Torniamo a dover affrontare le tematiche del terrorismo che colpisce in casa nostra. Questo dimostra come in questi mesi purtroppo sia cambiato ben poco. Ecco qualche nostra prima considerazione e alcuni articoli per analizzare i temi in gioco e capirne di più
Oggi continueremo a postare articoli che già abbiamo scritto dopo Parigi, e nei mesi precedenti. Da questa mattina all’interno del comitato di Redazione ci siamo scambiati più di 400 messaggi, chiedendoci cosa fare.
Scriveremo certamente qualcosa sui fatti di Bruxelles, ma siamo tutti d’accordo sul fatto che – purtroppo – rischiamo quasi di ripeterci, e paradossalmente non ci sia quasi nulla di nuovo da scrivere. Se ripubblicassimo tutti gli articoli usciti dopo Parigi su tecniche di terrorismo, Stato Islamico, possibili reazioni, proponendovi di sostituire la parola “Parigi” con “Bruxelles”, tutto filerebbe, tutto rimarrebbe valido.
Siamo ancora fermi lì. E il punto è proprio questo: oltre quattro mesi dopo, non abbiamo fatto nessun passo avanti, anzi. Non è cambiato nulla. Scrivevamo la notte stessa di Parigi: “In quel gruppo di persone colpite, ci siamo – quantomeno – tutti noi, tutti noi europei. E da domani ancora di più dovremo anche capire e verificare se siamo davvero una Unione, come speriamo”. Parigi era occasione per l’Europa di fare l’Europa.
E quattro mesi dopo stiamo invece discutendo su come affossare Schengen, una indubbia e grande vittoria del terrorismo e una sconfitta disonorevole per noi. Oggi tanti scrivono che l’Europa unita e libera non si fa intimorire e non ha paura. Ma in questi mesi l’Europa non si è comportata da Unione che promuove la libertà, ma come una massa di paesotti che si chiudono mettendo la testa sotto la sabbia e coltivando il proprio orticello, perché non sanno o non vogliono affrontare i problemi, come se bastasse chiudersi a riccio per risolverli.
Che cosa vuol dire reagire, nel concreto? Ne abbiamo parlato, ne riparleremo: azioni diplomatiche unitarie e decise rispetto alla politica estera, programmi di resilienza civile e di deradicalizzazione, maggior coordinamento dei servizi di intelligence e creazione di un database comune dei foreign fighters, strategia comune sulla sicurezza euro-mediterranea, coinvolgimento dell’opinione pubblica nella comprensione di alcune dinamiche geopolitiche.
Ecco, forse di questo dovremmo scrivere: quante sveglie, quanti morti ancora abbiamo bisogna prima di capire che davanti alle sfide del jihadismo globale che è ormai nelle nostre case (gli attentatori non vengono da fuori, sono cittadini europei), o reagiamo come Unione, o questa Unione la sfaldiamo, peggiorando drasticamente le cose?
(Alberto Rossi, Presidente Il Caffè Geopolitico)
[divider style=”solid” top=”20″ bottom=”20″]
Prima di oggi abbiamo ampiamente trattato tutti questi temi. Vi riproponiamo le nostre idee
[tie_slideshow]
[tie_slide] Hot Spot “Sette temi dopo Parigi“
Un atto di terrorismo è una azione criminale e violenta con uno scopo preciso: causare paura, terrore, in un determinato gruppo di persone, per conseguire obiettivi politici. Non si colpiscono le istituzioni in primo luogo, ma la vita delle persone. Un teatro, un ristorante, uno stadio: da questo punto di vista, stiamo tutti assistendo a terrorismo allo stato puro.
Tattica, scopo, messaggio, reazione, attori, tutti a casa, scontro di civiltà (?). Dopo gli atti di terrorismo di Parigi, confronto aperto qui in redazione, per aiutarci tutti a capire meglio, oltre le reazioni istintive che un momento così ci provoca
[/tie_slide]
[tie_slide] Europa, terrorismo, fanatismo: anno zero, giorno uno
Dopo Parigi, analizziamo quanto accaduto con una serie di articoli. Partiamo oggi da alcuni temi ricorrenti (dai servizi segreti francesi a possibili risposte interne all’Islam) cercando di spiegare perché dovremmo su alcune cose proprio ricominciare da capo, cambiando la nostra strategia, osservando quali errori abbiamo commesso (per non ripeterli) e quali risposte è possibile dare
[/tie_slide]
[tie_slide] Il nostro giornalismo al servizio del Califfo
La narrazione mediatica occidentale, ostaggio di flussi di informazione indipendenti e incontrollati, rende la minaccia dell’autoproclamatosi Califfato ben maggiore di quanto non sia realisticamente percepibile, concedendo allo Stato Islamico spazi di manovra operativo-propagandistica precedentemente inimmaginabili. È necessario quindi rielaborare il concetto di racconto giornalistico, a cominciare da alcuni distinguo fondamentali sviluppati alla luce di una giusta commistione fra questioni di securitization, gestione dell’opinione pubblica, bisogni giornalistici e cultura del jihadismo globale
[/tie_slide]
[tie_slide] L’intelligence europea alla prova del terrorismo
A seguito degli attacchi verificatisi a Parigi lo scorso 7 gennaio molti hanno puntato il dito contro le carenze nella diffusione delle informazioni di intelligence, riportando l’attenzione sulla possibilità di introdurre un effettivo sistema di scambio da attivare a livello europeo. In effetti, anche se con forti limiti, a livello di Unione europea esiste già una sorta di agenzia di intelligence. Come si inserisce nella strategia di contrasto al terrorismo? Come funziona? Potrebbe essere trasformata in un’agenzia vera e propria?
[/tie_slide]
[tie_slide] Home-grown terrorism europeo: alle radici di Sharia4Belgium
Proseguendo la discussione già precedentemente avviata circa il panorama jihadista osservabile nel Vecchio Continente e le modalità di collegamento di combattenti in direzione Europa – Levante, questo articolo studierà più nello specifico il caso relativo al gruppo Sharia4Belgium, spiegandone la nascita ed evidenziando i legami che intrattiene con il resto dell’universo islamista, europeo e non solo. È caldamente consigliata la lettura dell’articolo di introduzione
[/tie_slide]
[tie_slide] Resilienza civile, arma contro il terrorismo
Gli Stati a rischio terrorismo studiano con crescente attenzione la possibilità di aumentare la resistenza della popolazione ad attentati e attività terroristiche. Costruire la “resilienza civile” significa limitare l’impatto di un attacco terroristico sul Paese colpito e, indirettamente, arginare i fenomeni di radicalizzazione interna.
[/tie_slide]
[/tie_slideshow]