In 3 sorsi – La Comunità Internazionale negli ultimi anni ha adottato misure sempre più stringenti nella lotta ai cambiamenti climatici, puntando soprattutto sulla produzione di energia da fonti rinnovabili. Per uniformarsi a questi standard, la Cina sta ponendo in atto politiche energetiche orientate ad un maggior utilizzo di fonti pulite e alla riduzione della produzione interna dai carburanti fossili
1. ANALISI ENERGETICA – Negli ultimi anni, per rispettare le disposizioni internazionali sulla riduzione delle emissioni e sulla lotta ai cambiamenti climatici, Pechino ha fermato la produzione di alcune miniere di carbone (anche se l’import di tale materia prima è comunque in crescita, +25% nel 2016) e rallentato di quasi il 10% l’estrazione di petrolio dai propri giacimenti locali. Secondo un’analisi dell’International Energy Agency (IEA), comunque, la crescita delle domanda di energia della Cina sarà, nel 2035, maggiore del 70% rispetto a quella statunitense, e questa potrebbe essere una delle ragioni per cui Pechino sta cercando di rafforzare la componente green del proprio comparto energetico, cercando di sfruttare al massimo la produzione interna delle nuove wind e solar farms. Allo stesso tempo le autorità cinesi stanno cercando di potenziare l’importazione di gas, ritenuto una delle fonti più verdi tra quelle tradizionali, e di limitare al massimo l’importazione del petrolio, essendo quest’ultima una fonte molto dipendente dagli equilibri geopolitici. In particolare, in base all’ultimo Piano Quinquennale varato dall’Amministrazione Nazionale dell’Energia, il Governo cinese ha un duplice obiettivo circa l’uso del carbone: la riduzione dal 75% al 55% dell’uso per la produzione di energia elettrica, e la sua graduale sostituzione con l’idroelettrico. Gli investimenti in questo settore, già quota importante nel mix energetico cinese con i 22.500MW prodotti dalla centrale della Diga delle Tre Gole, nella provincia dello Hubei, toccheranno quota 70 miliardi di dollari entro il 2020.
Fig. 1 – Un pastore osserva un parco eolico nella campagna dello Xinjiang
2. PROGETTI FUTURI (E PRIMATI ATTUALI) – All’ordine del giorno ci sono i lavori per il completamento di un impianto eolico off shore nella provincia dello Jiangsu che avrà una capacità installata di 30GW entro il 2020, e che con l’installazione di circa 80 turbine coprirà una superficie di circa 82 km quadrati. Un altro dei super progetti di Pechino è il Gansu Wind Farm Project. Il Governo ha infatti stanziato 17,5 miliardi di dollari per la costruzione di un impianto che produrrà entro il 2020 20milaMW, puntando a diventare quindi la più grande wind farm del mondo. Il primato rimane in Cina anche per quanto riguarda il fotovoltaico. In questo campo sono due i maggiori progetti promossi: verso ovest troviamo il Longyangxia Dam Solar Park, nella provincia dello Qinghai, che, con i suoi 27 km quadrati (visibili anche dallo spazio), produce circa 850MW di energia solare; mentre spostandosi ad est troviamo invece la cosiddetta Solar Valley, ovvero un complesso residenziale di 5mila metri quadri interamente alimentato da energia solare. La presenza di un sistema geotermico per l’acqua calda e il sistema di isolamento adottato per muri e tetti, che permette di risparmiare il 30% di energia, hanno contribuito ad accrescere il valore green di tale complesso edilizio.
Fig. 2 – Un gigantesco impianto fotovoltaico a Hami, nella parte nord-occidentale dello Xinjiang
3. POLITICHE GREEN E ANTI-EMISSIONI – Una delle problematiche più urgenti da risolvere sono le emissioni inquinanti. La quantità di particelle nocive ha infatti raggiunto negli ultimi anni livelli davvero preoccupanti in Cina, specialmente nel nord del Paese, peggiorando ulteriormente la qualità dell’aria e della salute di milioni di cinesi e incentivando l’allerta smog che è presente in numerose grandi città industriali. Con il XII Piano Quinquennale, Pechino ha stanziato circa 340miliardi di dollari per progetti di ottimizzazione energetica, fissando come primo obiettivo una produzione del 30% dell’elettricità da fonti non fossili e come secondo una riduzione delle emissioni di anidride carbonica del 17%. In particolare, Pechino ha stanziato 11,8 miliardi di dollari (dati riferiti al primo semestre 2016) solo per progetti riguardanti la produzione di energia da fonti rinnovabili. Da una recente analisi delle polveri sottili, in oltre 22 città sono stati riscontrati livelli di polvere sottili allarmanti e, tra queste, la più inquinata pare essere Shijiazhuang con oltre mille microgrammi per metro cubo d’aria. Tra le più recenti tecnologie utilizzate per combattere le emissioni di CO2, si sta cercando di ottimizzare gli strumenti di cattura e stoccaggio del carbone (CCS) con l’obiettivo di ridurre al minimo le emissioni derivate dalla combustione del fossile, rendendolo così “pulito”. Inoltre, per soddisfare gli obiettivi sui tagli delle emissioni di anidride carbonica stabiliti dalla Conferenza di Copenaghen del 2009, pari al 15% entro il 2020 e il 20% entro il 2030, una recente direttiva governativa vincola, entro il 2020, le società regionali di distribuzione ad acquistare una quantità di energia elettrica – compresa tra il 3 e il 5% – che sia prodotta da fonti rinnovabili non idroelettriche. Allo stesso tempo, le società produttrici sono tenute a generare almeno il 9% dell’elettricità da fonti rinnovabili non idroelettriche, con l’obiettivo di raddoppiare tale quota in cinque anni. Per rinforzare questo trend è stata proposta l’istituzione di un sistema di contrattazione dei Certificati Energetici Rinnovabili consentendo alle società energetiche di acquistare o vendere energia rinnovabile.
Fig. 3 – Una donna copre il suo volto con una mascherina per proteggersi dallo smog di Pechino. I limiti di sicurezza stabiliti dall’Organizzazione mondiale per la sanità (OMS) per quanto riguarda la qualità dell’aria sono stati superati in molte città cinesi, provocando un vero e proprio allarme
Isabel Pepe
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
L’allerta rossa per inquinamento atmosferico viene emessa in tre casi principalmente: quando si prevede che l’Air Quality Index (AQI) superi i 200 microgrammi per metro cubo per più di quattro giorni consecutivi, i 300 microgrammi per più di due giorni o i 500 microgrammi per almeno 24 ore consecutive. L’AQI è un indice prodotto dalle agenzie governative che indica sia quanto l’atmosfera sia inquinata, sia le previsioni di inquinamento. L’allerta smog è diventata sempre più frequente nelle regioni settentrionali, cuore industriale della Cina, soprattutto durante l’inverno in cui aumenta la domanda di energia che viene soddisfatta principalmente dal carbone. Per approfondire tale tema si consiglia il documentario Under the Dome, uscito nel 2015 e diretto dalla giornalista indipendente Chai Jing.[/box]
Foto di copertina di United Nations Industrial Development Organization rilasciata con licenza Attribution License