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L’Italia riscopre l’Argentina

Il premier Matteo Renzi ha visitato l’Argentina 18 anni dopo l’ultima visita di un capo di Governo italiano. Al centro dell’incontro la prospettiva di incrementare i rapporti anche in virtù dello storico legame tra i due Paesi

IL QUADRO ECONOMICO ARGENTINO – Per l’Argentina le elezioni politiche di fine anno scorso segnano un cambiamento politico di portata storica; per la prima volta dopo parecchi anni, infatti, un Presidente che non si riconosce nel filone peronista si insedia alla Casa Rosada, inaugurando un cambio di rotta rispetto al periodo kirchnerista, in un momento storico in cui il Paese stava affrontando una nuova difficile situazione a livello economico dopo la parziale ripresa dal default del 2001.
Volendo descrivere brevemente il quadro macroeconomico del Paese sudamericano possiamo constatare come negli anni 2003-2011 esso abbia conosciuto tassi di crescita elevati con una media del 7-8%. La crescita è stata favorita soprattutto dagli alti prezzi delle materie prime agricole – come la soia, di cui l’Argentina è uno dei maggiori esportatori a livello mondiale – e da quelli, sostenuti, delle risorse energetiche. A partire dal 2012, però, il quadro economico è radicalmente cambiato a causa della diminuzione dei prezzi delle stesse materie prime agricole; il tutto mentre aumentava in maniera preoccupante l’inflazione – che secondo dati ufficiali raggiungeva il 24%.
Il tasso di disoccupazione ufficiale nel 2014 è stato del 7%. La riduzione delle esportazioni a causa della crisi economica mondiale ha fatto diminuire le riserve di valuta estera e questo ha fatto sì che ci fosse una continua pressione sul tasso di cambio, costringendo il Governo ad effettuare un rigoroso controllo dei cambi, con un valore prefissato ed immutabile del peso rispetto al biglietto verde americano ed una conseguente crescita degli scambi di valuta “in nero“. Macri lo aveva promesso, ed è stato così; da metà dicembre scorso il tasso di cambio con il dollaro è stato liberalizzato. Il peso verrà svalutato a breve.

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Fig. 1 – Sostenitori di Macri festeggiano la vittoria a  Buenos Aires

In questo clima di recessione, inflazione e mancanza di investimenti che si è affermata la vittoria del liberale Mauricio Macri, di origine calabrese. Quest’ultimo, appena insediatosi alla Casa Rosada, ha già varato dei provvedimenti che segnano la rottura rispetto alla politica economica intrapresa fino ad oggi. Il primo, come detto, è stato la rimozione delle restrizioni all’acquisto e alla detenzione di dollari. Il secondo è stato la riduzione delle tasse sulle esportazioni agricole nel tentativo di dare un maggior impulso al settore, che costituisce la voce principale dell’economia nazionale.
Ma anche a livello di relazioni internazionali non mancano le novità. Se con la presidenza di Cristina Kirchner l’Argentina è stata molto vicina a Paesi come Venzuela, Bolivia ed Ecuador per evidenti affinità ideologiche, il nuovo Presidente punta a migliorare le relazioni con gli Stati Uniti d’America e con i suoi alleati nel continente, ovvero Colombia e Perù.

LE POSSIBILITÀ PER L’ITALIA –  Un aspetto fondamentale che contraddistingue l’economia argentina è la sua impossibilità di accedere ai mercati finanziari mondiali in seguito alle dispute sorte dopo la decisione unilaterale di ristrutturazione del debito; il Paese può contare solo sulle entrate derivanti dalle esportazioni per far fronte al deficit. Anche su questo fronte, però, è evidente il cambiamento operato dal neopresidente Macri.
È notizia di pochi giorni fa, infatti, l’accordo raggiunto tra l’Argentina e gli hedge fund americani che non accettarono la ristrutturazione del debito. Buenos Aires sarebbe disposta a mettere sul piatto 4.65 miliardi di dollari per chiudere tale disputa. Al di là delle cifre, questo accordo avrebbe un chiaro significato a livello simbolico: se dovesse essere ratificato dal parlamento nazionale, potrebbe permettere al Paese di ritornare nel mercato dei capitali. Questo sarebbe fondamentale per uno Stato che oggi più che mai ha un disperato bisogno di investimenti esteri per far ripartire la propria economia.
Ed è qui che può inserirsi l’Italia. Visti i legami demografici e culturali che intercorrono fra i due Paesi (si calcola che su una popolazione complessiva di 40 milioni di abitanti, ben 25 milioni abbiano origini italiane), infatti, l’Italia può essere protagonista di assoluto rilievo nel rilancio dell’economia. Appare incredibile alla luce di tutto ciò come sia potuto accadere che per 18 anni un premier italiano non si sia recato personalmente in visita in Argentina. Lo stesso Paese sudamericano, infatti, negli ultimi anni ha intensificato i propri rapporti commerciali con Cina e Russia, anche se l’Europa rimane il principale investitore nel Paese.
Volendo dare delle cifre relative all’import argentino, il Brasile si colloca come il principale fornitore, dal quale proviene il 22% delle importazioni, seguito da Cina (7%), USA (14%) e Germania (5%). L’Italia occupa il settimo posto con il 2.5%. Per quanto riguarda le esportazioni al primo posto troviamo ancora una volta il Brasile, che assorbe il 21% delle esportazioni argentine, seguito da Cina (7%), USA (6%), Cile (4%), Venezuela e India (3%). L’Italia si colloca al diciottesimo posto.

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Fig. 2 – Un momento della conferenza stampa al termine del bilaterale tra Renzi e Macri

I POSSIBILI SETTORI DI COOPERAZIONE –  I settori in cui l’Italia potrebbe investire in Argentina sono numerosi: si va da quello energetico alle infrastrutture, da quello dei trasporti al settore turistico. L’Argentina infatti, nel 2011 è passata da esportatore ad importatore netto di energia e questo ha avuto riflessi negativi sulla bilancia commerciale e delle partite correnti. I giacimenti petroliferi nazionali, seppur presenti, non sembrano in grado di mettere il Paese in una condizione di autosufficienza energetica. È molto probabile che la compagnia petrolifera statale YPF (nazionalizzata dal Governo Kirchner nel 2012) si aprirà, in un futuro lontano, a investimenti da parte di compagnie petrolifere estere, e qui potrebbe entrare in gioco l’ENI.
Per quanto riguarda il settore turistico invece, secondo i dati del Ministero del turismo argentino, nel 2013 le partenze dall’Argentina per l’estero sono state pari a circa 7.5 milioni di unità. Di queste, solo 261.000 sono state dirette verso l’Italia, mentre il flusso turistico si è diretto soprattutto verso i Paesi confinanti (Brasile, Uruguay, Cile) e poi verso l’America Settentrionale e l’Europa meridionale in generale (soprattutto Spagna). Anche qui, un Paese con un patrimonio culturale e artistico immenso come il nostro può sicuramente lavorare per attirare un maggior numero di turisti provenienti dall’Argentina.
Il premier Matteo Renzi, alla visita alla scuola italiana Cristoforo Colombo di Buenos Aires, ha pronunciato le seguenti parole: «Scusate per i 18 anni di ritardo. L’Argentina e l’Italia condividono un grande valore. Se possiamo essere cugini con i francesi, con l’Argentina parlerei di sorelle».
Il premier italiano è stato accompagnato da alti dirigenti di Enel, Cassa Depositi e Prestiti, Pirelli, Finmeccanica, Fca e Trevi Ansaldo.
I legami tra Italia e Argentina sono forti e con la giusta volontà politica da parte di entrambe le parti si potrebbe cominciare a scrivere un nuovo pezzo di storia delle relazioni tra i due Paesi.

Antonio Strillacci

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più

Secondo alcuni dati, l’interscambio italo-argentino per il 2014 ha mostrato un calo dell’export argentino verso l’Italia (-7% rispetto al 2013) ed un leggero calo delle nostre esportazioni (-2.2%).
L’Italia esporta in Argentina soprattutto macchine, apparecchi e materiale elettrico, prodotti chimici ed affini, metalli comuni e materiale da trasporto mentre importa dall’Argentina soprattutto prodotti di origine animale ed alimentare.
Alcuni analisti sostengono che le esportazioni italiane verso il Paese sudamericano potrebbero aumentare del 13% entro il 2018.[/box]

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Antonio Strillacci
Antonio Strillacci

Nato e cresciuto in Basilicata, all’età di 19 anni mi sono trasferito a Torino per intraprendere gli studi universitari. Classe 1989, ho conseguito la laurea magistrale in Scienze politiche internazionali all’Università degli studi di Torino con una tesi sulla crisi economica della Grecia e sul dibattito intorno alla politica economica europea dell’austerità. Da sempre appassionato all’attualità politico-economica, mi occupo in particolare di analizzare la situazione socioeconomica dell’America Latina, dell’Europa e del Medio Oriente cercando di capire quali scenari futuri ci aspettano.

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