L’impatto sull’urbanistica fu eloquente: il lascito di questa prima Expo è Crystal Palace, luogo che fu la sede della prima edizione. I visitatori ammirarono soprattutto le prime meraviglie della meccanica; dispositivi ferroviari (specchio della nascente strada ferrata britannica e prussiana a testimonianza della potenza dell’epoca), ed i motori a vapore americani usati in agricoltura furono le invenzioni che destarono il maggiore interesse.

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Immagine: Rappresentazione del Crystal Palace

L’Expo del 1851 preparò il terreno per la seconda rivoluzione industriale, che sarebbe cominciata negli anni ’70 del diciannovesimo secolo e che avrebbe poi sancito il sorpasso del petrolio sul carbone. E favorì enormemente la circolazione dei risultati scientifici e produttivi fin lì raggiunti, compiendo l’incontro tra mercati e culture produttive diverse e che allora si conoscevano poco. La prima volta dell’Italia fu a Milano nel 1906. Il tema fu “L’Esposizione internazionale del Sempione”; attirò 25 Paesi e dieci milioni di visitatori. In quell’occasione si parlo dei trasporti: l’occasione fu l’inaugurazione del traforo del Sempione, tra la Val d’Ossola e l’alta valle del Rodano, tra Piemonte e Svizzera. La funzione di cassa di risonanza mondiale delle Esposizioni cominciava ad essere nota ed universalmente diffusa. Ma non c’era solo la ricerca della visibilità per gli Stati nazionali ottocenteschi e pre-bellici. Anche interi settori dell’economia esercitavano pressioni sui governi per avere l’opportunità di ospitare quante più edizioni possibili dell’Esposizione; accadde così, ad esempio, per la kermesse di Vienna del 1873, caldamente sollecitata dall’industria siderurgica e agroalimentare austroungarica, desiderosa di entrare in nuovi mercati. Questa edizione vide il debutto internazionale del Giappone, altra nazione dalle mire espansionistiche. Gli Asburgo avevano l’obiettivo di mostrare come il loro impero fosse dinamico e cosmopolita, unito e produttivo. Ci si rese conto, perciò, che il fenomeno aveva ormai completato il processo di trasformazione e da semplice esibizione internazionale era diventato qualcosa di diverso, celebrativo di un regime o comunque in qualche modo strumentale agli interessi del Paese organizzatore, sia per espansionismo commerciale (era l’era dei grandi brevetti e della ricerca dei mercati diversi da quello domestico). La funzione politica aveva ormai assunto dimensioni di spessore e la partecipazione all’Expo veniva vista come un efficace strumento di public diplomacy. Così nel 1928 si arrivò alla sottoscrizione da parte di 31 Stati della convenzione di Parigi, che istituiva il Bureau International des Expositions (BIE); da questo momento in poi le regole e la disciplina delle Expo diventarono  realmente comuni ed accettate. Tradizionalmente il primo periodo delle Esposizioni si fa terminare qui. [/tab]

[tab]1929-1970
La prima occasione utile per mettere in pratica le nuove regole celebrare l’ingresso in una nuova fase delle relazioni internazionali fu l’Expo di New York del 1939, la prima a potersi fregiare del titolo di “Universale”. I tempi erano decisamente mutati e si era nel pieno di una fase critica; si era appena spenta l’eco della Conferenza di Monaco che aveva sancito la presa dei Sudeti da parte della Germania e l’Anschulss era già realtà. Il clima internazionale era particolarmente rovente ed il regime nazista aveva già avuto il battesimo all’Esposizione di Chicago del 1933; approfittando della visibilità mondiale della manifestazione, Hitler volle unire la promozione (concetto prettamente economico e relativo soprattutto all’industria siderurgica prussiana) alla propaganda (concetto, invece, tipicamente politico e militare), facendo volare per i cieli dell’Illinois un dirigibile con la svastica nazista. Chicago volle fortemente quella edizione per risollevare la propria reputazione, duramente provata da anni di lotta alle organizzazioni malavitose, durante il proibizionismo ed in seguito alla grande depressione del post 1929. Il “New Deal” di Roosevelt non aveva ancora dispiegato tutti i propri effetti. La radicalizzazione delle dinamiche politiche portò l’edizione successiva, prevista per il 1942, a Roma. Che, sotto il profilo urbanistico, si attrezzò con la costruzione di un nuovo quartiere che fosse il trionfo del neoclassicismo razionalista (Eur significa, infatti, Esposizione Universale Roma; il progetto di costruzione venne diretto dall’architetto Piacentini). Tuttavia gli eventi bellici presero il sopravvento e la manifestazione non si tenne. La propaganda aveva ormai prodotto danni irreparabili ed il mondo era totalmente dentro all’orrore del secondo conflitto mondiale.

Si riprese, anche se in tono dimesso, a fare Expo solo nel 1947, di nuovo a Parigi. Ma le macerie erano ancora tante, la situazione politica non fluida e soprattutto si era in un’epoca in cui le risorse scarseggiavano e dovevano comunque essere impiegate per la ricostruzione dei Paesi. Il secondo dopoguerra venne lasciato alle spalle con l’edizione del 1958, a Bruxelles. Solo un anno prima si era verificato il primo vero tentativo convinto di sforzo verso l’unificazione Europea con la sottoscrizione del Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea (CEE).

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Immagine: l’Atomium di Bruxelles

La cortina di ferro era ormai definitivamente scesa sul mondo e l’Europa faceva da apripista verso una possibile visione alternativa delle relazioni internazionali. Non a caso il tema era “Bilancio di un mondo, per un mondo più umano”. L’Atomium venne costruito per l’occasione, e rappresenta le importanti evoluzioni in campo scientifico, oltre che spaziale. È di questi anni, infatti, l’elaborazione di un nuovo concetto, la cosiddetta “geopolitica dello spazio” che travalica gli elementi puramente territoriali proiettando la Guerra Fredda direttamente “in orbita”. Nasce la società del benessere che poi porterà l’Italia al boom degli anni ’60. Sullo scenario mondiale la dicotomia politica viene impersonificata da Kennedy e Kruscev, i mass media irrompono nelle case degli americani e ci avviciniamo alla teoria del “villaggio globale” di McLuhan (1962). La gente, in tutto il mondo, vuole pensare che siamo in una fase diversa, completamente nuova. C’è l’avvento delle materie plastiche, dei computer. Si comincia a voler collaborare di nuovo, nonostante la Guerra Fredda, per il bene dell’umanità, per il progresso e per la scienza. I mass media permettono di cancellare le distanze e nel frattempo l’uomo arriva sulla Luna. L’Expo torna così ad essere il vero strumento di promozione politica e di coesione internazionale. Gli Stati tornano ad avere il comune obiettivo del progresso e della condivisione delle scoperte scientifiche, finalizzata alla crescita collettiva. Infatti il tema di Seattle ’62 fu “L’uomo nello spazio”. [/tab]

[tab] 1970-2000
Osaka 1970 apre una nuova fase delle Esposizioni Universali. Con l’ingresso nella Convenzione delle potenze asiatiche la manifestazione acquisisce anche il loro contributo, prezioso sia in termini di apporto tecnologico che come apertura di nuovi possibili mercati. Il mondo delle Expo prende atto degli Stati asiatici e  riconosce loro il rango di attori universali. Il Giappone, sul cui suolo ancora sono stanziate truppe americane, assurge al ruolo di gigante economico mondiale. Da questa edizione Expo diventa ufficialmente strumento di promozione politica, economica e sociale. In una parola, di sviluppo. Ad Osaka si consacrò la tecnologia, soprattutto nipponica, e la robotica. Ma l’eredità spirituale asiatica ha dato comunque un contributo. I quattro sotto-argomenti dell’Expo Osaka 1970 erano volti a stimolare la riflessione sul rapporto tra vita e tecnologia; quest’ultima aiuta davvero a godere della vita? Il ricordo del secondo conflitto mondiale è ormai lontano, anche se sullo sfondo ancora riecheggia il ’68 e le relazioni russo – cinesi sono ai minimi storici.

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Per il Giappone fu un successo planetario. In soli 6 anni venne costruita un’isola galleggiante che ospitava interi quartieri. Presentò il primo treno a trazione elettromagnetica, capace di arrivare a ben 500 Km/h di velocità. Tutto il sistema infrastrutturale giapponese venne rimodellato con vasta eco mondiale. Nel 1988, sulla scia del successo planetario delle ultime edizioni, si procedette ad una nuova classificazione delle esposizioni, entrata poi in vigore nel 1996 ed in base alla quale possiamo individuare due tipi di manifestazioni:

  • le Esposizioni Universali, che si tengono ogni 5 anni, durano fino a 6 mesi ed hanno un tema di carattere generale. Ogni Stato partecipante costruisce, e quindi personalizza, il proprio padiglione;
  • le Esposizioni Internazionali, che si svolgono tra un’Expo Universale e l’altra e durano fino a 3 mesi. I padiglioni dei Paesi partecipanti sono costruiti tutti dall’organizzazione ed il tema dell’evento è specialistico.

L’Expo di Hannover del 2000 fu un’edizione controversa, perché avversata dalla popolazione locale che la boicottò con manifestazioni di protesta. Siamo nell’epoca post iron curtain, il Muro è caduto ed il mondo guarda alla riunificazione della Germania con speranza e meraviglia. [/tab]

[tab] 2000-2015
L’edizione del 2000 lasciò all’umanità i “Principi di Hannover”, un insieme di regole che si preoccupa delle conseguenze delle costruzioni e della vita sull’ambiente. L’evoluzione dei temi, quindi, e dell’interesse pubblico segue lo scenario politico internazionale ed a volte lo precede. Il legame tra il protocollo di Kyoto (del 1997) ed il tema del rispetto ambientale di Expo 2000 sembra essere stretto ed anche molto diretto. L’ambiente fu protagonista anche ad Aichi, Giappone, nel 2005, edizione alla quale presero parte 121 Paesi. Ad essere analizzate ed interpretate furono le tecnologie rinnovabili e le meraviglie della natura; per l’esattezza si volle stimolare la riflessione sul rapporto tra tecnologia e stile di vita, in relazione all’eterno rapporto tra uomo e ambiente stabilendo così un riallaccio diretto con i temi toccati ad Hannover.

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L’edizione del 2010 si è tenuta a Shanghai, come dovuto omaggio ad un Paese, la Cina, entrato di pieno diritto nel novero delle superpotenze mondiali. E che è riuscito a dare all’Expo una connotazione legata ai tempi ed utile alla propria politica; seguendo i flussi demografici del momento in Cina, cioè l’abbandono delle campagne per andare a sostenere la crescita economica in città, il tema è stato “Better City better life”. L’idea era quella di fornire ipotetici modelli di città per il futuro, in cui l’integrazione di diverse culture e l’innovazione tecnologica fanno da sfondo agli incipienti cambiamenti sociali. Fu questa un’edizione vissuta in maniera strumentale dalla potenza ospitante, che stava conquistando il mondo ed aveva la necessità di presentare un proprio modello sociale vincente. Expo è dunque stata nel corso degli anni una cartina di tornasole, fedele e accurata, dell’evoluzione delle relazioni internazionali e delle grandi questioni geopolitiche sul tappeto. Dalla celebrazione della potenza industriale dell’Impero britannico all’imposizione della Cina e del suo modello di sviluppo alternativo a quello occidentale, il susseguirsi delle varie esposizioni universali è stato fedele testimone delle evoluzioni sullo scenario globale.

Ora è il turno di Milano e dell’Italia. Expo 2015 saprà confermare questo trend, imponendo le proprie tematiche sull’agenda globale? Lo spiegheremo nella prossima puntata del nostro speciale. [/tab]

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Andrea Martire

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Questo speciale è collegato alla pubblicazione del libro del CaffèLe provocazioni di EXPO – La salute del pianeta nelle mani del consumatore” (ed. InDialogo).

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Foto: Gaetano Virgallito

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Andrea Martire
Andrea Martire

Appassionato di America Latina, background in scienze politiche ed economia. Studio le connessioni tra politica e sociale. Per lavoro mi occupo di politiche agrarie e accesso al cibo, di acqua e diritti, di made in Italy e relazioni sindacali. Ho trovato riparo presso Il Caffè Geopolitico, luogo virtuoso che non si accontenta di esistere; vuole eccellere. Ho accettato la sfida e le dedico tutta l’energia che posso, coordinando un gruppo di lavoro che vuole aiutare ad emergere la “cultura degli esteri”. Da cui non possiamo escludere il macro-tema Ambiente, inteso come espressione del godimento dei diritti del singolo e driver delle politiche internazionali, basti pensare all’accesso al cibo o al water-grabbing.

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