Caffè Ristretto – 12 aprile 1861: le forze confederate cannoneggiano Fort Sumter, nella baia di Charleston, costringendo la guarnigione federale alla resa. È l’evento che dà il via alla guerra civile americana, destinata a cambiare per sempre il volto degli Stati Uniti.
Il bombardamento di Fort Sumter è la scintilla che fa esplodere definitivamente le divisioni di una giovane repubblica americana sempre più instabile e irrequieta. La costante crescita economica e territoriale del Paese ha infatti aumentato le tensioni tra gli Stati del Sud, agricoli e schiavisti, e quelli del Nord, liberi e in via di industralizzazione. Il principale punto di attrito è il futuro della schiavitù nei territori di nuova colonizzazione dell’Ovest: mentre il Sud vuole estendere l’istituzione schiavista a tali regioni, con l’obiettivo anche di preservare la propria egemonia politica nazionale, il Nord punta invece ad aprirle esclusivamente a coloni bianchi liberi e alla piccola proprietà terriera. Allo stesso tempo emerge un attivo movimento abolizionista, che – seppur minoritario – rafforza l’ostilità del Nord verso il sistema schiavista. Vari tentativi di compromesso tra le due sezioni si rivelano effimeri e il Paese è sempre più segnato da gravi episodi di violenza, come la sanguinosa guerriglia tra coloni schiavisti e anti-schiavisti nel Kansas. Un drammatico punto di rottura viente infine raggiunto con le elezioni presidenziali del novembre 1860, vinte dal candidato repubblicano Abraham Lincoln. Temendo un’Amministrazione apertamente abolizionista, sette Stati del Sud (South Carolina, Georgia, Florida, Alabama, Mississippi, Louisiana, Texas) votano la secessione dagli Stati Uniti e danno vita a una nuova nazione, gli Stati Confederati d’America, con Presidente Jefferson Davis. L’obiettivo è garantire la sopravvivenza della schiavitù, giudicata fondamentale per la prosperità economica e l’ordine sociale degli Stati secessionisti.
Sin dall’inizio Lincoln è ostile alla secessione, ma non sa come affrontare la crisi e deve anche fare i conti con un’opinione pubblica incerta e confusa. Il Governo federale non sembra avere neanche la forza per riaffermare la propria autorità negli Stati secessionisti: la maggior parte dei forti e degli arsenali locali finisce infatti pacificamente nelle mani dei “ribelli”, che sono quindi in grado di costruire una propria forza militare. Restano in mano federale solo un pugno di strutture, tra cui Fort Sumter, situato su un isolotto nella baia di Charleston. Ed è proprio quest’ultimo a diventare il centro di un braccio di ferro tra Washington e la neonata Confederazione. La volontà di Lincoln di rifornire via mare la guarnigione spinge infine i confederati a bombardare il forte, costringendo il suo comandante a capitolare dopo poche ore. L’evento provoca viva indignazione nel Nord e consente a Lincoln di chiamare alle armi settantamila volontari per reprimere l’insurrezione secessionista nel Sud. La misura provoca la secessione di altri quattro Stati (Virginia, Arkansas, North Carolina, Tennessee), ma galvanizza l’opinione pubblica nordista e porta gradualmente alla nascita di un vasto esercito per restaurare l’Unione e punire i “ribelli”. A tali obiettivi si aggiunge successivamente quello dell’abolizione della schiavitù, vista come il “peccato originale” all’origine della guerra civile. Tale abolizione viene portata a termine prima con il proclama di emancipazione nel 1863, diretto ai soli territori in mano confederata, e poi con l’approvazione del tredicesimo emendamento nel 1865, che abolisce la schiavitù in tutta la nazione.
La guerra dura quattro anni e devasta ampie regioni del Paese, costando la vita a oltre mezzo milione di americani. Nella primavera del 1865 la Confederazione crolla militarmente e si arrende all’Unione, ma Lincoln non riesce a guidare il processo di ricostruzione: viene infatti assassinato pochi giorni dopo la resa delle forze confederate in Virginia. I suoi successori si mostreranno politicamente meno abili e la riunificazione del Paese avverrà soprattutto a spese degli schiavi liberati, vittime di razzismo e segregazionismo in molti Stati sia del Nord che del Sud.
La guerra civile trasforma profondamente la struttura interna degli Stati Uniti e getta le basi della loro attuale potenza globale. Ma lascia anche al Paese una serie di pesanti nodi irrisolti, tra cui la persistente emarginazione della comunità afroamericana, e la sua memoria divisa continua ad alimentare aspri dibattiti politici e culturali, ben rappresentati dalle recenti polemiche sui monumenti confederati e sui giudizi “storici” dell’ex Presidente Trump.
Simone Pelizza
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