La questione delle isole contese tra Pechino e Tokyo è annosa e complessa. In questo articolo in due puntate, spieghiamo con chiarezza e completezza che cosa c’è veramente sotto.
IN COSA CONSISTE LA QUESTIONE – Ma … rischiare la guerra per qualche isola disabitata? C’è senz’altro qualcosa “sotto”. E su questo sotto (ma anche sul “sopra”) le ipotesi o le certezze dei commenti giornalistici si sono sbizzarriti. Stiamo parlando del confronto tra Cina e Giappone per la cosiddetta sovranitĂ sulle isole Diaoyu (in cinese) o Senkaku (in giapponese), ma con implicazioni anche sulla contesa per le isole Paracel (Xisha in cinese) e Spratly (Nansha in cinese) nel Mar Cinese Meridionale, come lo definiscono i nostri atlanti in italiano, con grande soddisfazione dei cinesi che ne rivendicano la totale sovranitĂ .
Ma parliamo di isole o atolli o reef  (scogliera corallina)? Le Diaoyu/Senkaku sono isole, non grandi e ora disabitate, circa 7kmq. Le Paracel (Paracelso le chiamiamo in italiano) sono un misto di isole e atolli (5,9kmq), le Spratly, sono prevalentemente atolli, reef e banchi, e meno isole (5kmq). La definizione è significativa perché la rivendicazione di sovranità su qualche cosa che emerge dal mare può essere fatta solo se la “terra” emersa è stabilmente o prevalentemente sopra le acque al livello massimo dell’alta marea.
Le Paracel, rivendicate anche da Vietnam e Taiwan, sono state occupate dalla Cina (ancora nel periodo maoista) nel 1974, quando la guerra USA-Vietnam non era ancora finita e il Vietnam era ancora diviso in due. Vista la scarsa sopraelevazione la Cina ha provveduto negli anni a interrare parti di alcuni atolli per approntare attracchi portuali e piste di atterraggio lunghe (piĂą di 2,8km), utili per aerei a largo raggio in grado di raggiungere Filippine e isole Spratly.
La stessa procedura è stata messa in pratica anche per alcuni degli atolli di quest’ultimo arcipelago in tempi più recenti. Le Spratly sono molto a sud rispetto alla grande isola di Hainan, massa di terra consistente cinese più vicina, e infatti sono rivendicate come sovranità da tutti i Paesi le cui coste sono fisicamente più vicine: Vietnam, Malaysia, Filippine, Taiwan, inizialmente anche il Brunei, poi chiamatosi fuori. C’è una spartizione de facto che vede Filippine e Vietnam con il possesso di più isole rispetto agli altri concorrenti che hanno meno isole o solo atolli (come la Cina) o prevalentemente “banchi”.
Fig. 1 – Attivisti giapponesi al largo delle isole Senkaku-Diaoyu
CHI HA RAGIONE? – L’elemento fisico (dimensioni della terra emersa e sua consistenza, vicinanza alle coste), la permanenza stabile di residenti, le rivendicazioni storiche (in genere basate su carte, documenti ed eventi del passato) sono le argomentazioni riconosciute a livello internazionale per la rivendicazione di sovranitĂ . Riprese dalla Convenzione ONU sul Diritto del Mare (UNCLOS) del 1982 firmata a Montego Bay, Giamaica. Per inciso gli USA non l’hanno firmata. Ma nonostante i tentativi di definire precisamente i criteri per l’attribuzione/rivendicazione di sovranitĂ (che ci sono nella convenzione), la pratica internazionale è largamente basata sulla legge del piĂą forte e delle piĂą o meno striscianti forzature interpretative come pure dei fatti compiuti. Nel caso delle Spratly tutti i paesi rivieraschi hanno argomenti validi, ma Cina e Taiwan sono formalmente piĂą deboli e c’è una situazione di condivisione/spartizione; per le Paracel le “prove” a sostegno della sovranitĂ sono piĂą equilibrate tra Cina e Vietnam, ma con una situazione de facto vantaggiosa per la Cina.
Nell’ultimo decennio la Cina è stata sistematicamente più attiva nel procedere ad aumentare la superficie e l’altezza di alcuni atolli delle Spratly per renderli basi stabili di appoggio per mezzi militari e mantenere più agevolmente la presenza stabile di “residenti”, in realtà militari, utile per la rivendicazione di sovranità . Vista l’asimmetria di potenza a favore della Cina nel 2015, Filippine e Vietnam hanno chiesto l’arbitrato internazionale, previsto dall’UNCLOS, ma che la Cina ha ritenuto una provocazione perché alla riunione dell’ASEAN del 2002 si era concordato per il mantenimento dello status quo. Che però non impedisce il rafforzamento nelle isole già controllate.
Fig. 2 – Le isole Paracel sono rivendicate dal Vietnam
Nel caso delle isole Diaoyu/Senkaku la controversia è più recente per quanto riguarda i fatti e soprattutto cambia significativamente il contesto: il Giappone non è un paese “marginale” economicamente e soprattutto, con la Corea del Sud, è sotto l’ombrello protettivo militare degli USA grazie a vicende storiche e a trattati firmati e rinnovati anche recentemente. Quelle piccole isole disabitate possono portare a contatti/confronti ravvicinati tra due superpotenze mondiali.
Va precisato che le motivazioni storiche a sostegno di una qualsiasi sovranità vanno valutate, dall’esterno, tenendo conto che il quadro normativo come pure “iconografico”, cioè di atteggiamento mentale, è notevolmente cambiato nei tre periodi di prima della prima guerra mondiale, tra le due guerre e dopo la seconda guerra mondiale. I fatti storici vanno considerati nel contesto storico specifico: è così per il 1895 (annessione di Taiwan e delle Diaoyu/Senkaku da parte del Giappone), per il periodo tra le due guerre (occupazione di parte della Cina da parte del Giappone), e poi dopo il 1945 (fuga di Chiang Kai-shek a Taiwan nel 1949 e occupazione statunitense del Giappone e nello specifico l’amministrazione diretta della provincia di Okinawa fino al 1972). Nei tre periodi le attribuzioni e i “diritti” degli stati per quanto riguarda la guerra e l’espansione territoriale sono cambiati significativamente.
I nazionalisti di ogni paese e i sostenitori interni delle rivendicazioni non fanno mai questo tipo di distinzione. “Politici, osservatori, attivisti e giornalisti, in ciascuno di questi paesi non fanno altro che rivangare il passato e i ricordi sono soggetti a una feroce manipolazione a fini politici” (Ian Buruma, Corriere della Sera, 5 settembre 2012, sulla questione delle Diaoyu/Senkaku).
Come già detto la legge del più forte è quella dominante in tutte le dispute territoriali e marittime; una “legge” che tende a consolidare le situazioni di fatto e/o che rende difficilmente modificabili le azioni di fatto intraprese dai soggetti più forti. In questo contesto solo le azioni (non tanto le dichiarazioni) delle potenze vanno osservate e valutate con attenzione. Nel caso delle Diaoyu/Senkaku, quindi, solo il confronto pratico, cioè azioni fisiche di USA e Cina sono di primo livello, mentre quelle tra Cina e Giappone sono di secondo livello. Dichiarazioni ufficiali o meno, manifestazioni di piazza, campagne di stampa hanno un valore solo relativo e poco rilevante dal punto di vista geostrategico, anche se possono essere indicatori utili per un osservatore e anche diventare elementi iconografici (consenso alla guerra o sostegno ad azioni pratiche dimostrative) che incidono/orientano le dinamiche geopolitiche.
Fig. 3 – Manifestazione di forza della Marina cinese
L’EVOLUZIONE DELLA CRISI – Le azioni di forza dimostrative e/o effettive si sono verificate da piĂą tempo per le Paracel e le Spratly rispetto alle Diaoyu/Senkaku. Sono azioni definibili come striscianti, inframmezzate da periodi anche lunghi di inattivitĂ o attivitĂ non rilevanti, ma con qualche scontro di livello piĂą alto come la breve battaglia navale nelle Spratly tra Vietnam e Cina nel 1988, vinta da quest’ultima. Venendo verso i nostri giorni le azioni cinesi hanno cambiato di intensitĂ e si sono reindirizzate come conseguenza di due fattori principali: 1) il crescere della Cina come potenza economica e di conseguenza anche geopolitica a livello internazionale, 2) la (conseguente) progressiva proiezione espansiva strategica cinese dai “mari vicini” ai “mari lontani” degli anni 2000 (Simone Dossi, Rotte cinesi, Egea, 2014). [vedi carta 2]
A seguito della sconfitta militare del 1945 e dell’occupazione del Giappone da parte statunitense le otto isole Senkaku erano state amministrate dagli USA fino al 1971 e riconsegnate ai nipponici nel 1972. La Cina rivendicava allora la sovranità come principio. Sostanzialmente solo dal 2010 le Diaoyu/Senkaku cominciano ad essere elemento di scontro tra Cina e Giappone. L’atto concreto più eclatante è del 9 settembre 2010: un peschereccio cinese non si ferma alle ingiunzioni di una vedetta giapponese e avviene una piccola collisione. Il capitano cinese viene arrestato e poi rilasciato il 24 settembre. Il video della collisione compare su Youtube il 4 novembre e provoca nuove polemiche.
Tra agosto e settembre 2012 la crisi si rinfocola. Nazionalisti giapponesi prima e poi, come ritorsione, cinesi (con bandiere sia di Pechino che di Taiwan) vanno sulle isole a scopo dimostrativo. Il 10 settembre anche motovedette cinesi entrano nelle acque delle isole; nei due paesi si svolgono manifestazioni nazionaliste di protesta. Gli argomenti dei manifestanti cinesi a Shenzhen (18 settembre) riprendono elementi della tradizionale propaganda antigiapponese mentre in Giappone gli attivisti, paradossalmente, accusano l’espansionismo cinese con il simbolo della svastica dei loro (giapponesi) alleati nazisti durante la seconda guerra mondiale. In questo contesto il fatto che il governo giapponese abbia acquistato 3 delle 4 isole di proprietà privata è stato giustificato da una parte come un tentativo di poter proteggere più efficacemente il demanio pubblico con motovedette da indebite intrusioni (di attivisti nazionalisti sia giapponesi che cinesi), mentre la Cina lo ha considerato un gesto di “nazionalizzazione” provocatoria.
L’allargamento già citato dell’area strategica cinese ai “mari lontani” porta la Cina nel novembre 2013 a dichiarare la sua Zona di difesa aerea includendo le Diaoyu/Senkaku. Praticamente è una interdizione a volare nell’area senza permesso e previa identificazione. Il 23 novembre vengono convocati i reciproci ambasciatori di Cina e Giappone. Ma il fatto più significativo, nel quadro di analisi che è stato delineato in precedenza, avviene il 25 novembre quando due bombardieri USA entrano nella zona aerea dichiarata esclusiva e non rispondono alle richieste di identificazione. I mass media cavalcano la notizia; per pochi giorni gli internazionali e un poco più a lungo quelli nazionali.
(1. Continua)
Fabrizio Eva
[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in piĂą
Fabrizio Eva è un Geografo Politico. Insegna Geografia Politico-Economica presso il Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati dell’Università “Ca’ Foscari” di Venezia.
Rileggete qui le puntate precedenti del nostro speciale “Comprendere la Cina – Oltre la prospettiva occidentale“.
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Foto: Asitimes