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La strategia nucleare della Corea del Nord

Miscela Strategica – La Corea del Nord è considerata l’attore piĂą inaffidabile del contesto geopolitico mondiale. L’ambizione nucleare dei suoi leader contrasta altamente con le condizioni di vita della sua popolazione, la quale vive di stenti nonostante la vivace propaganda. La scelta di perseguire una strategia nucleare è, tuttavia, dettata da ponderate motivazioni di identitĂ , sicurezza e crescita economica

L’ATTORE INAFFIDABILE – La Corea del Nord è considerata – non senza ragioni – l’attore inaffidabile dell’area asiatica. Situato tra Corea del Sud, Giappone, Russia e Cina, il Paese di soli 24 milioni di abitanti riesce efficacemente a destabilizzare le politiche militari ed estere dei suoi vicini e dei loro alleati. Fonte – ovvia – di preoccupazione per il “gemello” del sud, la Corea del Nord ricorre ad una retorica violenta anche verso il Giappone, reo di essere partner militare privilegiato statunitense, e gli Stati Uniti stessi. Questi ultimi, nonostante la distanza geografica, sono costantemente l’oggetto delle provocazioni nordcoreane e l’obiettivo finale per cui il Paese asiatico sviluppa vettori a lungo raggio.

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Il numeri del nucleare nordcoreano

  • Arsenale nucleare coreano stimato in 10 testate.
  • CapacitĂ  di sviluppo stimate in 1 testata all’anno.
  • Test nucleari effettuati ad oggi: 3.

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SICUREZZA O IDENTITÀ – I motivi che hanno spinto la Corea del Nord a fornirsi di armi nucleari sono quelli relativi alla sicurezza del Paese. Diversamente dalle superpotenze durante la Guerra fredda, tuttavia, la postura del Regno eremita non è giustificata dalla classica dottrina nucleare del mutual destruction e del massive retaliation ma, piuttosto, da una dottrina che si focalizza su un asymmetric escalation in caso di invasione e di assured retailation in tempo di pace. Tale strategia, tipica di potenze nucleari regionali con capacità limitate, ha fatto, con il tempo, della dottrina nucleare di Pyongyang una pietra angolare della sua stessa identità come Paese. Tale chiave di lettura ci permette di meglio comprendere i regolari exploit della Corea del Nord, che vede nello sviluppo di una forza militare un elemento cardine della propria identità e indipendenza nella dialettica di “un Paese contro il mondo” e non solo una chip diplomatica da utilizzare quando necessario.

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Fig. 1 – Una statua di Kim Il-Sung a Pyongyang

AIUTI ECONOMICI – Le scelte isolazioniste del Paese, unite all’embargo internazionale, determinano una crescita economica molto bassa nonostante l’abbondante e giovane forza lavoro. La strategia economica è, quindi, un ulteriore elemento da tenere in considerazione nella scelta di Pyongyang di perseguire una piano destabilizzante, visto che il Paese vede la possibilitĂ  di favorire il proprio sviluppo economico attraverso accordi con le potenze mondiali. Nel 2007, ad esempio, in seguito allo spegnimento del suo principale sito nucleare – un piccolo reattore dalla modesta capacitĂ  di 5 MW – ricevette 50.000 tonnellate di petrolio dalla Corea del Sud: se tale sito sarĂ  mantenuto spento altre 950.000 tonnellate verranno elargite nel corso degli anni. Svariati aiuti sono stati forniti nel tempo in cambio di concessioni sul blocco del piano di sviluppo atomico. Ciò determina, tra le altre cose, un contesto favorevole alla perpetuazione del potere all’interno della Repubblica Popolare Coreana, che non deve essere dimenticato. Tale dinamica, comune a tutti i Paesi non democratici, vede nella crescita economica una sorgente di legittimitĂ  necessaria, in questo caso rinforzata dalla dialettica nazionalista e d’indipendenza rispetto al contesto internazionale nella doppia chiave di sopravvivenza e crescita economica.

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Fig. 2 – Un missile balistico di tipo Taepodong

LA NUOVA LEADERSHIP – PerchĂ© la strategia odierna di Pyongyang sia chiara, è necessario aggiungere un terzo elemento di riflessione alla nostra analisi: la – controversa – figura di Kim Jong-un. Erede della dinastia dei Kim, il giovane dittatore – educato in Occidente – si è dimostrato capace di prendere saldamente le redini del suo Governo. Protagonista di colorite storie e macabri metodi di uccisione – quasi sempre falsi – la propaganda della Corea del Sud lo ha dipinto come un personaggio eclettico e caricaturale. Ciò che c’è di vero, tuttavia, è la sua mano ferma al potere e la posizione piĂą assertiva nella politica estera, come dimostrato dai frequenti scontri tra vedette della Marina delle due Coree.

LE CONSEGUENZE – La vivace aggressivitĂ  di Kim Jong-un stride fortemente con lo stile pacato – ma altrettanto assertivo – del Presidente cinese Xi. Se le relazioni tra i due Paesi non sono mai state idilliache, entrambi hanno storicamente giovato l’uno dell’altro nell’arena internazionale. Da una parte, la Cina ha potuto utilizzare la sua influenza su nell’arena internazionale utilizzandola come bargaining chip, dall’altra la Corea ha potuto continuare nei suoi periodici exploit grazie alla protezione del suo “padre-padrone”. I due nuovi leader, tuttavia, non hanno un gran feeling, e le relazioni tra i due Paesi si stanno deteriorando a causa delle continue uscite di Kim Jong-un, reo di non consultare preventivamente l’alleato. Tale fattore pesa anche nei rapporti con la Corea del Sud, con la quale sono state sospese alcune attivitĂ  in comune, come le fabbriche di KaesĹŹng, e con il Giappone.

POSSIBILI CAMBIAMENTI

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[tab_title] Leadership[/tab_title]
[tab_title] Strategia[/tab_title]
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[tab] La leadership di Kim Jong-un in Corea è ancora in una fase iniziale di consolidamento, così come dimostrato dalle frequenti esecuzioni all’interno del suo stato maggiore. Un golpe interno per deporlo da parte delle forze armate è, pertanto, una possibilità da non sottovalutare.[/tab]
[tab] La strategia nucleare coreana si fonda sulla deterrenza di un attacco e un’eventuale risposta asimmetrica con le armi nucleari in caso di guerra. Per far ciò un piccolo arsenale è sufficiente. La strategia di Pyongyang è, tuttavia, suscettibile di un drastico cambiamento che può facilmente essere impresso dal suo leader: rendere lo sviluppo nucleare prioritario nell’economia pianificata del Regno eremita renderebbe vani gli sforzi dell’embargo americano di limitarne l’arsenale quantitativamente e qualitativamente. Alla base di un tale cambio di strategia sarebbero i due elementi sopra riportati: la nuova leadership di Kim Jong-un e l’allontanamento diplomatico dalla Cina, padre-padrone che limita la necessità di una postura aggressiva[/tab]
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Fig. 3 – Soldati nord coreani sfilano a piazza Kim Il-Sung

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RISCHI

  • Rischio significativo legato allo sviluppo di una tecnologia nucleare avanzata è quello determinato dall’eventuale vendita di ordigni o technology transfer verso organizzazioni terroristiche o rogue state.
  • Il disallineamento degli interessi sino-coreani potrebbe portare una corsa agli armamenti nordcoreana. Il trade-off tra identitĂ  e sicurezza verrebbe rotto a favore di uno sviluppo di un armamento nucleare non piĂą difensivo ma aggressivo, al fine di compensare la perdita del protettore cinese sulla scena internazionale.

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[box type=”note” align=”aligncenter” class=”” width=””]

VARIABILI

  • Posizione cinese; con la situazione nel Mare Meridionale Cinese sempre piĂą calda, è possibile che la Cina abbia un temporaneo disinteresse per la questione coreana a fronte dei propri problemi di sicurezza.
  • Crescita economica della Corea del Nord; in quanto economia chiusa, un singolo cattivo raccolto può distruggere l’economia coreana e farla ricorrere a i vecchi trucchi di “crisi-risoluzione” per ottenere aiuti.
  • Leadership nordcoreana; le decisioni di Kim Jong-un e del suo stretto circolo sono difficilmente prevedibili, come’è ampliamente evidente.[/box]

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Federico G. Barbuto

 

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Federico G. Barbuto
Federico G. Barbuto

Laureato in Scienze Politiche alla LUISS di Roma, dove ho anche conseguito un MA in International Relations, mi sono trasferito in Cina nel 2012 dove ho ottenuto un MA in Economics presso la Renmin University of China. Dopo aver lavorato in una compagnia di investimenti mi sono trasferito prima in Colombia e poi in Belgio, dove lavoro nel mondo dell’UE.

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