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Tracce marocchine: in viaggio nel Polisario

A mente fredda, possiamo raccontare quello che abbiamo visto durante la visita nella regione del Sahara Occidentale. Si tratta di quella regione, un’ex colonia spagnola, situata lungo la costa nord-occidentale del continente africano che si trova nel sud del Marocco, su cui da tempo convergono e sono in conflitto le rivendicazioni di sovranità di diversi attori

GLI ATTORI IN GIOCO – Il primo tra i soggetti interessati è il Governo marocchino, che ne ottenne l’amministrazione fiduciaria con l’Accordo di Madrid del 1975. Vi sono poi le rivendicazioni d’indipendenza, dice la vulgata internazionale, del popolo sahrawi, la cui lotta, sin dagli anni Settanta, è stata condotta principalmente dal Fronte Polisario (Fronte popolare per la liberazione del Sakiet el-Hamra e del Rio de Oro).

Parliamo di vulgata perché basta trascorrere alcuni giorni a Laayoune, la capitale dell’omonima Provincia all’interno della Regione Laayoune-Boujdour-Sakia El Hamra, per capire come le semplificazioni propagandistiche non giovino alla comprensione dei fenomeni e agiscano, alterando il senso delle parole, sulla percezione di realtà sovente poco conosciute di persona.

MARRAKECH – LAAYOUNE. VIA TARFAYA – Arrivando dopo 12 ore di pullman da Marrakech in questa cittĂ  di circa 200.000 persone, a 30 km dalla costa atlantica, in quella parte di mondo dove si parla arabo e francese (le lingue ufficiali del Regno alawita), ma anche berbero e spagnolo, si vedono – passando attraverso vari posti di blocco che ricordano il conflitto sempre incipiente anche se oggi congelato, così come alcuni soldati della missione ONU Minurso, incaricati di far osservare il cessate il fuoco formato nel 1991, visibilmente annoiati – i segni di uno sforzo, iniziato proprio dal 1975 e proseguito senza sosta, di civilizzazione.

Uno sforzo per strappare alla sabbia del Sahara – affascinante, con i suoi tratti da cartolina, i dromedari e le dune, ma decisamente inospitale – lande di terreno da destinare allo sviluppo urbano, alle infrastrutture logistiche, alle attivitĂ  imprenditoriali impiantate anche con capitali stranieri, allo sfruttamento delle risorse naturali per scopi energetici e a tanti altri aspetti che definiscono il percorso di un territorio verso la modernitĂ ; è uno sforzo compiuto, ecco la questione terminologica, da sahrawi, cioè abitanti del Sahara, gelosi custodi degli usi e dei costumi degli abitanti del deserto, ma anche profondamente legati al Marocco, alla sua monarchia costituzionale via via sempre piĂą illuminata, alla sua tradizionale avversione verso il dispotismo e il fanatismo religioso, alla sua propensione ai commerci e agli scambi culturali, al suo unicum di nazione islamica in cui esiste una democrazia, esistono chiese cattoliche accanto alle moschee, esistono consiglieri ebrei perfino alla Corte di Muhammad VI e, un po’ in segreto, si collabora (specie nei settori dell’intelligence e dell’antiterrorismo) perfino con Israele.

I 350.000 volontari che nel 1975 parteciparono alla Marcia Verde si radunarono presso la città di Tarfaya, città a un centinaio di chilometri a nord di Laayoune, in attesa che il Re Hassan II del Marocco desse il segnale per attraversare il confine con il Sahara Occidentale. E noi, in quel luogo, ci siamo stati, durante quei giorni intensissimi di visite, approfittandone anche per essere ricevuti dal Governatore (inappuntabile in djellaba, fez e babbucce) e per visitare il museo dedicato alla compagnia aerea francese Aeropostale e ai suoi piloti, fra cui Antoine de Saint-Exupéry, autore del Piccolo principe, che qui ha scritto Corriere del Sud. Tarfaya è al centro di un piano di sviluppo del Governo che implica lavori di ampliamento del porto in modo da poter ospitare natanti di maggiori dimensioni. Lo scopo quello di fare di Tarfaya un porto internazionale sia per quanto riguarda la movimentazione di merci sia per il turismo considerata la vicinanza con le Isole Canarie.

LAAYOUNE. I SAHARAWI SONO TUTTI FRATELLI – Ma torniamo a Laayoune. Ci arriviamo grazie all’infaticabile opera di Kamal Akridiss, responsabile europeo dell’associazione Laayoune pour le development solidaire, un ragazzo poliglotta innamorato dell’Italia e, come i suoi concittadini, pieno di buona volontĂ  e di voglia di lavorare. Grazie a lui, in pochi giorni, riusciamo ad incontrare le amministrazioni municipali e realtĂ  economiche della regione. Il Vice Sindaco del capoluogo, che rappresenta un’amministrazione composta da 39 membri di cui 7 donne, sostiene con forza che il Marocco abbia costruito abitazione e scuole per le persone, definite comunque “fratelli”, che sono nei campi profughi, e che stanno dove manca persino l’acqua, ma che in ogni momento sono benvenuti, perchĂ© sahrawi. Sahrawi che sbagliano, prendendo a prestito una definizione in voga nel lessico politico italiano qualche anno fa. Sahrawi che lucrano sul business degli aiuti umanitari. E comunque sahrawi minoritari, nei numeri e nella volontĂ , perchĂ© la maggioranza sta con Rabat e vuole autonomia, e non indipendenza. Viene fuori, da questa come da altre conversazioni, la questione geopolitica della rivalitĂ  con l’Algeria, il cui appoggio al Fronte Polisario è sempre stato subordinato alla propria volontĂ  di avere uno sbocco nell’Oceano Atlantico; e quella, altrettanto rilevante, del ruolo stabile giocato dalla monarchia alawita come fattore di stabilizzazione nel Maghreb, sconvolto da troppe pseudo – primavere arabe che hanno deposto sì satrapi e dittatori ma hanno spalancato le porte al caos e alla guerra civile.

Democrazia e sicurezza, questo offre il Regno del Marocco. Nella propaganda del Polisario, due armi a doppio taglio. Se il Marocco è una democrazia perché rifiuta il referendum chiesto con insistenza dai rappresentanti dei campi profughi di Tindouf. “Siamo per il referendum, ma non possono votare solo quelli che stanno nei campi profughi, ma anche quelli che stanno nel Sud della Regione e quelli che vivono in altre città del Marocco o all’estero”, risponde il Vice Sindaco; e non è stato il solo.

IL BERM – E la sicurezza introduce l’altro elemento dello scandalo marocchino, quello che piĂą colpisce gli ascoltatori dei racconti fatti dalle delegazioni dei campi ospitate a bizzeffe in Italia e i visitatori guidati dai capi del Fronte: il muro. Il famoso muro del Sahara Occidentale (anche noto con il termine Berm), di lunghezza superiore ai 2.720 km, costruita dal Marocco nel Sahara Occidentale, una struttura difensiva che è a tutti gli effetti una zona militare dove sono stati costruiti appositi bunker, fossati, reticolati di filo spinato e campi minati. Durante il lungo viaggio in pullman ci vengono fatti notare i punti dai quali i terroristi indipendentisti sbucavano per compiere attentati ed assaltare i mezzi di trasporto; un’esperienza terribile al riguardo l’ha avuta anche la Presidente del Sahara Media Centre, che ha avuto alcuni familiari rapiti da persone provenienti dai territori controllati dalla Repubblica Araba Saharawi Democratica, la veste istituzionale del Fronte Polisario, che ovviamente non è un soggetto di diritto internazionale. Adesso gli attentati non ci sono piĂą e la sicurezza raggiunta consente alla regione di svilupparsi, con ritmi di crescita superiori addirittura a quelli nazionali.

LO SVILUPPO DEL SAHARA MAROCCHINO – Ci sono le miniere di fosfati e la costa sull’Oceano Atlantico, considerata una delle piĂą pescose al mondo. Ci sono realizzazioni importanti per dotare di acqua potabile l’intera regione: in particolare abbiamo visitato l’impianto di dissalamento dell’acqua di mare situato a qualche chilometro da El – Marsa, il porto di Laayoune. In questo stabilimento l’acqua dell’Oceano viene depurata dalla sabbia e desalinizzata e immessa nell’acquedotto fino a servire tutta la popolazione della regione: “questa è la nostra acqua”, ci dicono fieri.

Sono stati molto curati i trasporti. La rete stradale, visto il contesto sabbioso e i precedenti bellici davvero moderna, collega tutte le regioni popolate delle province del Sud; questo contribuisce a spiegare il miglioramento del livello di vita delle popolazioni locali, la riduzione dei tassi di mortalitĂ  infantile, lo sviluppo di programmi di carattere sociale (dallo sport alle moschee). La regione di Laâyoune, è l’unica ad avere una rete di strade nazionali, ma anche il trasporto marittimo non è da meno, visto che 3 porti sono stati creati, di cui due in funzione: il porto di El-Marsa e quello di Tarfaya. Il terzo, quello di Boujdour, che è in corso di realizzazione. Questi tre porti sono dedicati alla pesca. Quello di El – Marsa, letteralmente il porto, realizzato nel 1987, permette al tempo stesso la pesca ed il trasporto di merci. Questa infrastuttura portuale ha la capacitĂ  di veicolare fino a 2 milioni di tonnellate di merce annualmente. Il fosfato fa la parte del leone, ma si può citare anche il pesce in polvere e il pesce congelato. Una zona industriale è inoltre legata a questo porto. Il porto di El-Marsa è localizzato a 25 km della cittĂ  di Laayoune. Lo Stato ha completato i lavori iniziati dalle autoritĂ  spagnole, per permettere a questo porto di diventare un mezzo di sviluppo sostenibile. Così il piano quinquennale 1981-1985 ha permesso l’allargamento della baia e la costruzione di una zona di questo porto in acque profonde. Infine il trasporto aereo ha preso il volo con l’inaugurazione dell’aeroporto di Hassan I, da parte del defunto Hassan II, all’epoca della sua visita storica a Laayoune nel 1985.

OPPORTUNITA’ DI INVESTIMENTO NEL SAHARA MAROCCHINO – Il Governo di Rabat ha varato misure volte all’attrazione di investitori che vogliano contribuire allo sviluppo della regione. A dare una mano a coloro che vogliano investire nelle province meridionali del Marocco, siano capitali marocchini che esteri, pensa il Centro Regionale di Investimenti:

Quello che facciamo noi funzionari del ‪Centro ‎Regionale d’Investimento è facilitare tutti coloro che vogliano investire nella zona,‪ ‎imprenditori e ‎societĂ , marocchine e straniere

Con queste parole semplici, chiare e senza orpelli, il responsabile della divisione che si occupa dell’aiuto alla creazione delle Imprese ci riceve nel suo ufficio di Laayoune per spiegarci il ruolo strategico che questa istituzione operante nella regione riveste nel piano nazionale di ‎sviluppo del ‎Sahara ‎Marocchino. La nascita del Centro risale al 2002, anno in cui Re ‪Mohammed VI annunciò l’intenzione di creare un’agenzia che avesse lo scopo di indirizzare gli investimenti nella regione di Laayoune-Boujdour-Sakia El Hamra e migliorare i parametri socio-economici delle regioni del ‪Sud. In quest’ottica, il Centre Regional d’Investissement rappresenta uno dei pilastri dello sviluppo del Sahara Marocchino: il CRI di Laayoune si occupa di sviluppare, consolidare e promuovere gli investimenti della regione. PiĂą nello specifico, i compiti del centro sono quelli di fornire aiuto nella creazione di business e microimprese, facilitare la partnership tra i diversi attori economici e sociali operanti nella regione, promuovere i prodotti locali su scala nazionale e internazionale e, ultimo ma non per importanza, ricercare potenziali partner sia marocchini che oltre confine.

UNA REALTĂ€ ITALIANA NEL DESERTO – Partner di oltre confine come l’italiana Italcement: quinto produttore a livello mondiale, presente in 22 Paesi nel mondo, con un fatturato superiore ai 4 miliardi di euro che nella cittĂ  principale del Sahara ‪marocchino ha un centro di macinazione del cemento. Laayoune è centro strategico per le politiche aziendali di Italcementi – Ciments du Maroc e per lo sviluppo economico dell’intera regione meridionale del Marocco: dal 1982, infatti, il consumo di cemento è cresciuto sino ad oltre le 100.000 tonnellate odierne, dato quest’ultimo suscettibile di subire un cambiamento significativo dal grande potenziale della regione. Convinti di questa realtĂ , e dopo il completamento delle infrastrutture locali necessarie (interconnessione elettrica ed estensione del #porto di #Laayoune), i vertici di Ciments du Maroc hanno intrapreso la costruzione di un centro di macinazione insaccamento e cemento vicino alla cittĂ  e il porto. Si tratta di un impianto su due linee per la frantumazione e l’imballaggio del #cemento, con una capacitĂ  produttiva annua di 250.000 tonnellate, espandibile fino a 500.000, completamente automatizzato e conforme agli standard internazionali per quel che concerne la qualitĂ  e la tutela dell’ambiente. L’impianto produttivo occupa 1130 operai.

LE ENERGIE ALTERNATIVE, IL PIANO DI SVILUPPO DEL GOVERNO MAROCCHINO – Fedele alla propria mission di operare nel pieno rispetto dell’‎ambiente e del territorio privilegiando ‪tecnologie alternative e a impatto ridotto e concentrandosi sull’approvvigionamento derivante da fonti rinnovabili, Italcementi ha realizzato un parco eolico da 5MW (investimento complessivo di cira 100 milioni di dirham). Inaugurato il 21 Ottobre 2011 alla presenza del Segretario Generale del Ministero del Marocco dell’energia, delle miniere, acqua e ambiente, Mohammed Yahya Zniber, il parco eolico rappresenta il primo impegno ufficiale di uno dei produttori di cemento piĂą grandi del mondo di realizzare un programma di azione volto a soddisfare le esigenze attuali garantendo, al contempo, un futuro sostenibile per le generazioni future. Il parco eolico Indusaha è in linea con la strategia del piano di Rabat per l’energia eolica, che fissa in 2.000 MW l’obiettivo da raggiungere entro il 2020. In questo il vento del ‎Sahara è prezioso alleato dello sviluppo del ‪‎Marocco.

Il Regno si è dotato di una strategia nazionale avente l’obiettivo primario di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento ‪energetico del Paese e la promozione delle energie rinnovabili in cui le regioni del Sahara marocchino rivestono un ruolo di primo piano grazie all’elevato potenziale nella produzione di energia elettrica per mezzo della forza del vento. ‎Eolo, Dio dei venti, infatti si dĂ  un gran da fare nella regione e soffia costante e intenso quando giunti nei pressi di Tarfaya, le bianche pale eoliche del parco rompono la monotona distesa desertica e sono diversivo e attrazione per i viaggiatori diretti verso Sud. Qui infatti vi è la sede del parco eolico‪ ‎Akhfenir, primo del continente africano (investimento di 5 miliardi di dirham) capace di generare una potenza di 301,3 MW attraverso le sue 131 ‎turbine‪ ‎Siemens che si estendono su una superficie di quasi 9.000 ettari. Il parco è certificato CDM (Clean Development Mechanism) alle Nazioni Unite e, nel 2020, dovrebbe contribuire per il 15% al raggiungimento dell’obiettivo nazionale di produrre 2.000 MW dall’eolico. L’impianto è di proprietĂ  della Holding NAREVA/GDF Suez e con la sua produzione di energia eolica permette una riduzione delle emissioni di CO2 di 900.000 tonnellate per anno e un risparmio in valuta estera di 200 milioni di ‪dollari l’anno altrimenti destinati all’importazione del ‪‎petrolio.

Andrea Pannocchia e Andrea Turi

[box type=”info” align=”” class=”” width=””]ANDREA PANNOCCHIA è Dottore di ricerca in Sociologia della Comunicazione presso l’UniversitĂ  di Firenze (FacoltĂ  di Scienze Politiche “Cesare Alfieri”), giĂ  Professore incaricato di Sociologia della Devianza e Teorie e Pratiche del Giornalismo di AttualitĂ . Giornalista pubblicista.. Autore di alcune monografie, fra le quali: monografie Еλλαδα 2013 – La crisi della Grecia raccontata dai suoi cittadini; Scenari – Riccardo Migliori e l’esperienza all’OSCE con prefazione di Franco Frattini; Gladio Storie di finti complotti e di veri patrioti con prefazione di Francesco Cossiga; Terrorismo e disturbi comunicativi.

ANDREA TURI è laureato in Giornalismo e specializzato in Scienze della Politica e dei processi decisionali all’Università degli Studi di Firenze, ha dato alle stampe il volume “Ellada 2013. La crisi della Grecia raccontata dai suoi cittadini” (Eclettica Edizioni) e pubblicato un approfondimento sulle relazioni tra Kosovo e Serbia inserito nel libro Ex Jugoslavia: gioco sporco nei Balcani (Anteo Edizioni) curato da Stefano Vernole. Appassionato di esteri, contribuisce all’edizione online di una delle riviste più prestigiose in campo di studi geopolitici.[/box]

Foto: Andoni Lubaki

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Andrea Turi
Andrea Turi

Laureato in Giornalismo e specializzato in Scienze della Politica e dei processi decisionali all’UniversitĂ  degli Studi di Firenze, ha dato alle stampe il volume “Ellada 2013. La crisi della Grecia raccontata dai suoi cittadini” (Eclettica Edizioni) e pubblicato un approfondimento sulle relazioni tra Kosovo e Serbia inserito nel libro Ex Jugoslavia: gioco sporco nei Balcani (Anteo Edizioni) curato da Stefano Vernole. Appassionato di esteri, contribuisce all’edizione online di una delle riviste piĂą prestigiose in campo di studi geopolitici.

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