Quanto devono far preoccupare le proteste inscenate in Brasile nei giorni scorsi? Senza sminuire il contenuto delle rivendicazioni, vi spieghiamo perchè per il momento non c’è troppo da preoccuparsi. L’economia, è vero, è in momentaneo rallentamento, ma gli enormi progressi compiuti dallo Stato sudamericano nell’ultimo decennio non possono essere cancellati in poche settimane. Certo è che Dilma Rousseff dovrà riuscire a riattivare la crescita economica e ad evitare che la Coppa del Mondo si trasformi in un boomerang per lo spreco di denaro pubblico
“I’M NOT GOING TO THE WORLD CUP!” – Con queste parole Carla Dauden, giovane film maker brasiliana, apre lapidariamente la descrizione socioeconomica del suo Paese, che si appresta ad ospitare l’anno prossimo i Mondiali di calcio e le Olimpiadi nel 2016.
Questo video della Dauden, postato su Youtube la scorsa settimana, ha fatto il giro del mondo e ha contribuito a porre ancor di più sotto i riflettori le proteste scoppiate nei giorni scorsi nelle principali città brasiliane contro l’aumento delle tariffe dei trasporti pubblici (venti centesimi di real a corsa, un incremento comunque più basso dell’inflazione attuale) e il presunto spreco di denaro per l’organizzazione dei due grandi eventi sportivi. I disordini nelle strade delle scorse settimane sono paragonabili a quanto accaduto di recente in Turchia? Il Brasile è giunto improvvisamente al capolinea del successo economico di cui si sono tessute le lodi per un decennio?
ECONOMIA IN RALLENTAMENTO – La risposta ad entrambe le domande è no. Il Brasile sta attraversando una congiuntura economica indubbiamente non facilissima: la crescita del PIL è bruscamente rallentata nel 2012 (un ‘magro’ +0.9%) e quest’anno dovrebbe attestarsi all’incirca al 3%, secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale. Un dato che in Europa sarebbe lusinghiero di questi tempi, ma che per un’economia emergente non è sufficiente a soddisfare la crescente domanda di lavoro e consumo interno. Va tuttavia ricordato che il Brasile non si è mai distinto negli ultimi vent’anni per tassi di crescita ‘cinesi’ (come invece ha fatto l’Argentina nel periodo 2003-2008), ma è cresciuto in maniera stabile e continua ad un livello medio del 3.2%. Le politiche implementate a partire da Fernando Henrique Cardoso, basate su un’economia di mercato accompagnata da un ruolo importante dello Stato (pensiamo alla proprietà pubblica di una multinazionale dell’energia come Petrobras), sono state poi proseguite da Lula da Silva e da Dilma Rousseff. Programmi di sussidi condizionati alle famiglie, come Bolsa Familia e Fome Zero, hanno contribuito ad elevare dalla povertà decine di milioni di brasiliani e ad espandere la classe media con risultati senza precedenti.
Negare che il Brasile non ha più lo stesso slancio di qualche anno fa, però, non sarebbe corretto. La sostanziale stagnazione del 2012 si accompagna ad un’inflazione più alta del previsto (ora intorno al 6%) con l’effetto complessivo di vanificare l’aumento del reddito pro capite reale. Per la prima volta dopo diversi anni, il brasiliano medio ha dunque avuto la percezione che la sua situazione economica non migliorasse. La crisi della domanda proveniente dall’Europa e la relativa chiusura economica del Brasile nei confronti dell’estero hanno contribuito a determinare il rallentamento dell’economia sudamericana, insieme all’aumento delle spese pubbliche per le infrastrutture destinate ai Mondiali e alle Olimpiadi che hanno impedito di destinare più fondi alla sanità e all’istruzione, la cui qualità non è ancora al livello di Paesi pienamente sviluppati.
Carla Dauden, la giovane film maker brasiliana autrice del gettonatissimo video su Youtube
LA MICCIA… DI UN PETARDO? – Lo svolgimento della Confederations Cup, ‘antipasto’ per la kermesse sportiva dell’anno prossimo, è stata dunque la ‘miccia’ che ha fatto esplodere una situazione che al momento, più che esplosiva, sembra però solamente un ‘petardo’ rumoroso. La decisione da parte del Governo di revocare l’aumento delle tariffe ha raggiunto l’effetto di sopire per il momento le proteste. È difficile prevedere che il Brasile vada incontro ad un periodo denso di tensioni sociali, ma è invece probabile prevedere un anno molto complicato per Dilma Rousseff, che nel 2014 sarà chiamata a partecipare alle nuove elezioni presidenziali. Se l’economia non ripartirà in maniera sostenuta e i Mondiali non dovessero andare alla perfezione (non solo in termini di organizzazione, ma soprattutto in termini di sicurezza e di ritorno degli enormi investimenti effettuati, circa 30 miliardi di dollari che però dovrebbero essere ripagati in larga parte da investitori privati), gli elettori potrebbero presentare alla Presidenta un prezzo salato. Dilma dovrà camminare su una linea sottile: da una parte l’opzione sarà mantenere con decisione una linea di politiche economiche oculate, dall’altra ci sarà invece la tentazione di indulgere con un aumento della spesa pubblica a fini elettorali che, però, potrebbe rivelarsi ancora più controproducente nel medio periodo. In mezzo rimane il successo economico di un Paese che non può essere cancellato in poche settimane da proteste e da un’economia – si spera solo temporaneamente – ‘arrugginita’.
Davide Tentori