Mentre la comunità internazionale si appresta ad incontrarsi alla Conferenza di Parigi 2015, appare sempre più chiaro il rapporto tra il cambiamento climatico e la sicurezza alimentare. Analizziamo i punti chiave che hanno indirizzato il dibattito internazionale dalla nascita del Protocollo di Kyoto fino ad oggi.
COS’E’ IL PROTOCOLLO DI KYOTO? – Il Protocollo di Kyoto (PK) è il primo e l’unico trattato internazionale, giuridicamente vincolante, finalizzato alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e rappresenta ad oggi il principale strumento attuativo dell’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change), ovvero la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nata nel 1992 durante il cosiddetto Earth Summit. Il PK è stato concordato durante la terza sessione della Conferenza delle Parti alla Convenzione (Conference of the Parties – COP 3) a Kyoto, in Giappone, l’11 Dicembre 1997 ed è stato aperto alla firma dal 16 Marzo 1998 al 15 Marzo 1999 presso la sede delle Nazioni Unite a New York, per poi entrare in vigore il 16 Febbraio 2005. Ad oggi, il PK conta 192 membri (191 stati e 1 organizzazione regionale di integrazione economica), a seguito della revoca del Canada avvenuta ufficialmente il 15 Dicembre 2012.
Fig. 1: l’obiettivo delle convenzioni sul clima è contenere l’aumento medio della temperatura terrestre entro i 2 gradi centigradi
QUAL È IL RUOLO GIURIDICO E POLITICO DEL PROTOCOLLO DI KYOTO? – Gli strumenti, ancora deboli, del diritto internazionale non permettono di vincolare direttamente i Paesi aderenti all’UNFCCC e di conseguenza ad adottare delle specifiche politiche nazionali in campo energetico. Per questo motivo la comunità internazionale ha preferito puntare su strumenti di mercato tali da incentivare economicamente la transazione verso nuovi modelli energetici sostenibili al fine di promuovere l’applicazione della Convenzione quadro. A tal fine è stata elaborata una strategia, di “Cap & Trade” per gestire l’inquinamento atmosferico che si traduce nella creazione di incentivi finanziari volti a ridurre le emissioni in atmosfera. Lo scambio di emissioni, disciplinato dall’articolo 17 del PK, permette ai Paesi che dispongono di unità di emissioni di CO2 di risparmiarle e rivenderle ai Paesi che non sono riusciti a raggiungere lo stesso obiettivo. Contemporaneamente, per adempiere agli obblighi assunti, i Paesi parte alla Convenzione sono chiamati ad incrementare le politiche interne e le relative misure di gestione e riduzione delle fonti di emissione collocate nel territorio nazionale, ovvero industrie, trasporti, rifiuti, gestione forestale ed agricoltura. Sono proprio le emissioni derivanti dalla produzione animale e vegetale ad essere aumentate quasi del 14% dal 2001 al 2011, in conseguenza di un’espansione della produzione agricola globale. Il cambiamento climatico ha infatti avuto un forte impatto sulla crisi dei prezzi alimentari, cosi come sull’agricoltura e la sicurezza alimentare (food security) nei Paesi in via di sviluppo. Come definito all’articolo 2 (iii) del PK, al fine di promuovere uno sviluppo sostenibile, gli Stati membri si impegnano, tra l’altro, a sostenere “forme di agricoltura sostenibile alla luce delle considerazioni sul cambiamento climatico”. Il riscaldamento globale ha inciso sulla produzione agricola e conseguentemente sulla sicurezza alimentare su diversi fronti tra cui 4 risultano essere i più intuitivi e immediati da comprendere. Primo, l’aumento delle temperature porta a livelli di stress termico che aumentano la sterilità delle piante e abbassano dunque la produttività complessiva. Di conseguenza l’evaporazione dell’acqua aumenta il fabbisogno idrico e riduce la disponibilità di H2O. Il cambiamento climatico, la scarsità d’acqua e il calo della produttività agricola possono facilmente generare tensioni regionali e statali per l’accesso alle risorse idriche, già causa di conflitti interni ed internazionali. In terzo luogo, il cambiamento della durata e dell’alternanza delle stagioni sta diventando sempre più imprevedibile, generando un bisogno di modernizzazione delle tecniche agricole. Infine, a causa dell’innalzamento del livello del mare, l’acqua salata contamina le falde acquifere costiere che forniscono le riserve di acqua utile sia ai bisogni umani sia alla produttività agricola. Il cambiamento climatico antropico (umano-indotto) ha dunque il potenziale necessario a trasformare completamente la produzione agricola mondiale e allo stesso tempo a distruggere gli obiettivi raggiunti nell’ambito della sicurezza alimentare e della riduzione della povertà.
IN CHE MODO L’ACCORDO DI DURBAN HA RINNOVATO IL PROTOCOLLO DI KYOTO? – Il rinnovo del PK, che sarebbe dovuto “scadere” il 1° Gennaio 2013, è stato siglato durante la 17sima Conferenza delle Parti (COP) tenutasi a Durban, in Sud Africa. L’ 11 Dicembre 2011, due giorni dopo la chiusura ufficiale della Conferenza, i delegati degli Stati partecipanti hanno raggiunto un compromesso in extremis al fine di concordare la Piattaforma di Durban per un’azione rinforzata (Durban Platform for Enhanced Action). L’Accordo di Durban ha stabilito il prossimo appuntamento cui gli Stati dovranno presentarsi con nuove proposte per redigere una “road map” più severa nonché un nuovo protocollo o un altro strumento giuridico contro le emissioni di CO2. Il nuovo testo, già predisposto durante la Conferenza di Lima (Dicembre 2014), che vedremo delinearsi a Parigi, tra il 20 Novembre e l’11 Dicembre 2015, entrerà però in vigore solo a partire dal 2020. La seconda fase del PK non si è aperta con grandi risultati, considerando che Usa, Cina, Giappone e Canada sono rimasti fuori dall’accordo ed inoltre non sono stati elaborati strumenti finanziari e meccanismi adeguati al fine di aiutare i Paesi emergenti ad affrontare le principali sfide legate al nuovo accordo. O meglio, il tutto è stato rinviato al 2015. Tuttavia, alcuni passi in avanti sono stati fatti a livello politico con l’apertura di riflessioni e considerazioni sul rapporto che lega il cambiamento climatico all’agricoltura e alla sicurezza alimentare. È infatti la prima volta che la UNFCCC ha adottato una decisione sull’agricoltura, sottolineando l’importanza della climate smart agriculture (CSA). Il CSA è stato proposto come il metodo in grado di affrontare le sfide mosse dal cambiamento climatico e dalla sicurezza alimentare, basandosi su tre obiettivi principali: aumento sostenibile della produttività agricola, creazione di un meccanismo in grado di controllare i sistemi agricoli e di food security, riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra provenienti dall’agricoltura. L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Food and Agriculture Organization of the United Nations – FAO), l’Istituto Specializzato dell’ONU che si occupa di garantire la sicurezza alimentare globale, ha infatti stimato che, all’alba del 2050, sarà necessario aumentare la produzione agricola di circa il 60% al fine di nutrire la popolazione mondiale e che le maggiori ripercussioni ci saranno nei Paesi a basso reddito, dove la capacità di adattamento è più debole.
Fig. 2: riusciranno i leader politici ad accontentare gli attivisti contro il cambiamento climatico?
QUALI SONO LE PROSSIME SFIDE E QUALE IL RUOLO DEGLI ATTORI INTERNAZIONALI? – Il supporto politico riscontrato durante la 17sima COP di Durban ha testimoniato la necessità di un’azione completa che includa sia la certezza giuridica degli accordi internazionali, sia una politica economica all’altezza delle problematiche. L’incertezza legata all’inefficacia sanzionatoria del PK che può essere facilmente oltrepassata dagli Stati membri è un grave punto di stallo per le future trattative che si delineeranno fra qualche mese in occasione della 21esima COP di Parigi. Esemplare al tal proposito è il caso del Canada che si è ritirato dal Protocollo proprio nel momento in cui non è stato in grado di dimostrare di aver raggiunto gli obiettivi a cui si era vincolato, evitando così una multa di 14 milioni di dollari. La mancanza di accordi su una chiara politica economica interna alla UNFCCC genera pesanti rallentamenti durante le negoziazioni. Ad esempio, per alcuni Paesi il settore agricolo è economicamente più rilevante che per altri, diventando merce di scambio durante i negoziati, mentre altri ritengono che includere l’agricoltura nelle trattative significherebbe imporre delle barriere commerciali. A ciò si aggiungono singoli gruppi d’interesse che temono la perdita di finanziamenti. Questo quadro delinea le difficoltà che dovranno essere affrontare e le soluzioni che dovranno essere presentate al tavolo delle trattative dai delegati degli Stati membri all’UNFCCC durante la Conferenza di Parigi. Sulla base di quest’ultima si potrà avviare la discussione dell’Ad Hoc Working Group on the Durban Platform for Enhanced Action, che si terrà a Bonn, in Germania, tra il 1 e l’11 Giugno 2015. Nel frattempo, il 17 Aprile a Ginevra, Roberto Azevêdo, Direttore Generale dell’Organizzazione mondiale del Commercio (World Trade Organization – WTO), e José Graziano da Silva, Direttore Generale della FAO, hanno annunciato la volontà di rafforzare la loro collaborazione e assistenza reciproca sulle questioni riguardanti il commercio e la sicurezza alimentare. Al lato delle trattative formali, non bisogna sottostimare l’importanza degli eventi internazionali, come Expo 2015 – “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Proprio in occasione della presentazione dell’evento, José Graziano da Silva ha sottolineato l’importanza del diritto al cibo e l’auspicio che l’esposizione universale richiami l’opinione pubblica sull’urgenza e la necessità che l’eliminazione della fame e la nutrizione siano al centro dell’Agenda globale per lo sviluppo. Questi argomenti contribuiranno a redigere la Carta di Milano, ovvero il documento che sarà il lascito di Expo 2015 e che raccoglierà le dichiarazioni di principio e i relativi piani d’azione che potranno guidare lo sviluppo sostenibile e delineare i futuri sistemi alimentari. Da questa riflessione emerge dunque il bisogno per tutti i Paesi di ratificare ed implementare il Protocollo di Kyoto. Come espressamente ricordato da Poul Nielson, Commissario europeo per lo Sviluppo e gli Aiuti umanitari, durante la conferenza internazionale “Sustainable Food Security for all”, tenutasi a Bonn il 4-6 Settembre 2001, le questioni del surriscaldamento globale, la desertificazione, il potenziale declino della produttività agricola e la sicurezza alimentare non sono gli argomenti di una conferenza, ma imperativi morali, nonché vere sfide alla sopravvivenza.
Eleonora Lombardi
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Un chicco in più
Per maggiori informazioni sulla Conferenza delle Parti (COP21) che si terrà a Parigi è possibile consultare il sito ufficiale.
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