In 3 sorsi – Il neopresidente del Perù Martín Vizcarra dovrà affrontare tutte le sfide lasciate in eredità dalla precedente Amministrazione.
1. LA CADUTA DI KUCZYNSKI
Fin dalla sua elezione alla carica di Presidente del Perù, Pedro Pablo Kuczynski, si è trovato a fronteggiare uno scenario alquanto delicato. Da anni infatti il Paese soffre per gli effetti del crollo del prezzo delle materie prime e del calo degli investimenti. La sua crescita economica, seppure stimata attorno a un solido 3%, non è ritenuta sufficiente per far fronte all’aumento della popolazione e per risolvere le profonde disuguaglianze. A peggiorare la situazione, nel 2017 il Paese andino è stato devastato da forti alluvioni causate da un Niño eccezionalmente violento e i costi per la ricostruzione hanno imposto un pesante fardello sull’economia e sulle capacità d’intervento del Governo. A livello internazionale, invece, l’Amministrazione ha dovuto fronteggiare la grave crisi del Venezuela, i cui effetti destabilizzanti rischiano di estendersi oltre il Paese caraibico e colpire l’intera regione. Oltre a ciò, Kuczynski è passato attraverso queste sfide senza poter contare su una maggioranza al Congresso, dominato dal partito Fuerza Popular di Keiko Fujimori, sua sfidante durante le elezioni e figlia di Alberto Fujimori (controverso Presidente-dittatore del Perù dal 1990 al 2000).
A complicare ulteriormente la situazione, la classe politica ed economica del Perù è stata sommersa dagli effetti dello scandalo Odebrecht, nato in Brasile da un’inchiesta sul riciclaggio di tangenti e presto arrivato ad abbracciare l’intero continente. In Perù le indagini della magistratura hanno colpito i vertici della classe politica, tra cui tre ex-Presidenti (Ollanta Humala, Alan García e Alejando Toledo) e lo stesso Kuczynski, accusato di aver ricevuto finanziamenti illegali e tangenti dalla multinazionale brasiliana celle costruzioni. Il partito d’opposizione, che detiene la maggioranza al Congresso, ha cavalcato l’ondata di sdegno e indignazione per promuovere un voto di sfiducia contro il presidente Kuczynski, andando però incontro a un’inaspettata sconfitta (78 voti favorevoli a fronte degli 87 necessari). Prima che la polvere sollevata dal voto si fosse depositata ha iniziato a circolare un video, diffuso dall’opposizione, in cui un alleato del Presidente concedeva favori ad alcuni deputati dell’opposizione in cambio del loro appoggio in occasione del voto di impeachment. A nulla è valso il tentativo di trovare un accordo con la rivale Keiko Fujimori per mezzo dell’amnistia concessa al padre, che è servita soltanto a mostrare la debolezza del Presidente e a scontentare i propri sostenitori. Di fronte allo scandalo causato dal video e per evitare un secondo voto di impeachment, che si sarebbe concluso con tutta probabilità con un’umiliante sconfitta, Kuczynski ha preferito dimettersi dalla carica, passando il potere al vicepresidente Martín Vizcarra, ex governatore della regione meridionale di Moquegua ed ex ministro dei Trasporti.
Fig. 1 – Kuczynski (sinistra) con l’allora vicepresidente Vizcarra.
2. LE SFIDE DEL NEOPRESIDENTE
Il nuovo leader si trova quindi a dover fronteggiare tutte le sfide lasciate in eredità dalla precedente Amministrazione, per di più privo di una reale legittimazione e in un un Paese in cui la credibilità e la fiducia nella classe politica sono ai minimi storici. Come primo impegno, Vizcarra ha dichiarato guerra senza quartiere alla corruzione, che ha definito come il limite allo sviluppo sociale ed economico del Perù. Già in passato il nuovo leader ha collezionato una serie di esperienze positive in questo senso come governatore della regione meridionale di Moquegua, dove si è segnalato per aver contribuito a migliorare gli indici sociali dei suoi concittadini e per aver evitato accuse o sospetti di corruzione. Anche come ministro Vizcarra ha combattuto più volte contro casi di corruzione, soprattutto inerenti al progetto per il nuovo aeroporto internazionale di Cuzco.
Nei rapporti con l’opposizione, poi, il neopresidente sembra voler evitare gli errori del precedente Governo e rendere più pacifiche le relazioni con il partito FP, principale responsabile della caduta di PPK. In quest’ottica, Vizcarra ha varato un nuovo gabinetto guidato dal membro dell’opposizione Cesar Villanueva.
L’altra grande priorità del Governo è l’economia. A partire dal 2000 il Perù ha conosciuto una rapidissima crescita economica trainata dalle esportazioni di materie prime, principalmente rame (di cui il Perù è il secondo produttore al mondo dopo il Cile), oro e zinco (secondo produttore al mondo dopo la Cina). Anche gli investimenti, principalmente nel settore estrattivo, hanno giocato un ruolo molto importante. Grazie a una gestione macroeconomica prudente, il Paese è riuscito a sopportare il crollo del prezzo delle materie prime e la riduzione degli investimenti senza subire eccessivi shock e senza dover svalutare la propria valuta (il Sol). Il presidente Vizcarra sembra intenzionato a proseguire lungo il cammino tracciato dai suoi predecessori senza modificare le linee guida economiche del proprio Paese. Se tuttavia finora la crescita economica ha riguardato principalmente la capitale Lima, il Governo di Vizcarra promette una maggiore attenzione al resto del territorio, al fine di coinvolgere anche le altre regioni del Perù.
Un’importante differenza riguarda l’attenzione del nuovo esecutivo verso l’ambiente. Nell’aprile di quest’anno Vizcarra ha varato la legge sul cambiamento climatico, che prevede un aumento dei fondi a disposizione del Ministero dell’Ambiente per il controllo e la lotta contro i cambiamenti climatici, rendendo il Perù il primo Paese del Sud America ad avere una tale legge. Sempre in quest’ottica l’esecutivo ha recentemente cancellato i contratti per lo sfruttamento di pozzi offshore con la multinazionale degli idrocarburi Tullow, citando come ragione dell’annullamento l’insufficiente dialogo con le comunità costiere delle zone interessate.
Fig. 2 – Una fonderia di rame, una delle principali risorse del Perù.
3. UNO SCENARIO INTERNAZIONALE TURBOLENTO
A livello internazionale l’ex Presidente PPK aveva deciso di conservare e rafforzare la posizione del Perù tra i Paesi del continente a favore delle politiche di libero mercato, in contrapposizione sempre più netta con i Paesi fautori del “socialismo del XXI secolo”, Venezuela in primis. La rivalità tra i due gruppi è cresciuta al punto che nel 2017 Kuczynski ha accolto nella sua capitale 11 leader di altri Paesi americani (tra cui Canada, Messico, Brasile e Argentina). Esito della riunione è stata la Dichiarazione di Lima, con la quale i Paesi firmatari hanno condannato la rottura dell’ordine democratico in Venezuela a causa del presidente Maduro, e la creazione di un gruppo (chiamato appunto il Gruppo di Lima) per far pressione sul Governo di Caracas. Il nuovo Presidente peruviano non ha cambiato la posizione del Paese e anzi, insieme agli altri membri, ha dichiarato di non riconoscere il risultato delle elezioni venezuelane del 20 maggio, che hanno confermato Maduro al potere. Proprio in opposizione al Venezuela e in minor misura anche alla Bolivia, nel mese di aprile il Perù, insieme ad Argentina, Brasile, Cile, Colombia e Paraguay, ha deciso di sospendere a tempo indefinito la propria partecipazione all’Unasur, che secondo i Paesi uscenti è diventata un’Istituzione ostaggio dell’ostruzionismo di Caracas e La Paz.
Al contrario, il Governo di Lima continua a sostenere con entusiasmo l’Alleanza del Pacifico, l’organizzazione nata su impulso peruviano che riunisce i Paesi del mondo latinoamericano più a favore del libero mercato e del libero scambio. Il gruppo, che al momento conta tra i suoi membri Cile, Perù, Colombia e Messico, ha annunciato il suo prossimo ampliamento nel mese di luglio con l’ingresso di Canada, Singapore, Nuova Zelanda e Australia.
La caduta di un Presidente oggetto di scandali e inchieste e l’arrivo di un uomo politico dalla reputazione integerrima non può che giovare ai mercati e incoraggiare gli investitori a tornare a investire in Perù. Nonostante questo l’assenza di una reale legittimazione popolare e la crisi di fiducia nel sistema politico non faranno che rendere più arduo il compito di guidare il Perù attraverso le crisi politico-economiche che deve fronteggiare.
Umberto Guzzardi
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””] Un chicco in più
Il Perù ha recentemente attirato l’attenzione mondiale per la sua partecipazione ai Mondiali di calcio in Russia, che la squadra andina attendeva da 36 anni. [/box]