In 3 sorsi – Negli ultimi giorni l’Honduras è stato tristemente legato all’omicidio dell’attivista Berta Caceres, assassinata per la sua lotta politica in difesa della popolazione indigena e della natura incontaminata. Ma cos’altro sappiamo su questo piccolo Paese del Centro America circondato dagli Oceani?
1. LA STORIA – La storia dell’attivista Berta Caceres viene da lontano. Sin dalle origini, l’Honduras è sempre stato caratterizzato da un forte grado di instabilità interna. Originariamente patria del popolo maya, fu colonizzato dagli spagnoli nel 1524, entrando a far parte della capitaneria generale del Guatemala. Tre secoli dopo passò prima sotto l’impero del Messico e in seguito si unì alla Federazione dell’America Centrale, fino a proclamare la propria indipendenza nel 1839. Da questo momento e per tutto il XX secolo, l’Honduras si è contraddistinto per l’alternanza di dittature, colpi di Stato e tentativi di ritorno alla democrazia. Inoltre, già dall’Ottocento entrano in gioco anche gli interessi statunitensi, le cui compagnie avevano investito molto nelle piantagioni di banane, principale risorsa economica del Paese.
Per tutta la prima metà del 1900 assistiamo dunque a una successione di Governi liberali e conservatori, ognuno dei quali veniva destituito da un colpo di Stato a cui subentrava un periodo di dittatura. A ciò si aggiungono le tensioni con i Paesi confinanti, come El Salvador e il Nicaragua: il primo per l’eccessivo numero di immigrati che si stabilivano in Honduras; il secondo per una paura di contagio della rivoluzione sandinista.
Questo susseguirsi di Governi militari sicuramente non ha giovato alla già precaria situazione economica del Paese. Fu così che nel 1980 venne consentita l’elezione di un’Assemblea Costituente e di un Parlamento in modo da dare il via all’insediamento di Governi civili, anche se l’uragano Mitch del 1998 mise ulteriormente in ginocchio l’economia honduregna.
Negli anni 2000 si sono susseguiti al potere prima il nazionalista Ricardo Maduro (2002-2006) e poi il liberale Manuel Zelaya (2006-2009) che portò l’Honduras alla ratificazione del Trattato dell’ALBA (Alleanza Bolivariana per le Americhe). Accusato di voler modificare alcuni articoli della Costituzione per volgerli a suo vantaggio, Zelaya venne destituito da un golpe militare e si insediò un Governo ad interim presieduto da Roberto Micheletti, già presidente del Congresso. Convocate le elezioni, risultò vincitore il generale Porfirio Lobo Sosa, ritenuto da molti Paesi come autoritario e quindi mai riconosciuto come leader.
Infine, arriviamo alle più recenti elezioni che, nel 2013, hanno designato Juan Orlando Hernandez come nuovo Presidente. Tuttavia, ancora oggi si dibatte sulla regolarità di queste elezioni, anche se sia l’Organizzazione degli Stati Americani sia le Nazioni Unite hanno affermato che tutto si è svolto in maniera regolare.
2. L’ ECONOMIA – Il sostentamento del Paese si basa quasi esclusivamente su prodotti agricoli, fra cui caffè, banane, canna da zucchero, olio di palma, ananas, riso e legumi. Recentemente, dunque, gli ultimi Governi hanno cercato di sfruttare al meglio queste risorse, promuovendo diversi progetti per un incremento di questo settore.
All’agricoltura si affianca la produzione del legname, il cui sfruttamento, però, fa prevedere gravi conseguenze ambientali per il Paese. Inoltre, per agevolare le vie di comunicazione per il trasporto del legname stesso, il Governo non si sta facendo scrupoli nel modificare sempre più zone morfologiche naturali, deviando corsi d’acqua e costringendo intere popolazioni a spostarsi. Proprio ciò su cui Berta Caceres stava concentrando la propria attenzione.
È in questo quadro, che da una parte rappresenta una crescita economica per il Paese (secondo le stime della Banca Mondiale, il settore primario costituisce da solo il 13,5% del PIL honduregno), che si inseriscono le proteste degli ecologisti, prima fra tutti Berta Caceres. L’attivista, vincitrice del premio Goldman (il più importante riconoscimento internazionale sul tema ambientale) aveva lottato con determinazione contro la realizzazione del complesso idroelettrico Agua Zarca, che avrebbe stravolto il bacino del Gualcaraque. Questo fiume è da sempre considerato sacro dalle popolazioni indigene dell’Honduras nord occidentale e una variazione del suo corso avrebbe impedito l’accesso all’acqua a oltre 600 famiglie.
Altro punto cardine dell’economia del Paese è sempre stato quello delle risorse minerarie, in particolare l’argento, lo zinco e il piombo. Sempre nell’ambito del settore secondario, gioca una parte importante anche l’industria tessile che costituisce il 30% del PIL dell’Honduras.
3. LA POLITICA ESTERA – Storicamente, la politica estera honduregna è sempre stata più rivolta verso gli Stati Uniti. Tale relazione è stata ribadita dall’adesione del Governo di Tegucigalpa al CAFTA (Central America Free Trade Agreement).
Unica parentesi in cui i rapporti bilaterali con gli USA si sono allentati è stata costituita dalla presidenza di Zelaya, che non è mai stato riconosciuto dal Presidente Barack Obama. Le idee politiche di Zelaya erano infatti molto più vicine ai Governi di sinistra del Sud America che a quelle capitaliste degli Stati Uniti. In un’intervista del 2011, il Presidente deposto aveva quindi accusato Washington di celarsi dietro il colpo di Stato che lo aveva estromesso dal potere e di aver appoggiato i sostenitori del golpe.
Nel 2012 è stata infine sottoscritta una dichiarazione congiunta fra il G-16 e il Governo dell’allora Presidente Porfirio Lobo Sosa, che ha evidenziato cinque priorità per i prossimi Governi: sviluppo del processo politico, sicurezza pubblica, rispetto dei diritti umani, crescita economica e sociale, politica fiscale e trasparenza nella pubblica amministrazione.
Claudia Patricolo
Foto: nan palmero