Una annosa e profonda crisi economica, tassi record di violenza, corruzione ed impunità inficiano la credibilità del governo Maduro, oltrepassando anche i confini nazionali. Il presidente sta esaurendo tutte le carte a sua disposizione pur di mantenersi saldamente al potere e ora la lotta si sposta in Parlamento
VENEZUELA, STATO D’EMERGENZA E APERTURA DEL CONFINE COLOMBIANO- Stando ai dati del Fondo Monetario Internazionale (FMI), il Venezuela concludeva il 2015 con un tasso di inflazione del 159% (la più alta al mondo) e con la caduta del PIL pari al –10%. Code infinite presso i supermercati per reperire beni di consumo primario -praticamente inesistenti e per la maggior parte oggetto d’importazione – hanno favorito la proliferazione delle vendite di prodotti alimentari sul mercato nero a prezzi inaccessibili per una popolazione più che esasperata. Secondo quanto affermato dal partito di opposizione, la scarsità di prodotti basici è dovuto al controllo dei prezzi e ai processi di “nazionalizzazione” che hanno letteralmente fatto sparire il 15% delle aziende del paese. Tra quelle uscite più eclatanti ricordiamo quella recentissima della Coca-Cola, la quale ha chiuso le sue fabbriche nel paese poiché non si è più in grado di reperire lo zucchero, prodotto alla base della produzione della rinomata bevanda. Al contempo e come vuole la tradizione chavista, Maduro addossa la responsabilità di questo stato di emergenza alla borghesia contro-rivoluzionaria, la quale avrebbe architettato una vera “guerra economica” nei suoi confronti.
I RAPPORTI CON LA COLOMBIA – La vicina Colombia ha dato un sospiro di sollievo alla popolazione esacerbata dall’impossibilità di acquistare prodotti alimentari aprendo i confini con il Venezuela. Ma l’aiuto che la Colombia ha porto non è di certo del tutto dovuto a puro altruismo sudamericano. Infatti, Maduro e il suo pari grado Santos qualche mese prima avevano sancito un accordo col quale il secondo si comprometteva ad aprire la frontiera col Venezuela per lungo tempo rimasta chiusa. In questo modo, centinaia di migliaia di venezuelani hanno potuto attraversarla e poter finalmente rifornirsi di prodotti di prima necessità e medicinali.
In quella stessa sede di trattativa, si è dato avvio alla cosiddetta “Primera Rueda Binacional de Negocios” per “consolidare meccanismi di intercambio” tra i due paesi, e con più di 100 aziende. Tale accordo ha voluto promuovere l’importazione e l’esportazione di prodotti che possano essere commercializzati in entrambi i paesi. Tuttavia, il punto più interessante è quello per cui si è posto in atto un baratto tra la Colombia e il Venezuela; “gas GLP venezuelano” in cambio di “cilindri colombiani”. Per consolidare la mutua intesa commerciale si starebbe addirittura prendendo in considerazione l’idea di costruire un ponte che unirebbe i due stati e che si annuncia essere il ponte più lungo, sicuro, dinamico e moderno dell’America Latina.
MADURO E IL PATTO COL “DIAVOLO” (AMERICANO).- Risulta difficile credere che il Venezuela, paese che letteralmente galleggia su un oceano di petrolio, stia inesorabilmente affondando proprio in quelle acque d’oro. Una delle principali cause della crisi è da ricercare nel crollo della sua industria petrolifera. Ma ciò che è ancora più complicato da credere è che dall’inizio del 2016 Maduro starebbe facendo affari proprio con il suo più acerrimo nemico: gli Stati Uniti. Secondo quanto riferiscono fonti del New York Times, da gennaio scorso gli Stati Uniti hanno spedito in Venezuela oltre 50.000 barili di greggio al giorno, necessario per la raffinazione del carburante da esportazione. La necessità di rivolgersi proprio all’industria petrolifera statunitense risiede nella bassa qualità del greggio venezuelano, il quale deve essere miscelato con petrolio di migliore qualità per essere messo sul mercato.
A ciò si aggiunga anche il fatto che l’azienda statale che si occupa della commercializzazione del petrolio (PDVSA) non è in grado di pagare i fornitori e gli stipendi ai propri dipendenti. Il che porta ad un circolo vizioso tale per cui decine di navi cisterna battenti bandiera U.S.A. possono attendere alcune settimane prima di accedere ai porti venezuelani. Inoltre, gli impianti petroliferi del paese lavorano sottodimensionati, gli stipendi sono stati tagliati, le bande armate assaltano piattaforme e strutture petrolifere per rivendere i prodotti al mercato nero e, infine, il prezzo del greggio sui mercati internazionali continua ad essere troppo basso per essere anche sostenibile.
UNA CRISI DIVENTATA ANCHE IDEOLOGICA.- Ma la crisi venezuelana non è soltanto economica, politica e sociale. È, ora più che mai, anche ideologica. Come evidenziano i più recenti sondaggi di The Guardian, l’80% della popolazione avrebbe votato contro Maduro in caso di referendum revocatorio; in tal caso gli sarebbe subentrato il fedele Aristòbulo Istùriz (suo attuale vicepresidente), garantendo così altri due anni al governo. Ma in realtà il referendum non si terrà. Il presidente ha posto in essere il cosiddetto “Madurazo”, cioè, prima, all’inizio di ottobre, aveva annunciato l’annullamento degli appuntamenti elettorali previsti per il 2016 e per il 2017, sostenendo che l’unica priorità nazionale è quella di affrontare la grave crisi economica e la carestia per cui fino al 2018 (quando scadrà il suo mandato) in Venezuela non si terranno consultazioni elettorali di nessun genere. Poi, ed è storia di questa settimana, prendendo a pretesto il fatto che quattro governatori regionali (uomini suoi) avevano cancellato la raccolta di firme per il referendum revocatorio, lo ha di fatto bloccato.
Maduro ha scelto la via della fermezza costituzionale per rimuovere gli ostacoli politici del momento. E’ stato addirittura disposto il divieto di espatrio per Capriles, ex candidato alla presidenza e serio oppositore del regime, ed altri politici. Il Venezuela è ormai al tramonto, sono lontani i tempi in cui Hugo Chavez era riuscito a garantire una quantomeno fittizia prosperità ed uguaglianza sociale per le classi meno abbienti. Attualmente è tangibile il malcontento che dilaga su tutto il paese, che porta a continue manifestazioni contro il governo. La popolazione ha perso interesse a lottare per la “Revoluciòn Bolivariana”, ormai stanca, affamata e sdegnata. È, così, sempre più evidente il fallimento delle politiche socialiste di stampo chavista. Proprio ieri il parlamento venezuelano ha alzato il tiro votando per la messa in stato d’accusa del presidente, reo di aver sospeso la Costituzione. La guerra ormai è totale.
Claudia Pillosu
[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più
Inaspettatamente, lo scorso 24 ottobre, nel pomeriggio, Maduro si è recato in visita al Papa. Secondo la stampa ecclesiastica, il sommo pontefice ha invitato il presidente al dialogo con le parti politiche per alleviare le sofferenze della popolazione. Secondo una lettura più profonda, invece, il baffuto presidente starebbe cominciando a cercare alleanze per un percorso di mediazione sia interno che internazionale. Infatti il Nunzio apostolico in Argentina aveva annunciato un meeting per il 30 ottobre all’Isla Margarita con tutte le parti in causa, ma la mossa dell’assise parlamentare ha rimesso tutto in discussione.[/box]
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