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Il difficile 2016 del Mozambico

Numerosi fattori congiunturali hanno obbligato quella che era una delle più promettenti economie dell’Africa sub sahariana a rallentare notevolmente e a ribassare, fino a dimezzarle, le stime di crescita per il 2016. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, il paese crescerà del 3,6% invece che del 6% inizialmente previsto. Nel frattempo la popolazione, che è ancora tra le più povere del mondo, paga il prezzo di un’inflazione al 30% e di una guerra civile che torna a intensificarsi.

IL BOOM DEL MOZAMBICO – Nei primi anni del 2000 il Mozambico era riuscito ad affrancarsi con successo da un passato caratterizzato da una guerra di indipendenza e dalla guerra civile. Tali conflitti ne avevano drammaticamente minato la stabilità e, di conseguenza, frenato lo sviluppo economico. Gli accordi di pace firmati nei primi anni Novanta, lo svolgimento di regolari elezioni politiche, una serie di riforme finalizzate a modernizzare il sistema economico, la riduzione del debito pubblico, una collaborazione con le più importanti istituzioni economiche mondiali (Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale in primis) nell’ottica di uno sviluppo sostenibile, sono tutti stati fattori cruciali affinché il Mozambico potesse guadagnarsi il titolo di piccolo miracolo economico africano.

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Fig. 1 – Nel 2015 il Mozambico ha festeggiato il 40° anniversario d’indipendenza dalla dominazione portoghese. Dopo 16 anni di guerra civile il Mozambico sembrava pronto a far crescere la sua economia forte delle abbondanti risorse naturali di cui dispone

Nel quindicennio 2000-2015 il Mozambico è, infatti, cresciuto costantemente con tassi medi dell’8%. In un contesto di pace e stabilità politica, questa crescita ha permesso al governo di investire massicciamente in settori strategici per lo sviluppo a lungo termine del paese – agricoltura, allevamento, energia, infrastrutture e comunicazioni – e di rendere il paese uno dei più attrattivi per gli investimenti esteri nell’Africa meridionale. Nel 2016 l’economia del Mozambico ha però subito una importante battuta d’arresto a causa di tre fattori principali: l’instabilità politica dovuta al riaccendersi della guerra civile, lo scandalo dei debiti e il crollo dei prezzi delle materie prime.

GUERRA CIVILE E INSTABILITÁ – Le elezioni politiche del 2014 hanno consegnato le chiavi del paese al presidente Nyusi e al suo partito, il Frelimo, al potere da 41 anni. I risultati delle elezioni sono stati duramente contestati dal principale partito di opposizione del paese, il Renamo, deciso a voler governare nelle sei province in cui ha ottenuto la maggioranza. Il braccio armato di Renamo ha quindi intensificato le operazioni militari contro l’esercito governativo, soprattutto nelle regioni centrali del paese. A seguito di queste rinnovate ostilità, si registrano oggi numerose violenze e diverse popolazioni sono state costrette a lasciare i propri villaggi e a cercare asilo al di fuori dei confini nazionali. L’Alto commissariato ONU per i rifugiati ha iniziato nell’aprile di quest’anno le operazioni di trasferimento di diecimila richiedenti asilo nel campo profughi di Luwani, nel vicino Malawi.

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Fig. 2 – Con il riaccendersi delle tensioni centinaia di persone sono fuggite dal Mozambico per raggiungere i campi profughi. Nella foto, un gruppo di rifugiati al campo di Kapise nel distretto di Mwanza, al confine tra Malawi e Mozambico 

Per stemperare le tensioni tra governo e ribelli e nell’ottica di ritrovare una pace duratura, al centro del dibattito politico del paese è stata avanzata la proposta di riformare la costituzione e la forma di governo del Mozambico in chiave federale per garantire maggiore autonomia di governo alle realtà locali. La stesura della proposta è stata affidata ad una commissione ad hoc composta da rappresentanti del governo e del partito d’opposizione Renamo. Tuttavia, la commissione non è stata ancora in grado di produrre un testo condiviso, nonostante il termine per la presentazione di un primo documento fosse stato fissato per il 30 Novembre.

LA QUESTIONE DEL DEBITO – Il debito pubblico del Mozambico ha subito una drastica riduzione nei primi anni del 2000. Tra il 2001 e il 2002 è passato dal 117% del PIL al 78%. Tra il 2002 e il 2007 è poi ulteriormente sceso dal 78% del PIL al 39%. Grazie a quest’operazione di risanamento delle finanze statali il Mozambico è stato in grado sia di rendersi fortemente attrattivo per gli investitori esteri che di acquistare la fiducia dei mercati internazionali. Tuttavia, dal 2011 il debito pubblico ha ricominciato a salire e rischia adesso di tornare, secondo l’agenzia di rating Fitch, a quota 100.1% del PIL nel 2017. Ad aggravare la questione del debito e la sfiducia degli investitori esteri s’inserisce la notizia della scoperta, da parte del Fondo Monetario Internazionale, di numerosi debiti, per un totale di un miliardo di dollari circa, contratti dal Mozambico e nascosti allo stesso Fondo Monetario, ai donatori internazionali e agli investitori. In seguito a questo scandalo numerosi prestiti sono stati sospesi e i donatori hanno cancellato gli aiuti promessi al Mozambico. Il governo si ritrova ora costretto a cercare un accordo di ristrutturazione con i creditori perché impossibilitato a restituire l’intero ammontare finanziato.

I SETTORI IN CRISI – Ulteriore fattore di sofferenza per l’economia del Mozambico è stato il drastico calo del prezzo delle materie prime a livello globale. L’economia del Mozambico, infatti, dipende significativamente dalle esportazioni di materie prime quali carbone, alluminio, gas e petrolio. Con una domanda interna che ancora non è sufficiente a sostenere l’economia, il Mozambico è un paese particolarmente sensibile alle fluttuazioni dei prezzi nei mercati internazionali. A sottrarre valore a un’economia già povera come quella del Mozambico ha contribuito, poi, una grave siccità dovuta al fenomeno climatico El Niño che ha distrutto ettari di colture e portato alla morte di interi pascoli.

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Fig. 3 – La siccità ha provocato situazioni di acuta malnutrizione nelle province di Sofala e Zambezia. El Niño ha infatti provocato un 4% in meno nelle previsioni dei raccolti per l’anno 2016

Nonostante un quadro economico in chiara sofferenza, gli investimenti esteri in materia di estrazione di gas naturale non si sono affatto fermati. Al contrario, sulla scia della scoperta nel 2012 del giacimento Coral al largo delle coste del Mozambico, l’industria dell’estrazione del gas è in pieno boom e, nei prossimi anni, rappresenterà un settore strategico di sviluppo per il paese. Le operazioni in questi due giacimenti sono guidate dalla italiana Eni attraveso la Eni East Africa, che detiene il 70% dei diritti di estrazione della zona, insieme alla portoghese Galp (10%), la coreana KOGAS (10%), la società pubblica ENH (10%). A questi, si è aggiunta la cinese Petrochina Company che ha acquistato un 20% della quota di Eni East Africa.
La scommessa del Mozambico per il futuro si gioca su queste poche ma decisive partite: il raggiungimento di una pace duratura, il risanamento delle finanze pubbliche e la cooperazione internazionale per la gestione dei giacimenti di gas. L’opinione pubblica è fiduciosa: l’economia del Mozambico ha dato dimostrazione di saper essere incredibilmente dinamica e non faticherà a tornare ad essere un modello di sviluppo sostenibile per l’intero continente africano.

Salvatore Maraventano

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Sebbene numerose concessioni per l’estrazione di gas siano già state concesse, nel 2017 e nel 2018 ci saranno altri round di assegnazione. [/box]

Foto di copertina di Free Grunge Textures – www.freestock.ca rilasciata con licenza Attribution License

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Salvatore Maraventano
Salvatore Maraventano

Nato nel 1990 in una Palermo di lì a poco testimone dello stragismo mafioso, cresco a pane e antimafia. Conseguo la laurea in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Palermo. Durante gli anni universitari, sono presidente di AEGEE-Palermo per cui mi dedico al tema dell’integrazione europea. Dopo la laurea, ottengo un LL.M. in International Trade Law presso l’International Training Center dell’OIL. Decido poi di tornare a Palermo dove, mentre svolgo l’attività forense, mi dedico attualmente alla politica locale e ad attività di ricerca in materia di politica e commercio internazionale collaborando con l’Istituto Mediterraneo di Studi Internazionali. Amo il surf e ho deciso di non voler mai più vivere lontano dal mare.

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