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Le due Irlande a Euro2016

EuroCaffèLe squadre della verde Irlanda non partono con i favori del pronostico, nonostante l’Ulster sia una delle vere sorprese del torneo. Fuori dal campo, invece, la Repubblica presenta una situazione socio-economica piuttosto interessante.

L’IRLANDA A EURO2016 – L’Irlanda post trapattoniana, guidata dal 2013 da Martin O’Neill, partecipa per la terza volta agli Europei di calcio. Sarà trascinata in campo dal bomber (e totem) Robbie Keane (chi lo ricorda all’Inter nel 2000?) e affronterà anche l’Italia. I Boys in green hanno vinto lo spareggio con la ben più quotata Bosnia-Herzegovina dopo essersi classificati terzi dietro i panzer della Mannschaft tedesca e i polacchi del goleador Lewandowski.  Questa Irlanda del calcio unisce le quattro province (più o meno le nostre regioni) in cui è suddivisa l’isola: Munster, Leinster, Connacht e Ulster (quello che sta con il Presidente della Repubblica Michael D. Higgins, il cui settennato è iniziato nel 2011, e non con Elisabetta II). Una squadra che rappresenta poco meno di 5 milioni di persone spalmate su 70mila chilometri quadrati, vale a dire un’area grande quanto quella che va da Aosta a Venezia, costeggiando le Alpi e accarezzando il fiume Po, sebbene il calcio non sia lo sport più popolare, superato in praticanti da hurling e calcio gaelico.

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Robbie Keane, capitano dell’Irlanda

UNA STORIA DI CONTRADDIZIONI – L’Irlanda è un Paese ancora sospeso tra le fate e la modernità, in cui le tentazioni avveniristiche del mondo anglosassone si scontrano con la tradizione: è la sede europea delle più importanti aziende americane, da Google, a Microsoft, ad Avis, ma allo stesso tempo proibisce l’aborto. Ha l’euro ma guida a sinistra. È stata sia tra i PIIGS (oggi) che tra i Paesi emergenti (negli anni Novanta). È stata protagonista per secoli di una feroce lotta fratricida tra cattolici e protestanti. Una terra, insomma, ricca di contrasti e di dicotomie, e questo succede anche nello sport. Traslando l’asse dell’analisi, il conflitto sembra discendere direttamente dall’amputazione territoriale chiamata Northern Ireland, o Ulster – quello fedele alla corona d’Inghilterra. Soltanto nel 1949 Dublino abbandonò lo status di dominion e si rese definitivamente indipendente, dopo la guerra civile che l’aveva portata, guidata da Michael Collins, a liberarsi dallo scomodo potere di Buckingham Palace nel 1922. Le sei contee del Nord scelsero di rimanere sotto l’Union Jack. Erano più ricche, protestanti e poco inclini ai moti rivoluzionari popolari.

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Michael Collins, eroe dell’indipendenza irlandese

QUALCHE NOME – Tra i calciatori vestiti in verde ricordiamo Ray Houghton, colui che segnò a Pagliuca e fece vincere l’Irlanda contro l’Italia al mondiale americano, e soprattutto Liam Brady, storico numero 10 juventino marcatore del rigore decisivo contro il Catanzaro nell’assegnazione dello scudetto dell’82, in volata sulla Fiorentina. Col Trap l’Irlanda arrivò quasi a qualificarsi per i Mondiali sudafricani, ma, complice la mano di Thierry Henry, non riuscirono a superare la Francia nello spareggio per l’assegnazione dell’ultimo posto disponibile.

IN RIPRESA – Cosa c’è oggi sotto il cielo d’Irlanda? A costo di grandi sacrifici imposti dall’immancabile troika, che hanno portato a rivedere le pensioni, diminuire la forza lavoro pubblica e privatizzare i servizi essenziali, oggi l’isola delle fate si è rimessa in marcia e viaggia a velocità diversa dalla nostra.

L’ULSTER A EURO2016 – Le sei contee dell’Irlanda del Nord sono all’esordio nella manifestazione continentale. Hanno incredibilmente vinto il girone di qualificazione (davanti all’Ungheria) e nel palmares possono vantare un quarto di finale al Mondiale svedese del 1958. Grande come il Lazio, L’Ulster britannico non arriva a due milioni di abitanti. La squadra è soprannominata il Green&white Army. La frattura con i fratelli in verde ha storicamente poggiato su differenze religiose e politiche. Il conflitto ha seminato sangue da una parte e dall’altra, ma oggi è sopito, sperando che l’eventuale Brexit non ricrei quelle frontiere così faticosamente superate. La stella del Nord è Kyle Lafferty, un passato anche nel Palermo nella stagione in B (2013-2014). L’Ulster punta tutto sull’agonismo e sulla corsa: chiuso in un girone davvero ostico insieme a Germania, Ucraina e Polonia – un girone, beffa del destino, davvero legato alla questione frontiere, – non dovrebbe superare il primo turno, ma batterlo non sarà facile come sembra.

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La sede europea di Google a Dublino

ITALIA-IRLANDA – Avere le due rappresentative d’Irlanda nello stesso torneo non è cosa di tutti i giorni. Non si incontreranno, ma ciò basta lo stesso per riportare alla mente la vicenda dell’isola, separata e con due bandiere diverse nella vita e nel calcio. Non sappiamo se il migliore ranking internazionale basterà ai Boys in green per vincere l’europeo, ma sicuramente la Nazionale del trifoglio, l’Irlanda repubblicana nata dalla guerra civile, darà filo da torcere a tutti, Italia in primis – match previsto il 22 giugno alle ore 21, sarà l’ultimo del girone e potrebbe essere decisivo per la qualificazione: chi aiuterà san Patrizio?

IL RUGBY UNISCE – Ma c’è uno sport che restituisce un messaggio di pace, l’unico in cui irlandesi del Sud e irlandesi del Nord giocano insieme (anzi, «shoulder to shoulder», come l’altro nome dell’inno). Si tratta, ironia della sorte, del più inglese degli sport, il rugby. Per simboleggiare la ritrovata unione nel segno della palla ovale, i match casalinghi all’Aviva Stadium hanno due inni, quello ufficiale, Amhrán na bhFiann, e Ireland’s Call (come inno della squadra). Qui, l’Irlanda è una sola, in campo e in tribuna. Dopo aver perso lo scettro del 6 Nazioni a vantaggio dell’odiata Inghilterra, e dopo essere usciti in malo modo dai Mondiali della palla ovale per mano dei Pumas argentini, lo sport irlandese ha davvero voglia di tornare protagonista. Italia, Belgio e Svezia sono avvertite.

Andrea Martire

Foto: CEThompson

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Andrea Martire
Andrea Martire

Appassionato di America Latina, background in scienze politiche ed economia. Studio le connessioni tra politica e sociale. Per lavoro mi occupo di politiche agrarie e accesso al cibo, di acqua e diritti, di made in Italy e relazioni sindacali. Ho trovato riparo presso Il Caffè Geopolitico, luogo virtuoso che non si accontenta di esistere; vuole eccellere. Ho accettato la sfida e le dedico tutta l’energia che posso, coordinando un gruppo di lavoro che vuole aiutare ad emergere la “cultura degli esteri”. Da cui non possiamo escludere il macro-tema Ambiente, inteso come espressione del godimento dei diritti del singolo e driver delle politiche internazionali, basti pensare all’accesso al cibo o al water-grabbing.

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