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Nel Giappone senza giovani, un futuro incerto

Da anni il Paese del Sol Levante fronteggia una crisi demografica senza precedenti. Nonostante gli sforzi compiuti dal Governo Abe per arginare il fenomeno, i trend demografici confermano che il Giappone continuerà a perdere abitanti, oltre 30 milioni entro il 2060, con inevitabili e nefaste conseguenze sull’economia

I NUMERI DEL DECLINO – Con una popolazione di 126 milioni di abitanti, il Giappone è il decimo Paese piĂą popoloso del mondo. Osservando, però, la piramide demografica della sua popolazione, è evidente che questa sta assumendo sempre piĂą la forma di un imbuto, con una base in fase di restringimento, e gran parte della popolazione che si concentra intorno alle coorti generazionali piĂą anziane. Questo fenomeno è direttamente riconducibile al calo della natalitĂ , che in Giappone ha iniziato a verificarsi intorno alla metĂ  degli anni Settanta: se nei primi anni di quel decennio in Giappone nascevano circa 2 milioni di bambini, ora ne nasce a malapena 1 milione, un calo del 50% in poco piĂą di quarant’anni.

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Fig. 1 – Un gruppo di anziani giapponesi fa esercizio fisico in un’area aperta di Tokyo, settembre 2015. Il numero di ultraottantenni in Giappone ha raggiunto recentemente la cifra record di dieci milioni

Nel corso dei decenni il calo della natalitĂ  ha mutato radicalmente la composizione della popolazione giapponese, generando un forte squilibrio tra la componente anziana e quella giovane della popolazione: circa il 25% della popolazione ha piĂą di 65 anni, mentre i giovani compresi tra 0 e 14 anni sono meno del 13%, una percentuale molto esigua, considerando che in altri Paesi avanzati (Stati Uniti, Regno Unito, Francia) il numero dei giovani è compreso tra il 18 e il 20% della popolazione. Il tasso di fertilitĂ  in Giappone è del 1,4: questo significa che ogni famiglia genera in media 1,4 bambini. Tale tasso è al di sotto della cosiddetta “soglia di rimpiazzo”, che corrisponde a un tasso di fertilitĂ  di 2,1 bambini per coppia. Il tasso di fertilitĂ  in Giappone è inferiore al 2,1 da oltre quarant’anni, e i suoi effetti hanno iniziato a manifestarsi a partire dal 2008, quando per la prima volta dalla fine del secondo mondiale la popolazione subì un incremento negativo. Al giorno d’oggi il Giappone ha perso 1 milione di abitanti rispetto al 2008, e tale perdita è destinata a intensificarsi: seguendo i trend demografici nel 2050 il Giappone potrebbe avere meno di 100 milioni di abitanti, e intorno al 2060 circa 86 milioni, di cui 4 su 10 avranno piĂą di 65 anni.

RIPERCUSSIONI – Nel lungo periodo gli effetti della recessione demografica potrebbero arrecare grossi danni innanzitutto all’economia nipponica, che al momento è la terza del pianeta: proprio come la popolazione, anche la forza lavoro giapponese è in calo, ed è previsto che passerĂ  da 65 milioni di lavoratori nel 2015 a meno di 40 milioni entro il 2060. Con una quantitĂ  di lavoratori in diminuzione il prodotto interno lordo faticherĂ  a crescere, e nel peggiore dei casi potrebbe addirittura contrarsi, condannando il Giappone a perdere progressivamente il proprio “peso” economico nel mondo, e ad essere eventualmente sorpassato da nuove potenze economiche come l’India o l’Indonesia. Per un Paese come il Giappone, la cui posizione geopolitica dipende esclusivamente dall’economia (in quanto in ambito militare la Costituzione prevede forze di mera autodifesa), un possibile “declino” di tale economia potrebbe causare una progressiva marginalizzazione della posizione geopolitica giapponese.

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Fig. 2 – Donne anziane chiacchierano per le strade di Gogoshima, nella prefettura di Ehime. A causa della crisi demografica molte aree rurali del Giappone si stanno rapidamente spopolando, con gravi conseguenze per l’agricoltura

Il futuro riserverĂ  grosse sfide anche al sistema sanitario e pensionistico del Giappone, in quanto un numero sempre maggiore di anziani dovrĂ  essere sostenuto da un numero calante di contribuenti: se negli anni Settanta il rapporto tra contribuenti e pensionati era di 8:1, al giorno d’oggi tale rapporto è di 3:1 e in futuro potrebbe calare fino a valori prossimi al 1:1, con il rischio di garantire un futuro alquanto difficile al welfare giapponese, a meno che non si attuino provvedimenti d’urgenza come aumenti della pressione fiscale per sostenere la futura spesa pubblica. Un altro grosso problema che il Giappone dovrĂ  affrontare sarĂ  quello dello spopolamento: la maggior parte delle prefetture giapponesi sta attualmente perdendo abitanti, e alcune di esse, come Hokkaido e molte aree rurali, stanno assistendo a cali ancor piĂą drammatici della propria popolazione, con molti centri abitati colpiti da gravi fenomeni di decadimento urbano e infrastrutturale, causato per esempio da case in stato di abbandono o scuole costrette a chiudere per mancanza di bambini.
Le poche prefetture in “crescita” demografica sono quelle che ospitano al loro interno grandi città come Tokyo, Nagoya e Fukuoka, che possiedono una rilevanza economica non indifferente, permettendo loro di attrarre giovani e lavoratori dal resto del Paese.

LA STRATEGIA DI SHINZO ABE – L’obiettivo del Governo Abe consiste nel produrre riforme in grado di rinvigorire l’economia e la societĂ  del Giappone, che da oltre vent’anni è attanagliato dagli effetti della deflazione e della stagnazione, e che ha visto perdere la propria leadership in Asia orientale a favore della Cina. Nei piani del Governo l’obiettivo fondamentale consiste nell’impedire che nel lungo periodo la popolazione cali al di sotto della cifra “psicologica” dei 100 milioni di abitanti. Per raggiungere tale obiettivo il Governo conservatore punta a ottenere un innalzamento del tasso di fertilitĂ  dal 1,4 al 1,8, in modo da rallentare il piĂą possibile  il declino numerico e l’invecchiamento della popolazione giapponese.

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Fig. 3 – Il Primo ministro giapponese Shinzo Abe, che sta cercando di sviluppare una strategia politico-economica di lungo corso per contrastare la crisi demografica del suo Paese

Questa strategia sarà integrata da programmi di internship (tirocini, stage) volti a far entrare nel Paese numeri sempre maggiori di lavoratori cinesi, vietnamiti e provenienti da altri  Paesi del Sud-est asiatico, per far fronte alla crescente penuria di manodopera causata dal calo della forza lavoro. Nel breve periodo, invece il Governo Abe intende riformare in ambito militare il Giappone, aumentando le spese militari e sottoponendo a revisione costituzionale l’articolo 9 della Costituzione giapponese, che impedisce al Giappone di possedere delle Forze Armate (il Giappone dispone attualmente di forze di mera autodifesa), nella speranza che un rafforzamento del settore difesa possa controbilanciare il declino dell’economia e mantenere stazionaria la posizione geopolitica nel Paese.

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Fig. 4 – Un’infermiera indonesiana assiste un’anziana paziente in una casa di riposo di Tokyo. Il Governo giapponese sta lanciando vari programmi di internship per attirare lavoratori stranieri nel Paese, soprattutto dal Sud-est asiatico

Simone Munzittu

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Il sito populationpyramid.net permette di osservare l’evoluzione, nel corso del tempo, delle piramidi demografiche di tutti i Paesi, tra cui il Giappone. [/box]

Foto: Jeena Paradies

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Simone Munzittu
Simone Munzittu

Sono nato in Sardegna nel 1996, a Cagliari. Presso l’ateneo di questa cittĂ  ho conseguito con lode una laurea in Scienze Politiche, con una tesi sull’ascesa della partisanship nel Congresso degli Stati Uniti. Le mie piĂą grandi passioni sono di natura economico-politica, e proprio di questo mi occupo all’interno del Caffè Geopolitico, nell’area dell’Asia-Pacifico. La Cina è il Paese che mi appassiona e che caratterizza i miei studi: attualmente vivo a Pechino, nell’ambito di un programma di laurea specialistica double degree tra l’UniversitĂ  di Torino e la Beijing Foreign Studies University. Inoltre, amo la storia, la musica, i giochi di strategia, la Formula 1 (da ferrarista convinto)… e anche il caffè.

 

 

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