In 3 sorsi – L’Unione Europea e il Giappone hanno raggiunto dopo ben 18 round di negoziati un’intesa di massima sul JEFTA (Japan-Europe Free Trade Agreement), un accordo di libero scambio che prevede una progressiva riduzione dei dazi doganali e una maggiore facilità di accesso ai rispettivi mercati. I punti chiave dell’intesa riguardano soprattutto il settore agroalimentare e l’industria automobilistica.
1.NESSUNO COME LUI – Questo accordo ricorda molto da vicino il CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement), ovvero l’accordo siglato tra Unione Europea e Canada che entrerà provvisoriamente in vigore a settembre. Tuttavia, il JEFTA è nel suo complesso più articolato ed evoluto, perché recepisce la normativa dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e include clausole specifiche circa la protezione dei dati personali (tema sensibile per entrambi i Paesi). Il JEFTA copre una vasta gamma di settori, ma il cuore dell’accordo si basa sulla possibilità per gli europei di vedere ridotti se non progressivamente annullati i dazi sull’esportazione di prodotti agroalimentari nel Sol Levante, per i quali storicamente sono sempre state mantenute delle importanti barriere in entrata (attualmente i dazi sono del 29,8% sui formaggi e del 15% sul vino). D’altro canto, i giapponesi saranno facilitati nell’esportazione di auto, componenti e pezzi di ricambio; l’industria automobilistica europea avrà invece 7 anni a disposizione prima dell’implementazione definitiva dell’accordo per armonizzare i suoi standard tecnici con quelli nipponici. Infine, un altro tema caldo incluso nell’accordo è quello degli appalti pubblici, che i giapponesi hanno sempre considerato come un affare esclusivamente domestico: grazie al JEFTA le imprese europee avranno accesso alle gare pubbliche in 48 grandi città del Giappone.
Fig. 1 – Il Presidente dell’Unione Europea Donald Tusk e il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker incontrano il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe
2.I BENEFICI PER L’EUROPA E PER L’ITALIA – Secondo l’Impact Assessment elaborato dalla Commissione Europea, il PIL dell’Unione dovrebbe crescere nel lungo periodo dello 0,8% e l’export bilaterale del 34%. Attualmente il Giappone è per l’Europa il sesto partner economico a livello mondiale e il secondo in Asia, dopo la Cina. I negoziatori europei sono riusciti a “strappare” anche un’altra importante concessione che sta molto a cuore all’Italia, ovvero il riconoscimento di 205 denominazioni di origine tra IGP e DOP. Inoltre, il Giappone si è anche impegnato al progressivo ritiro dei prodotti fake, come i cosiddetti “Italian sounding”. Per i formaggi a pasta molle sono previste delle quote entro le quali non ci saranno dazi, ma al momento sono abbastanza larghe da includere tutto l’export europeo; per i formaggi a pasta dura si dovranno attendere 15 anni prima di giungere alla completa eliminazione delle tariffe. Infine, i dazi saranno ridotti su pasta, prodotti da forno, carne di manzo e di maiale. Nel 2016 l’Italia ha esportato verso il Giappone beni (soprattutto abbigliamento, prodotti in pelle e meccanica strumentale) per circa 6 miliardi di euro e il trend è in crescita. Questa cifra è destinata ad aumentare grazie al JEFTA e all’aumento dell’export di prodotti agroalimentari.
Fig. 2 – L’industria automobilistica giapponese sarà tra i principali beneficiari del JEFTA.
3.UN MESSAGGIO AL MONDO – “Ce l’abbiamo fatta. Abbiamo concluso i colloqui politici e commerciali Ue-Giappone. Europa globale!”: questo è il tweet del Presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk che ha comunicato al mondo il raggiungimento dell’intesa sul JEFTA tra UE e Giappone dopo un vertice bilaterale a luglio presieduto anche dal Premier giapponese Shinzo Abe. L’accordo permette di avere un peso crescente nel dettare le regole del commercio mondiale in una fase in cui erigere muri sembra essere un’alternativa allettante. Il fatto che l’intesa sia stata raggiunta a ridosso del G20 di Amburgo è un chiaro segnale al mondo: Europa e Giappone credono nel libero scambio e condannano il protezionismo (leggi la politica economica di Donald Trump). Su questa presa di posizione è probabile che si allinei anche la Cina, che di recente ha sottolineato quanto le misure protezionistiche siano un danno per tutti. Bruxelles ha intenzione di procedere su questa strada: sono infatti in corso di negoziazione altri importanti accordi di partnership economica con Paesi come l’Arabia Saudita, l’Argentina, il Brasile, l’India e l’Indonesia. Quanto al JEFTA, si attende una stesura definitiva dell’accordo che dovrà essere firmato e in seguito ratificato dal Parlamento giapponese, da quello europeo e dai 28 Parlamenti nazionali della UE. L’ultimo nodo sembra essere il capitolo sulla protezione degli investimenti e le corti di arbitrato, ma la strada è ormai in discesa.
Fig. 3 – Grazie al JEFTA si prevede un aumento dell’export di prodotti agroalimentari made in Italy, in primis formaggi, vini e pasta.
Mara Cavalleri
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
Come per ogni accordo che si rispetti, non mancano le polemiche. A fine luglio Greenpeace Olanda ha pubblicato un documento riservato di 200 pagine relativo ai negoziati del JEFTA che, a loro opinione, sarebbero avvenuti in segreto (così come avvenne per il CETA) allo scopo di aggirare le normative più stringenti sugli standard ambientali. Più in generale, l’accusa di fondo è che l’accordo abbia come mero obiettivo l’aumento degli scambi, tralasciando questioni più prettamente etiche e sociali come lo sviluppo sostenibile e la tutela del lavoro. [/box]
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