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Bonsignore: Le prossime partite sulla scacchiera geostrategica

Miscela strategica – Nella terza ed ultima parte della nostra lunga chiacchierata, ci concentriamo infatti sulle questioni geostrategiche piĂą “calde” nel prossimo futuro, spaziando dal ridimensionamento del ruolo degli Stati Uniti fino all’ascesa della Cina, passando per le possibili evoluzioni della NATO

 

(III. Segue. Rileggi la prima e la seconda parte)

 

– Quali sono le piĂą importanti partite geostrategiche nel prossimo futuro?

 

Come diceva quel tale, fare previsioni è cosa molto difficile, soprattutto poi se riguardano il futuro. Si possono bensì studiare gli eventi in corso per cercare di identificare delle possibili linee direttrici, ma una “partita geostrategica” in senso stretto presuppone almeno due contendenti con la volontà e la possibilità di giocarla – o quanto meno, un’unica iperpotenza in grado di imporre a chiunque altro dei “risultati” decisi arbitrariamente.

 

Comunque, a mio modo di vedere il futuro del nostro mondo sarĂ  determinato o almeno condizionato da quattro fattori principali:

 

1) L’evoluzione, o piuttosto l’involuzione, degli Stati Uniti come potenza militare/economica e come società civile. Gli Stati Uniti si trovano ad affrontare una crisi economica di eccezionale ampiezza e gravità, che avrebbe già da tempo portato al collasso totale e alla bancarotta se il paese non fosse sostenuto da un lato dalla sua forza militare, e dall’altro dalla funzione del dollaro come moneta di scambio internazionale – funzione il cui perpetuarsi è garantito appunto dalla forza militare. Questa situazione ha portato e sta portando ad una accelerata militarizzazione della gestione del potere, e al già citato uso delle forze armate come strumento principale se non unico di politica estera. E’ però quanto meno dubbio che questa situazione possa protrarsi all’infinito.

 

Sul piano della società civile, è in atto un processo di rapidissima concentrazione della maggior parte della ricchezza in pochissime mani, con l’effettiva  distruzione sia di quella che un tempo veniva definita come l’aristocrazia operaia, e sia dell’intera classe media. E anche qui, non ci vede come questa situazione possa durare a lungo prima che il tessuto sociale esploda.

 

Cosa forse ancora più allarmante, gli Stati Uniti si stanno trasformando in uno stato pressoché totalitario, con tutto il potere concentrato nelle mani dell’ Esecutivo (e quindi del Presidente), al di fuori da qualsiasi meccanismo di controllo ed equilibrio. E soprattutto, questo potere spetta al Presidente non come autorità politica liberamente eletta dal popolo come suo rappresentante, ma invece in quanto “Commander-in-Chief” delle forze armate. Si tratta esattamente della stessa situazione dell’Impero Romano, con gli imperatori che erano tali perché detentori dell’ “imperium”, cioè della massima autorità militare.

 

Il ruolo che gli Stati Uniti così trasformati vorranno e potranno giocare sullo scenario strategico globale è difficile da prevedere, ma sembra piuttosto difficile immaginarlo come del tutto positivo.

 

2) La trasformazione della NATO da alleanza politico/militare difensiva, e un’alleanza “inter pares”, pur se il ruolo predominante degli Stati Uniti era apertamente riconosciuto,  in qualcosa di molto simile alla Lega di Delo – inizialmente nata come alleanza difensiva contro la minaccia persiana, e poi svanita quest’ultima, convertita nello strumento principale utilizzato da Atene per tenere legate a sé le città “alleate” (in realtà sottoposte). Non credo passerà molto tempo prima che i Paesi europei comincino a chiedersi seriamente se abbia davvero un senso mantenere in vita la NATO, o restarne membri.

 

tanks3) I possibili sbocchi futuri dell’eccezionale sviluppo economico (e di conseguenza politico) della Cina. Con la scelta deliberata di una versione cinese del capitalismo, Pechino si è messa su una strada dalla quale non potrà più tornare indietro; e quindi, avremo o un futuro in cui la Cina diventerà la prima potenza economica del pianeta, e sarà quindi necessariamente portata a sviluppare delle ambizioni politiche adeguate a questo “status” e perciò a dotarsi di uno strumento militare atto a garantire, e magari anche a imporre, il raggiungimento di queste ambizioni; oppure, un collasso economico di proporzioni assolutamente apocalittiche costringerà la dirigenza del paese a cercare una qualsiasi via d’uscita, che potrebbe anche essere una guerra. In ogni caso, le conseguenze a livello strategico globale saranno enormi, e veramente tali da cambiare il mondo.

 

E in più, esiste la non troppo remota possibilità che un Paese, o un’ alleanza di Paesi, decidano che la crescita economica e politica della Cina costituisce una minaccia potenziale che non può essere tollerata, e decidano di fare qualcosa in merito – quanto meno in termini di “contenimento”.

 

4) Anche al di là della Cina, il “centro” del mondo – nel senso di “cuore” politico/strategico/sociale, insomma la regione dove accadono le cose veramente importanti – si sta chiaramente spostando, anzi si è già spostato, dall’area nord-Atlantica al Pacifico e all’ Asia. Si tratta con tutta evidenza di un processo irreversibile, cui gli Stati Uniti possono opporsi (sino ad un certo punto) in quanto anch’essi rivieraschi del Pacifico, ma che di fatto relega l’ Europa in una posizione sempre più periferica e secondaria.

 

La nostra intervista si conclude qui. Rivolgiamo un caloroso ringraziamento ad Ezio Bonsignore per la sua cordialitĂ  e disponibilitĂ !

 

Marco Giulio Barone

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Marco Giulio Baronehttps://ilcaffegeopolitico.net

Marco Giulio Barone è analista politico-militare. Dopo la laurea in Scienze Internazionali conseguita all’Università di Torino, completa la formazione negli Stati Uniti presso l’Hudson Institute’s Centre for Political-Military analysis. A vario titolo, ha esperienze di studio e lavoro anche in Gran Bretagna, Belgio, Norvegia e Israele. Lavora attualmente come analista per conto di aziende estere e contribuisce alle riviste specializzate del gruppo editoriale tedesco Monch Publishing. Collabora con Il Caffè Geopolitico dal 2013, principalmente in qualità di analista e coordinatore editoriale.

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