venerdì, 15 Novembre 2024

APS | Rivista di politica internazionale

venerdì, 15 Novembre 2024

"L'imparzialità è un sogno, la probità è un dovere"

Associazione di Promozione Sociale | Rivista di politica internazionale

Stato d’emergenza alle Maldive: un paradiso in pericolo?

Lo scorso 5 febbraio l’attuale Presidente delle Maldive Abdulla Yameen ha dichiarato lo Stato di emergenza nel Paese per quindici giorni, appena prima che le forze di polizia irrompessero negli edifici della Corte Suprema e, contestualmente, arrestassero l’ottantenne ex Presidente Maumoon Abdul Gayoom, primo leader del Partito Progressista Maldiviano (PPM)

STATO D’EMERGENZA

La situazione che in queste settimane stanno vivendo le Maldive, per altro in continua evoluzione, è l’esito di una serie di eventi dal consistente peso politico. In particolare, la Corte Suprema ha pronunciato il 1 febbraio il suo verdetto relativo all’accusa di terrorismo mossa dall’attuale Governo all’ex Presidente Mohamed Nasheed, da tempo in esilio in Sri Lanka, e ad altri esponenti dell’opposizione parlamentare. La Corte ha, in pratica, riammesso alla vita politica nove figure di spicco e ha sostanzialmente facilitato la candidatura di Nasheed alle prossime elezioni presidenziali. Formalmente, la decisione dei giudici è stata volta a sottoporre gli accusati a un nuovo e libero processo. Tra i nomi coinvolti, Nazim, ex Ministro della Difesa; Adeeb, ex Vice-Presidente, accusato di aver attentato alla vita di Yameen; Ibrahim, accusato di riciclaggio, e l’ex Procuratore Generale Muhsin. Per tutti era richiesto un periodo di detenzione di almeno 12 anni per i reati contestati.

Embed from Getty Images

Fig. 1 – La vita continua: un camion carica delle merci in un quartiere di MalĂ©, 8 febbraio 2018

Il Presidente Yameen, a sua volta sotto accusa per corruzione e atteggiamento dispotico, ha immediatamente licenziato il capo della polizia e ha fatto quanto in suo potere per evitare l’applicazione della sentenza. In particolare, il Procuratore Generale Mohamed Anil ha sospeso ad interim il giudizio della Corte, scatenando una bagarre parlamentare. Nel corso della discussione assembleare, volta a chiedere la rimozione del Procuratore, il Presidente Yameen ha ordinato che la polizia in tenuta anti-sommossa, già da giorni in presidio stabile della capitale, arrestasse due esponenti dell’opposizione.

Dinnanzi ai tafferugli e nonostante le pressanti richieste da parte dell’ONU e di altri Paesi confinanti di risolvere pacificamente la questione, l’attuale Presidente ha proclamato lo Stato di emergenza per due settimane e ha ordinato all’esercito di resistere a qualsiasi pressione volta a sollevarlo dall’incarico. La decisione, prontamente comunicata attraverso i siti Internet ufficiali, è stata dichiarata dalla Ministra Shakoor, considerata una fedelissima del Presidente, che ne difende la continuità in carica. Nessuno dei giornali locali, tantomeno quelli indipendenti, ha avuto modo di battere la notizia in tempo reale. A detta di alcuni di essi, sembra che il Governo abbia realizzato un attacco informatico per limitare la divulgazione di notizie scomode.

LA VERSIONE GOVERNATIVA DEI FATTI

Numerose sono le accuse mosse dal Governo verso la controversa sentenza. Premesso che che la Corte non avrebbe assolto a doveri costituzionalmente dovuti in merito all’istituzione di una apposita commissione di valutazione, la decisione della scarcerazione sarebbe stata adottata non come risultato di una pronuncia giudiziale, ma come semplice accordo nel segreto della Camera. Considerata la caotica situazione generata dalla notizia, il Procuratore Generale avrebbe provato a mettersi in contatto con il Presidente della Corte ma, nonostante le numerose telefonate, quest’ultimo avrebbe eluso ogni tentativo di dialogo. Nel giorno successivo, il Presidente avrebbe invitato il Procuratore Anil a inviare una richiesta formale inerente la volontà di limitare l’applicazione della decisione per motivi di ordine pubblico. La Corte, tuttavia, in seduta comune avrebbe poi risposto che non vi è alcun ostacolo giuridico per la scarcerazione di coloro i quali erano stati solo accusati di terrorismo. Contemporaneamente, si sono diffuse voci circa il pagamento, da parte dell’opposizione, di ingenti somme di denaro ai membri della Corte Suprema, con l’obiettivo di destabilizzare il Governo e di favorire un colpo di Stato o eventuali nuove elezioni, che porterebbero certamente alla vittoria Nasheed. In effetti, proprio il 3 febbraio, la Corte ha provato a discutere una mozione per dichiarare la decadenza del Presidente dalle sue funzioni. Tuttavia, eccedendo tale decisione i compiti costituzionalmente attribuiti e in considerazione della totale assenza di Yameen ed ogni altro suo rappresentante, la Corte ha decretato l’inammissibilità della medesima.

Embed from Getty Images

Fig. 2 – Un soldato sorveglia l’ingresso della residenza del Presidente Yameen, 8 febbraio 2018

Di fronte a tale affronto, Anil, d’intesa con il Governo e le forze militari, avrebbe rilasciato un comunicato congiunto fortemente critico dell’operato della Corte. In risposta, il Presidente dell’organo supremo ha accusato Anil di aver interrotto il regolare corso della legge e, pertanto, ha promosso una nuova mozione volta a richiederne l’arresto. Minacciato sulla durata del suo mandato elettorale, il Presidente Yameen avrebbe, quindi, dichiarato lo Stato d’emergenza, pur in assenza di gravi disordini pubblici.

SENTENZA ROVESCIATA

Il 6 febbraio, infine, il Governo ha accolto e reso nota la decisione della Corte Suprema di sospendere le pronunce del 1 Febbraio, ritirando l’ordine di libertà per i sospettati di terrorismo, ai quali non sarebbe quindi garantito un nuovo processo. Forte del giudizio di riammissione alla vita politica, ad ogni modo, l’ex Presidente Nasheed ha formalmente richiesto all’India e agli Stati Uniti di intervenire per interrompere l’instaurazione di una legge marziale, che garantirebbe poteri speciali a Yameen. Ha inoltre sottolineato che il Paese sta vivendo, dal 2013, una condizione di limitata libertà di espressione nonché un assoggettamento degli altri poteri dello Stato a quello governativo.

Embed from Getty Images

Fig. 3 – L’ex Presidente maldiviano Nasheed durante una conferenza stampa in Norvegia, maggio 2017

In effetti, in molti sono i Paesi a vario titolo interessati alla disfatta o al successo dell’attuale Governo maldiviano. La Cina ha reso noto il proprio interesse per gli atolli maldiviani già nel 2014 e proprio alla fine dello scorso anno ha concluso un accordo di libero scambio con il Paese, approvato dalle autorità di Malé senza alcun parere dell’opposizione parlamentare. L’avvicinamento della Cina alle Maldive è certamente da ricollegare alla posizione strategica dell’arcipelago nell’Oceano Indiano e alla possibile presenza di grandi quantità di petrolio nelle acque circostanti. Per queste ragioni, attraverso la firma di un preciso memorandum, la Cina ha voluto coinvolgere le Maldive nel progetto della Nuova Via della Seta. Dall’altra parte, l’India, che non ha potuto avanzare una controproposta commerciale a quella cinese, ha la possibilità, anche grazie all’esplicita richiesta di Nasheed, di intervenire militarmente contro il regime di Yameen, nonostante la sua nota non belligeranza. Le relazioni tra i due Paesi sono da sempre state molto forti. E’ infatti noto che l’India ha fortemente contribuito tanto allo sviluppo commerciale quanto militare delle Maldive.

Embed from Getty Images

Fig. 4 – Stretta di mano tra Yameen e il Presidente cinese Xi Jinping a Pechino, dicembre 2017

A partire dal 2012, tuttavia, i rapporti hanno iniziato a deteriorarsi in maniera consistente, al punto da interrompere un accordo di sviluppo infrastrutturale per l’aeroporto di Malé. In considerazione dell’avvicinamento di Yameen alla Cina e, consapevole di poter giocare ancora un ruolo di primo piano all’indomani della crisi politica, per l’India l’attesa non sembra essere la migliore opzione. Del resto, secondo i giornali indiani, l’operazione militare avrebbe anche il benestare degli Stati Uniti e del Regno Unito e garantirebbe un nuovo bilanciamento di potenza nella regione nonchè l’uscita di scena della Cina dall’arcipelago. E’ esattamente nel timore di un tale scenario che la Cina ha dichiarato in maniera perentoria la necessità di garantire la sovranità maldiviana, ribadendo, dunque, il principio di non interferenza.

Le vicende a MalĂ© sono ancora in rapida evoluzione e nuovi sviluppi saranno certamente visibili nelle prossime settimane. E’ infatti notizia recente la forte critica internazionale verso il Presidente Yameen a seguito dell’arresto di due giudici della Corte Suprema. La principale inquietudine, condivisa anche dall’ ONU, riguarderebbe la commistione dei poteri dello Stato, sostenuta da Yameen, a tutto svantaggio dell’imparzialitĂ  di quello giudiziario. Quale sarĂ  comunque il ruolo della Corte Suprema, del Governo e dell’India nell’attuale crisi è ancora tutto da definirsi.

Giovanni Ardito

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Lo Stato d’emergenza è terminato ufficialmente martedì 20 febbraio, ma il Presidente Yameen ha deciso di estenderlo ulteriormente di 30 giorni per motivi di sicurezza. I partiti di opposizione hanno boicottato il voto parlamentare per approvare tale estensione, ma la presenza di 38 deputati della coalizione governativa ha consentito comunque alla misura di passare senza problemi.

L’India ha espresso contrarietĂ  e preoccupazione per l’estensione dello Stato d’emergenza, chiedendo un rapido ritorno alla normalitĂ  costituzionale nelle Maldive. Al momento New Delhi sembra però scartare un intervento armato contro Yameen, richiesto a gran voce dai leader dell’opposizione maldiviana, e preferisce invece muoversi sul terreno del negoziato diplomatico e delle possibili sanzioni economiche contro il Governo di MalĂ©. Nel frattempo il settore turistico dell’arcipelago sta soffrendo pesantemente per tale situazione di incertezza, con centinaia di prenotazioni cancellate e resort semivuoti.[/box]

Foto di copertina di dying regime Licenza: Attribution License

Dove si trova

Perchè è importante

Vuoi di piĂą? Iscriviti!

Scopri che cosa puoi avere in piĂą iscrivendoti

Giovanni Ardito
Giovanni Ardito

Nato a Napoli nel 1995 e attualmente studente di International Affairs presso l’Università di Bologna, sono appassionato di Cina e dell’uso dei droni nei conflitti armati.

Trasferitomi a Roma dopo la maturità classica, mi sono laureato con lode in Scienze politiche e Relazioni internazionali all’Università La Sapienza di Roma, con una tesi sul modello One Country Two Systems ad Hong Kong. Contemporaneamente, assecondando i miei interessi all’ interdisciplinarietà, ho studiato presso la Scuola Superiore di Studi Avanzati della Sapienza, dove ho avuto la possibilità di scrivere di Siria, salvaguardia del patrimonio culturale internazionale e basi militari. Non propriamente amante dell’attività sportiva, nel tempo libero mi piace leggere e ascoltare musica… nel tempo libero, appunto.

Ti potrebbe interessare