In 3 sorsi – Le recenti elezioni parlamentari in Polonia hanno sancito il ritorno del partito nazionalista di centro destra di Jarosław Kaczyński. È parere diffuso che i risultati di queste elezioni avranno importanti riflessi nella gestione di alcuni aspetti fondamentali della politica estera europea, in primo luogo i rapporti con la Russia. Di primaria importanza, inoltre, è il nuovo assetto regionale che la Polonia intenderà offrire ai suoi partner del settore orientale e la cooperazione con la NATO, il tutto a possibile discapito dei buoni rapporti finora esistiti con la Germania della cancelliera Merkel.
1. I FATTI – Lo scorso 25 ottobre 2015 l’elettorato polacco ha, senza molte sorprese, affidato la responsabilità di governare il Paese per i prossimi anni al partito di Jarosław Kaczyński, Diritto e Giustizia (in lingua originale PiS, Prawo i Sprawiedliwość), spodestando di fatto la precedente gestione di Piattaforma Civica, il partito fondato da Donald Tusk, attuale presidente del Consiglio europeo, nonché primo ministro polacco dal 2007 al 2014 (anno in cui è stato appunto designato successore di Herman Van Rompuy).
I risultati delle elezioni polacche, oltre a riproporre l’alternanza democratica, ha però anche portato a due risultati per certi versi inaspettati e sorprendenti: infatti, per la prima volta nella storia della Polonia post-comunista, nessun partito di sinistra è riuscito ad entrare in Parlamento; in secondo luogo, il partito di Giustizia e Libertà è la prima formazione politica polacca a guadagnare la maggioranza assoluta dei seggi, assicurandosi pertanto la facoltà di governare senza ricorrere ad alcuna coalizione con altri partiti presenti all’interno della Sejm (la camera bassa).
Nonostante però i proclami del presidente Kaczyński – fratello gemello di Lech, Presidente della Polonia deceduto nel 2010 nel misterioso incidente aereo di Smolensk – a proposito della volontà di “Orbanizzare” la Polonia, vi è da rilevare che il Governo che sarà diretto da Beata Szydlo, Primo ministro designato da Kaczyński stesso, non dispone della maggioranza dei due terzi necessaria a modificare la Costituzione polacca. Probabilmente l’unica, e magra, consolazione per i burocrati di Bruxelles, al momento abbastanza scossi da questo risultato.
Fig. 1 – Il Primo ministro designato, Beata Szydlo, e alla sua sinistra il presidente del partito Diritto e Giustizia, Jarosław Kaczyński.
2. LE QUESTIONI PIU’ PROBLEMATICHE – La vittoria di Diritto e Giustizia, infatti, solleva alcune importanti questioni proprio nell’ambito dei possibili cambiamenti che questo risultato porterà in seno alla gestione degli affari europei, non solo a livello economico, ma anche a quello della gestione della politica estera e delle relazioni internazionali.
A detta di molti osservatori, infatti, il ritorno al potere di Giustizia e Diritto avrà delle importanti ripercussioni nel rapporto tra la Polonia e alcuni partner europei, in modo particolare con la Germania. Sebbene in campo economico le relazioni tra i due Paesi possano definirsi come floride e proficue (un quarto dell’export polacco si dirige proprio verso Berlino), il cambio di leadership polacco andrà molto probabilmente a corrodere il consenso reciproco su alcuni punti relativi ai buoni rapporti in ambito europeo. Il primo possibile oggetto di scontro potrebbe essere rappresentato dal rifiuto di Varsavia di rinunciare drasticamente al proprio approvvigionamento energetico offerto dalla vasta industria nazionale del carbone, ponendo in seria discussione l’obiettivo della riduzione a livello europeo del 40% delle emissioni nocive entro il 2030, così come stabilito dal summit di Bruxelles del 2014. Non solo questo però: così come affermato da alcuni esponenti del partito vincitore, la Polonia potrebbe anche chiedere una clausola di opt-out per quanto riguarda proprio le norme sulla riduzione delle emissioni dei gas serra, sostenendo come il settore carbonifero sia di vitale e strategica importanza per l’economia polacca, meritando così di ricevere un “trattamento speciale” da parte dell’Unione europea. Una richiesta che potrebbe non essere gradita dalla Germania.
Passando invece agli aspetti di politica estera e di sicurezza che queste elezioni andranno inevitabilmente ad influenzare, vi sono da registrare alcuni punti di estremo interesse. Come già anticipato nel primo paragrafo, il modello di governo e comportamento del leader ungherese Orbàn è ampiamente apprezzato e condiviso dal partito di Kaczyński, tanto che quest’ultimo, proprio in campagna elettorale, non ha esitato a sfruttare il tema della crisi dei migranti a suo favore, usando gli stessi toni del leader ungherese, paventando un “rischio epidemie” qualora la situazione non riceva una adeguata soluzione.
Se però dal punto di vista della retorica nazionalista e a tratti xenofoba, il nuovo Governo polacco tenda ad assomigliare molto a quello di Budapest, se ne discosta profondamente per quanto riguarda i rapporti con la Russia, i quali, secondo molti osservatori, subiranno un ulteriore irrigidimento nei tempi futuri. Senza prendere eccessivamente in considerazione la già citata morte dell’allora gemello Presidente (da sempre ritenuta da parte di Jarosław provocata dalla mano russa), forti sono le critiche che il nuovo partito al potere rivolge verso l’ammorbidimento delle relazioni tra Polonia e Russia realizzatesi sotto l’ultimo governo di Tusk. In particolare il riferimento è all’atteggiamento di indulgenza mostrato nei confronti della decisione tedesca di non permettere l’insediamento di una base NATO nel territorio polacco, così come invece caldeggiato fortemente nell’ultima campagna elettorale di Giustizia e Diritto. La volontà tedesca di mantenere quanto più valide e aperte le relazioni con la Russia, evitando mosse suscettibili di creare nervosismo a Mosca, come l’apertura di una base militare nei Paesi europei dell’ex blocco sovietico, si scontra inevitabilmente con i desideri di sicurezza polacchi, mai realmente sopiti, e acutizzatisi particolarmente dopo la crisi ucraina del 2014.
Sembra quindi probabile, così come dichiarato da Witold Waszczykowski, il probabile futuro ministro degli Esteri polacco, un ulteriore rafforzamento della cooperazione tra la NATO e la Polonia, finalizzata anche alla realizzazione di un ambizioso programma di ammodernamento degli armamenti militari, proprio con una particolare attenzione alla cooperazione bilaterale Polonia – Stati Uniti e alla industria nazionale.
Fig. 2 – Una immagine dall’ultimo vertice del Gruppo di Visegrad.
3. PRIME CONSIDERAZIONI – È ancora presto per dettare conclusioni certe e inequivocabili, soprattutto alla luce dei pochi, ma principali, punti poco sopra esposti. Ciò che risulta abbastanza certo è che i risultati delle elezioni polacche non sembrano favorire l’armonia e la concordia all’interno dell’Unione europea. I possibili terreni di scontro con la Germania avranno grande importanza. La dichiarata ostilità della Polonia verso il Cremlino potrebbe ostacolare la ripresa del dialogo con Mosca, rischiando di mantenere l’UE divisa nel confronto con la sempre più audace politica estera di Putin.
Non da ultimo, potrebbe essere altamente probabile uno spostamento del baricentro e dell’interesse polacco verso la propria macro regione di appartenenza, ovvero il cosiddetto Gruppo di Visegrad, al quale si potrebbe unire anche la Romania, e verso la regione baltica, da sempre sostenitrice delle iniziative di Varsavia, al fine di tentare uno spostamento degli equilibri e dei processi decisionali in ambito di sicurezza dalla parte più occidentale dell’Europa (si legga Germania e Francia) verso invece il settore orientale dell’Unione, di cui la Polonia pare essersi già candidata come leader regionale.
È ancora prematuro giungere a conclusioni definitive, ma se le intenzioni non saranno tradite dai fatti il cambio di Governo polacco potrebbe davvero innescare un processo di regionalizzazione molto importante, basato principalmente su due grandi aspetti della vita di uno Stato, ovvero l’economia e la sicurezza. Una tale regionalizzazione potrebbe rappresentare un’ulteriore spina nel fianco al processo di integrazione europea.
Fulvio Milesi
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Un chicco in più
Il Gruppo di Visegrad (abbreviato V4) è una alleanza creatasi tra Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria a partire dal 15 gennaio 1991, presso la città ungherese di Visegrad (dal 1993 i paesi saranno quattro, a seguito della separazione tra Repubblica Ceca e Slovacchia). Trattasi sostanzialmente di una alleanza sorta per rafforzare la cooperazione tra questi Paesi, tutti provenienti dalla appartenenza al blocco sovietico, al fine di guadagnare quanto prima l’adesione alla Unione europea. Nonostante tutti i Paesi siano membri UE, solo la Slovacchia al momento ha adottato l’Euro come moneta. La cooperazione si realizza sostanzialmente nei campi della cultura, dell’educazione, dell’economia e della scienza. [/box]
Foto: bolandrotor