La disuguaglianza mina lo sviluppo del paese. Il fenomeno è globale ed è la prima tra le sfide economiche del prossimo secolo, ma assume in Brasile un carattere sfaccettato tra le differenze regionali
DISUGUAGLIANZA COME OSTACOLO ALLO SVILUPPO
Non poca rilevanza, nel corso degli ultimi decenni e in contesti diversi, ha assunto di fatto la teoria del “trickle-down”, secondo la quale gli incentivi economici a beneficio dei ceti abbienti recano vantaggio all’intera società. Partendo da alcune idee degli “economisti classici” fino ad arrivare al successo politico dei governi Reagan e Tatcher, la convinzione che le privatizzazioni, l’abbassamento delle tasse e lo sviluppo industriale possano, attraverso la crescita economica, abbattere contemporaneamente povertà e disoccupazione è andata consolidandosi. Definire ciò che intendiamo per “sviluppo”, economico o sociale, è controverso, ma dovrebbe includere un ampio spettro di aspetti riguardanti la vita umana. A prescindere dalle differenti convinzioni su come arrivare a produrre tale sviluppo, sicuramente un ostacolo da abbattere per sviluppare gli elementi della sfera sociale in questione, dalla salute e l’educazione, fino alle parità di trattamento e alla libertà, è sicuramente la disuguaglianza. Se la duplice relazione tra disuguaglianza e prodotto interno lordo teorizzata da Kuznets è stata abbondantemente messa in discussione grazie a studi più accurati, il FMI ne ammette il rapporto causale con instabilità macroeconomica e politica, vari studi mostrano una relazione negativa con vari indicatori di salute e molto chiara sembrerebbe la consequenzialità con sicurezza e corruzione, solo per citarne qualcuna.
Fig.1 – Ricardo Saverin, co – fondatore di facebook
BRASILE, LE FACCE DELLA DISUGUAGLIANZA
Il Brasile è, in tal senso, un modello esemplare di come disuguaglianza, quadro economico, politico e culturale si possano legare indissolubilmente, minando lo sviluppo tanto agognato di un paese ricco di opportunità. In primo luogo è interessante notare che il Brasile è l’unico paese ad alta disuguaglianza in cui sono sostanzialmente presenti tutti gli strati reddituali, dai più bassi redditi al mondo a livelli di ricchezza paragonabili a quelli dei più “ricchi” dei paesi sviluppati. Ciò rende il Brasile una sorta di “specchio” per la disuguaglianza a livello globale, nonché una fonte di spunti interessanti. Con un coefficiente di Gini pari al 52% nel 2014, la disuguaglianza di reddito brasiliana si può definire tra le più alte al mondo. Nonostante il paese sia parte del G20 e fra le prime dieci economie al mondo, il ceto più ricco della popolazione continua a beneficiare e appropriarsi di una maggiore fetta di rendita. Tutto ciò nonostante la situazione riguardante la povertà e la stessa disuguaglianza a livello aggregato sia sensibilmente migliorata nel corso degli anni. È proprio nella fascia più alta di reddito che si nascondono le principali peculiarità del sistema.
Una recente ricerca Oxfam indica che il 5% della popolazione più ricca guadagna mensilmente la stessa cifra del restante 95%. La situazione a livello patrimoniale è ancora più indicativa. Sei Brasiliani possiedono la stessa ricchezza della metà più povera del paese (100 milioni di persone). È questa il lato più evidente della cosiddetta “oligarchia”, che tanto ha avuto a che fare nel corso degli anni con politica e interessi vari. Tra questi, oltre al co-fondatore di Facebook, Eduardo Saverin, troviamo Roberto Marinho, vice-presidente ereditario del celebre colosso mediatico “O Globo”, coinvolto in varie polemiche e tanto legato alla politica brasiliana.Fra gli altri, ecco la presenza di tre esponenti del gruppo Ambev, più grande produttore di birra in Sudamerica, e fortemente finanziato dallo stato brasiliano.
fig 2. Ragazzi che dalla Favela di Cantagalo, Rio de Janeiro, vanno avedere le Olimpiadi dell’agosto 2016
Se la differenza reddituale e patrimoniale rivela di per sé la situazione del paese, soltanto grazie a uno sguardo di più ampio respiro si riesce a intravedere l’enorme inadeguatezza dello sviluppo del paese. Le donne ancora guadagnano il 62% degli uomini per svolgere le stesse mansioni. E in questo caso, la determinante culturale risulta cruciale (solo per citare un esempio, secondo un sondaggio Ipsos, il 41% delle donne intervistate ha paura di esprimersi e lottare per i propri diritti). I neri prendono invece in media il 57% dello stipendio di un bianco, vivendo di meno e ricevendo meno istruzione, aspetti estremamente collegati. Vi sono infine differenze abissali in termini di reddito, condizioni e stili di vita tra favelas e quartieri agiati (talvolta situati a pochi metri l’uno dall’altra), tra popolazione urbana e rurale, tra Nord/Nord-est e il sud della “ricca” San Paolo. Tutto è correlato e tutto negativamente rinforzante.
Mario Lorenzo Janiri
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
Secondo un recente studio, pubblicato nella “Mappa della Disuguaglianza di San Paolo”, un abitante dell’area ricca della città vive in media 24 anni in più di chi vive nell periferia di Jardim Angela. [/box]
Foto di copertina di Beth Castelo Licenza: Attribution License