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Lo sguardo del sinodo sul mondo

Comincia oggi una nuova rubrica sulla diplomazia della Santa Sede, soggetto giuridico pienamente inserito nelle relazioni internazionali. Qual è la visione del Vaticano sul mondo? Iniziamo parlando delle implicazioni che il sinodo sulla famiglia avrà per il dibattito su alcune importanti questioni globali.

IL SINODO, EVENTO GLOBALE – Il sinodo ordinario sulla famiglia, da poco concluso, rischia di essere ricordato solo per le discussioni suscitate dai temi considerati più “caldi” dal mainstream giornalistico. A fronte di un documento conclusivo di ben 94 paragrafi, tutti votati singolarmente dai padri sinodali, solo quelli dedicati alla questione dei divorziati risposati (nn. 84, 85, 86), sono stati considerati meritevoli di attenzione da parte dei media. Un po’ poco, se si pensa che la Relatio finalis è il frutto di un confronto sul tema della famiglia che ha coinvolto per tre settimane 270 padri sinodali provenienti da tutto il mondo. A ben guardare è proprio la dimensione del “mondo”, di per sé intrinseca a una fede che si definisce cattolica (cioè universale, secondo l’etimo greco), a essere stata poco valorizzata nei commenti della stampa. Invece è qui, a nostro avviso, che sta l’eccezionalità di un momento come il sinodo, che si può considerare, per molti aspetti, un evento globale. Nel corso dei lavori il tema della famiglia è stato approfondito e declinato secondo le peculiarità tipiche di ogni contesto culturale e geografico. Il documento conclusivo ha cercato di tenere conto di tutte le osservazioni sollevate dai padri sinodali, offrendo per ogni tema uno sguardo di sintesi. Si tratta – è bene ricordarlo – di un testo che ha il solo scopo di presentare al Papa i risultati del lavoro svolto dall’assemblea. Come ha ricordato infatti lo stesso Francesco, il sinodo dei vescovi «non è un Parlamento», ma uno strumento collegiale di supporto al magistero del pontefice (istituito nel 1965 da Paolo VI). Per rendersi conto di come papa Francesco avrà tenuto conto delle indicazioni del sinodo bisognerà dunque attendere l’uscita dell’esortazione post-sinodale, prevista per il prossimo anno.

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Fig. 1 – Papa Francesco si rivolge all’Assemblea Generale dell’ONU

LA VISIONE DEL MONDO DEL SINODO – In attesa di conoscere le decisioni del Papa, ci si può intanto chiedere quale sia la visione del mondo che emerge dalla Relatio, in cui vengono presentate le diverse problematiche che, a livello planetario, stanno mettendo alla prova la tenuta della famiglia come cellula fondamentale della società. Si tratta di temi che costituiscono già parte integrante dell’agenda di papa Francesco, e allo stesso tempo rappresentano un’utile bussola per capire le priorità e le direttive che potranno segnare nel prossimo futuro l’azione internazionale della Santa Sede. Fin dalle battute iniziali, il documento individua in un «cambiamento antropologico» trasversale a tutte le culture il principale fattore di sfida per la famiglia (§ 7). A tale cambiamento sono connessi fenomeni quali la crescente frammentazione del contesto sociale (§ 11) e la diminuzione del tasso di natalità in vaste aree del pianeta (§ 7, 62). La crisi dell’istituto familiare viene ricondotta a fattori di natura sia culturale-religiosa – come la crescente secolarizzazione, che rende la fede un fatto «non più socialmente condiviso» -, sia politica – ovvero «una legislazione civile che compromette il matrimonio e la famiglia» (§ 25). Tra gli orientamenti legislativi più nocivi in questo senso i padri sinodali, in sintonia con quanto più volte affermato da papa Francesco, mettono in luce quelli influenzati dalla cosiddetta ideologia del gender, «che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna» (§ 8). Anche l’eutanasia e il suicidio assistito, legalizzati in molti Stati, sono considerati «gravi minacce per le famiglie in tutto il mondo» (§ 20). In merito all’equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio, il sinodo – riprendendo una formulazione già adottata nel documento preparatorio (Instrumentum laboris) – giudica «del tutto inaccettabile che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso» (§ 76).

IL SINODO E L’AGENDA 2030 – Sul delicato tema dell’aborto la presa di distanza dei padri sinodali dagli orientamenti prevalenti nell’attuale panorama internazionale è altrettanto netta. Particolarmente densa di implicazioni appare l’affermazione secondo cui «il calo demografico, dovuto ad una mentalità antinatalista e promosso dalle politiche mondiali di “salute riproduttiva”, minaccia il legame tra le generazioni. Ne deriva anche un impoverimento economico e una generalizzata perdita di speranza» (§ 32). L’utilizzo dell’espressione “salute riproduttiva” non è casuale: essa figura più volte anche all’interno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per il 2030 (Sustainable Development Goals) approvati dall’Assemblea Generale dell’ONU alla fine dello scorso settembre (si vedano in particolare i § 3.7 e 5.6). L’inserimento negli obiettivi di sviluppo delle Nazioni Unite di un esplicito impegno a favore di politiche che, come è noto, comprendono nell’ambigua nozione di “salute riproduttiva” anche l’aborto, è stato duramente criticato nei mesi passati da vari esponenti della diplomazia della Santa Sede. L’ultimo intervento su questi temi in ordine di tempo è quello dell’osservatore permanente presso le Nazioni Unite, monsignor Bernardito Auza, che il 30 ottobre 2015 ha richiamato l’attenzione dell’Assemblea Generale sulla necessità di tutelare il diritto alla vita per tutti, dal concepimento alla morte naturale. Nella stessa linea si inserisce la Relatio finalis del sinodo, che al § 63 condanna «gli interventi coercitivi dello Stato a favore di contraccezione, sterilizzazione o addirittura aborto», e al § 64 richiama per gli operatori sanitari «l’obbligo morale dell’obiezione di coscienza».

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Fig. 2 – La veglia di preghiera in Piazza San Pietro alla vigilia del sinodo sulla famiglia

LA QUESTIONE MIGRATORIA – Sempre nell’ottica di una difesa integrale del diritto alla vita, la Relatio non manca di denunciare le persecuzioni dei cristiani in atto in vari Paesi, in particolare nel Medio Oriente, che sono all’origine di imponenti flussi migratori (§ 9). A questo riguardo viene sottolineata l’insufficienza degli sforzi finora prodotti dalla comunità internazionale per fermare l’esodo delle famiglie cristiane (§ 24). Il documento guarda, d’altra parte, anche a ulteriori, drammatici fenomeni legati all’immigrazione, in particolare quelli gestiti da «circuiti internazionali di tratta degli esseri umani». Su questo punto si registra peraltro una convergenza tra le preoccupazioni della Santa Sede e gli obiettivi di sviluppo dell’ONU, sottolineata anche dal messaggio del Papa alla conferenza organizzata dal “Gruppo Santa Marta” alla fine di ottobre. L’invito rivolto dai padri sinodali, sulla scorta dell’insegnamento di Francesco, è quello di guardare ai migranti non solo in termini di “regolarità” o “irregolarità”, ma come «persone che, tutelate nella loro dignità, possono contribuire al benessere e al progresso di tutti, in particolar modo quando assumono responsabilmente dei doveri nei confronti di chi li accoglie, rispettando con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del Paese che li ospita, obbedendo alle sue leggi e contribuendo ai suoi oneri» (§ 23). Volendo riassumere in poche parole l’interpretazione del contesto odierno che emerge dalla relazione, si può dire che per il sinodo l’attuale crisi della famiglia sia in larga parte riconducibile al sistema socio-economico globale che, nel perseguire il benessere individuale come unico obiettivo, finisce per creare esclusione sociale (§ 15), alimentare pericolose dipendenze (alcool, droghe, gioco d’azzardo) e promuovere una “cultura dello scarto” che va di pari passo con la mercificazione della vita e del corpo umano. Senza sottovalutare l’incidenza che le diverse culture possono esercitare sulla concezione dell’uomo e dei suoi diritti fondamentali, la relazione conclusiva del sinodo riconduce a un denominatore comune fenomeni diversi quali lo sfruttamento dei bambini (§ 26), la mercificazione del corpo della donna – che rende possibile la pratica dell’utero in affitto e l’esistenza di un vero e proprio «mercato dei gameti e degli embrioni» (§ 27) -, il persistere in molte società di un pregiudizio nei confronti delle persone con handicap «persino teorizzato in chiave eugenetica» (§ 21).

LA FAMIGLIA E L’ “ECOLOGIA INTEGRALE” – La risposta che il sinodo offre a sfide così radicali, più ancora della pur necessaria attuazione di politiche a sostegno della famiglia (§ 12), è un invito a riscoprire l’esperienza familiare come fulcro di una «ecologia integrale che includa non solo le dimensioni ambientali, ma anche quelle umane, sociali ed economiche, per lo sviluppo sostenibile e la custodia del creato» (§ 16). È solo in quest’ottica, sembrano dire i padri sinodali, che la Chiesa può contribuire a un vero sviluppo, anche attraverso il dialogo con gli organismi internazionali. Lo ha ricordato lo stesso papa Francesco nell’importante discorso pronunciato di fronte all’Assemblea Generale dell’ONU il 25 settembre 2015, quando ha sottolineato che «senza il riconoscimento di alcuni limiti etici naturali insormontabili e senza l’immediata attuazione di quei pilastri dello sviluppo umano integrale, l’ideale di “salvare le future generazioni dal flagello della guerra” (Carta delle Nazioni Unite, Preambolo) e di “promuovere il progresso sociale e un più elevato livello di vita all’interno di una più ampia libertà” (ibid.) corre il rischio di diventare un miraggio irraggiungibile o, peggio ancora, parole vuote che servono come scusa per qualsiasi abuso e corruzione, o per promuovere una colonizzazione ideologica mediante l’imposizione di modelli e stili di vita anomali estranei all’identità dei popoli e, in ultima analisi, irresponsabili». Nella promozione della famiglia risiede, per la Chiesa, la speranza per il futuro dell’umanità, in quanto la famiglia – dove pienamente vissuta – è l’unico luogo capace di rigenerare la persona e di conseguenza la società, a tutti i livelli, anche nelle circostanze più drammatiche. Per questo è alla famiglia come opportunità di bene per tutti che è dedicata la parte più corposa della Relatio finalis. E, probabilmente, anche la più interessante.

Paolo Valvo

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Foto: Catholic Church (England and Wales)

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Anche se i capelli brizzolati possono trarre in inganno sono nato nel 1984, a Milano, dove tuttora risiedo. La parlata milanese non mi impedisce di rivendicare con un certo orgoglio le mie ascendenze sicule, soprattutto da quando ho sposato una siciliana doc. Milanista credente ma non praticante, lavoro all’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove da qualche anno mi occupo a tempo pieno di storia contemporanea e di diplomazia vaticana, tra Europa e America Latina. Al tema ho dedicato diversi saggi e due volumi, uno dei quali di prossima pubblicazione. Per deformazione professionale, non essendo dotato della fantasia di molti giornalisti (e di qualche storico), mi ostino a pensare che l’unico modo per farsi un’idea realistica del pontificato di papa Francesco e della politica della Santa Sede sia partire dai documenti. Nel tempo libero amo leggere, ascoltare jazz e rimanere per ore a guardare mia figlia sorridere.

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