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Christine Lagarde: conferma alla guida del FMI

In 3 sorsi – Il mandato del direttore operativo del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde è stato rinnovato. Quali sono i traguardi raggiunti? E quali invece le prossime sfide? Proviamo a fare un bilancio del suo operato.

1. LA SELEZIONE – «Se Lehman Brothers fosse stata Lehman Sisters, la crisi economica odierna avrebbe chiaramente un aspetto diverso». Così dichiarò la direttrice generale del Fondo monetario internazionale (FMI) Christine Lagarde alla luce dei fallimenti bancari del 2008 che sancirono l’inizio della crisi finanziaria globale. Anche se non ci fidassimo del gruppo di ricercatori finlandesi che recentemente ha dimostrato come le banche americane a gestione femminile siano più efficienti di quelle dirette dal sesso opposto, venerdì scorso abbiamo avuto un’ulteriore conferma del buon operato di Lagarde alla guida del FMI. Il 19 febbraio, infatti, il Consiglio esecutivo ha rinnovato il suo mandato quinquennale che avrà effetto a partire dal 5 luglio di quest’anno.
Da quando è stato introdotto, nel 2011, un sistema di selezione del Managing Director (direttore operativo) più trasparente e meritocratico del precedente, Christine Lagarde ha sempre riscosso ampio consenso sia all’interno del Consiglio esecutivo che del Consiglio dei governatori. Il nuovo metodo prevede esplicitamente dei requisiti essenziali per la candidatura, tra i quali un rilevante curriculum di posizioni senior all’interno di istituzioni di policymaking, oltre a comprovate competenze manageriali, comunicative e diplomatiche. La suddetta meritocrazia del sistema selettivo del FMI ha effettivamente permesso all’ex ministro delle Finanze francese di superare ben due volte le selezioni per una delle posizioni più ambite nel mondo delle organizzazioni internazionali. La prima, quando nel 2011 fu preferita al governatore della Bank of Mexico A. Carstens e la seconda pochi giorni fa, grazie al rinnovo del suo mandato by consensus (ovvero, con il consenso generale). È stato di fatto l’unico nome proposto durante la fase di nomination, conclusasi il 10 febbraio scorso. Dopo che il suo predecessore Dominique Strauss-Kahn fu accusato di tentata violenza sessuale ai danni di una cameriera di un albergo di New York, ciò potrebbe anche sembrare alquanto scontato. In realtà, i membri del Consiglio hanno pronunciato più volte parole molto positive in merito al suo operato, confermando la serietà professionale oltre che le competenze di Madame Lagarde.

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Fig 1 – Christine Lagarde, appena nominata direttore generale del FMI, arriva a Washington per il suo primo giorno di lavoro, 5 luglio 2011

2. UN BILANCIO POSITIVO – In occasione del rinnovo del mandato, il rappresentante del Consiglio esecutivo Aleksei Mozhin dichiarò: «Nel prendere questa decisione, il Consiglio ammirò la forte e saggia leadership della signora Lagarde durante il suo primo mandato». E aggiunse: «In tempi turbolenti per l’economia globale, Ms. Lagarde ha giocato un ruolo critico nel rivitalizzare le relazioni del Fondo con i membri di tutto il mondo, inclusi i mercati emergenti e le economie in via di sviluppo».
Uno degli ultimi risultati dell’operato di Lagarde lo abbiamo a portata di memoria. Appena un mese fa sono state approvate le cosiddette “quota-reforms”, le quali, come sostiene lei stessa, «garantiranno la capacità del Fondo di rappresentare meglio i bisogni dei suoi membri in un contesto globale in rapido cambiamento». Le riforme delle quote di sottoscrizione, infatti, permettono di ampliare il peso relativo di alcuni paesi all’interno del Fondo, incrementando il loro potere di voto e il rispettivo accesso ai finanziamenti. La crescita di economie quali Cina, India e Brasile erano sempre più slegate dalle politiche del FMI, cosa che avrebbe minato la cooperazione globale durante un’epoca così fragile a livello economico. Ma non è tutto: è stata sua infatti la proposta di inserire all’interno del paniere di valute delle riserve del FMI quella cinese, il Renminbi. Ne è bastato l’annuncio per far si che Pechino si muovesse verso le politiche di liberalizzazione del mercato necessarie affinchè la sua valuta potesse entrare nella rosa delle magnifiche quattro (Euro, Dollaro, Sterlina e Yen).
Dunque, considerando il valore e l’importanza che hanno avuto le sue capacità diplomatiche, oltre che tecniche, si tratta senza dubbio di un’esperienza positiva: nel corso di questi ultimi cinque anni non abbiamo assistito ad episodi particolarmente controversi che coinvolgessero la direttrice del FMI. L’eccezione è rappresentata da qualche contrasto, più che giustificato, con la classe dirigente del Governo greco. Nel luglio del 2012, per esempio, Lagarde dichiarò di voler negare ogni tipo di negoziazione con la Grecia in merito ai termini di assistenza esterna verso il debito pubblico ellenico: «La Grecia ha avuto bei tempi», dichiarò in quell’occasione, «ma ora è tempo del payback».

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Fig 2 – Il ministro delle Finanze greco Y. Varoufakis discute con la direttrice del FMI prima del meeting dei ministri delle Finanze dell’eurozona, tenutosi nella sede centrale del Consiglio dell’Unione Europea a Lussemburgo, 18 giugno 2015

3. GUARDIAMO AVANTI – In un contesto di aspre tensioni geopolitiche in Grecia, Cina e Medio Oriente, la direttrice operativa del FMI dovrà auspicare il raggiungimento di una certa stabilità macroeconomica a livello globale. Durante il suo discorso di venerdì ha dichiarato: «Se c’è una cosa che abbiamo chiaramente identificato negli anni passati, questa è l’importanza degli effetti spill-over e spill-back: come una politica monetaria di un paese può avere forti ripercussioni sugli altri. Spero che nei prossimi anni potremmo lavorare più sull’anticipo dei cambiamenti». Di certo la direttrice del Fondo si trova a dover affrontare uno dei periodi più volatili dell’economia mondiale sin dalla crisi finanziaria, in cui dunque la capacità di previsione gioca un ruolo fondamentale. Ma a quali cambiamenti si riferisce esattamente Ms. Lagarde? La crescita relativamente debole delle economie emergenti fa preoccupare, ma i fari del sistema di sorveglianza del Fondo sono puntati innanzitutto sull’andamento dell’economia della seconda potenza mondiale, la Cina: un suo calo sarebbe facilmente capace di provocare una grave recessione a livello globale.
Tutto ciò avviene mentre Stati Uniti, Europa e Giappone stanno ancora lottando per ridurre gli effetti a lungo termine della crisi e risollevare i loro livelli produttivi. A tal proposito, la signora Lagarde per anni ha sollecitato i policy makers dei Paesi membri del FMI ad agire ‘in concerto’ per rilanciare la crescita globale: secondo la direttrice del FMI, le politiche monetarie statunitensi, giapponesi ed europee andrebbero meglio “riviste, anticipate e coordinate”. Gli sforzi del Fondo dunque devono concentrarsi soprattutto sul coordinamento delle politiche economiche attuate dalle principali banche centrali: Fed, BCE e Bank of Japan.
Infine, una delle priorità assolute del Fondo quest’anno sarà quella di «cercare nuove linee di credito di emergenza a breve termine per aiutare a proteggere i mercati emergenti che lottano per far fronte a una combinazione tossica di problemi economici, tra cui deflussi di capitale da record», come ha annunciato la stessa Lagarde. Questa proposta dovrà però affrontare diversi ostacoli, tra cui la probabile opposizione del membro più potente del Fondo (nonché sede dello stesso), gli Stati Uniti. Intanto, è proprio dagli Stati Uniti che proviene una delle critiche più costruttive all’operato del FMI. In un’intervista multipla pubblicata sul sito del FMI che si intitola “Lessons from a Time of Crisis”, il premio Nobel Joseph Stiglitz ha sottolineato la necessità di implementare i nuovi modelli macroeconomici all’interno della teoria mainstream (tradizionale), oltre che di un certo grado di onestà e franchezza da parte del Fondo. Un punto, quest’ultimo, che andrebbe ricordato anche alle amministrazioni di tante altre istituzioni economiche, internazionali e non.

Leonardo Conte

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””] Un chicco in più

Gli effetti spill-over sono eventi di uno specifico contesto avvenuti per causa di un mutamento di una variabile in un altro contesto, estraneo al primo ed apparentemente ad esso non correlato. In economia, è il fenomeno per cui una politica (o attività) economica diretta ad un determinato settore (oppure area territoriale, popolazione etc.) produce effetti positivi o negativi (tecnicamente chiamati “esternalità”) anche oltre i confini dello stesso. [/box]

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Leonardo Conte
Leonardo Conte

Classe 1992, nato e cresciuto a Milano. Mi sono laureato in Economia all’Università Cattolica con un curriculum in Metodi quantitativi e una tesi sulle applicazioni del pensiero di M. Yunus. Nel frattempo ho avuto alcune esperienze di studio all’estero, alla University of Western Australia e alla London School of Economics (LSE), dove ho avuto modo di approfondire l’Economia dello sviluppo. Attualmente sto terminando i miei studi di Master tra l’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (ASERI) di Milano e l’Università della Svizzera italiana a Lugano, oltre ad esperienze formative extracurriculari in ISPI. Appassionato di Storia del pensiero economico e di Economia comportamentale, mi interesso di Geografia economica e di Economia internazionale.

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