In 3 Sorsi – Il conflitto del Donbass conosce un’altra escalation di violenze e la tensione tra Kiev e Mosca, che perdura dal 2014, mina il nuovo cessate il fuoco in un braccio di ferro geopolitico per il controllo dell’ultima zona cuscinetto tra Unione Europea e Russia.
1. L’ANIMO AMBIVALENTE DELL’UCRAINA
La storia dell’Ucraina è da sempre ineluttabilmente segnata dalla sua posizione di frontiera e le diverse tradizioni socioeconomiche e politiche al suo interno sono conseguenza diretta di un passato – e un presente – turbolento. Ciò che però è stata una costante è il rapporto di interdipendenza che ha legato la popolazione ucraina a quella russa e la posizione politica ambivalente, in bilico tra occidente e oriente. Infatti, giĂ a partire dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, nell’Ucraina indipendente si sono affermate tendenze secessioniste da parte di minoranze russofone e filorusse. In una terra ricca di sfumature e da secoli rivendicata da grandi imperi e grandi potenze, la dichiarazione di indipendenza della Crimea nel 2014, seguita dalla quasi immediata e tanto discussa annessione alla Russia, ha innescato quindi una reazione a catena, fornendo un esempio ad altre aree del Paese giĂ instabili. Proprio nel bacino del Donets, regione orientale che confina con la Russia, la minoranza russofona rappresenta circa il 38% della popolazione e circa 500mila persone posseggono il passaporto russo. Il conflitto nel Donbass, che tutt’ora perdura e anzi si va riacuendo, inizia nel marzo 2014, quando alcuni manifestanti armati filorussi si impadroniscono dei palazzi governativi nelle cittĂ di Donetsk e Lugansk e i gruppi separatisti proclamano l’indipendenza dall’Ucraina.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Una donna di Donetsk osserva un cancello crivellato dai proiettili, aprile 2021. La città è nelle mani dei separatisti filorussi dal 2014
2. LE FASI INIZIALI DEL CONFLITTO
Dalla dichiarazione della Repubblica sovrana del Donetsk il Governo di Kiev ha lanciato diverse operazioni militari per riprendere il controllo del bacino e l’allora neo-eletto Presidente ucraino Poroshenko, filo-occidentale, cercò inizialmente di offrire forme di decentramento alle regioni orientali russofone per risolvere la crisi. Il piano di pace di Poroshenko venne però bocciato dalla Russia perché, secondo il Cremlino, i separatisti non avevano partecipato ai negoziati. Si sono poi susseguite accuse reciproche e mentre nell’estate continuava l’escalation di violenza, tra i bombardamenti sulla linea di confine e l’abbattimento del volo internazionale MH17, Poroshenko firmò un Accordo di associazione con l’Unione Europea, provocando la reazione furibonda di Mosca e dei separatisti filorussi. A sostegno di Kiev si sono schierate naturalmente le potenze occidentali, che hanno applicato diverse sanzioni economiche contro Mosca, imputandole di sostenere e fornire aiuti alle forze separatiste ribelli del Donbass. Mosca è stata anche negli anni accusata di aver infiltrato sue truppe regolari e di orchestrare i disordini nell’area e, di fronte alle negazioni del Cremlino, Kiev si è gradualmente avvicinata alla NATO.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Carri armati ucraini conducono un’esercitazione nel Donbass, aprile 2021. La regione è stata nuovamente al centro di forti tensioni militari e diplomatiche nelle scorse settimane
3. I TENTATIVI FALLITI PER UNA PACE NEL DONBASS
Dal fallimento del Protocollo di Minsk-2, firmato da Russia, Ucraina, Francia e Germania nel febbraio 2015 con la speranza di procedere verso la risoluzione del conflitto, lo scontro avrebbe provocato, secondo alcune stime dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, almeno 13mila morti, di cui 3.300 civili, e oltre un milione di sfollati. Solo nel luglio 2020 il cessate il fuoco “illimitato” siglato da Kiev, Mosca e OSCE ha dato un segnale di apertura e negoziato tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Sfortunatamente però in Donbass non c’è mai stato un giorno di vera e propria tregua e nelle ultime settimane la tensione è salita di nuovo alle stelle tra l’Ucraina e la Russia, che ha prima schierato e poi ritirato le proprie truppe al confine. Alla base del conflitto c’è certamente la preoccupazione di Mosca che l’Ucraina, patria dei Rus, ex Paese satellite ed ex Repubblica dell’Unione Sovietica, possa finire per entrare nella NATO, completando l’espansione a est dell’Alleanza Atlantica. Negli ultimi tre mesi, ovvero dall’arrivo di Biden alla Casa Bianca, la tensione tra Russia e Paesi occidentali è andata gradualmente aumentando. L’attuale burrascosa relazione tra Washington e Mosca potrebbe avere quindi ripercussioni sull’intera regione del Donbass, mentre la NATO ha convocato recentemente un vertice ministeriale urgente. Per Mosca l’annessione della Crimea e la guerra in Ucraina orientale hanno avuto e continuano ad avere costi enormi, sia a livello prettamente finanziario che a livello politico e diplomatico. Tuttavia esse rappresentano al momento punti cardine nell’agenda del Cremlino sui quali lo stesso Putin ha fatto all-in, cercando di assicurarsi o, almeno, di non perdere il controllo di un’area geostrategica di importanza cruciale che da secoli rappresenta il fil-rouge dell’azione di politica estera russa.
Mariangela Fusco
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