In 3 sorsi – In Sudan l’87% delle donne subisce mutilazioni genitali e il numero è destinato ad aumentare a causa delle conseguenze del lockdown durante la pandemia. Per sradicare questo comportamento è necessario aumentare gli sforzi sia da parte dei Governi che da parte delle organizzazioni internazionali.
1. LA SITUAZIONE IN SUDAN
Sudan, 30 aprile 2020: le mutilazioni genitali femminili (MGF) vengono vietate per legge dal Governo di Abdalla Hamdok (arrestato nel golpe di ieri) e chi le pratica, sia clandestinamente che in strutture mediche, è passibile di tre anni di carcere. La nuova legge contribuisce sicuramente ad abbattere lo stigma su cui si fonda questa pratica disumana, ma non è sufficiente: l’opinione popolare è ancora radicata nella convinzione che una donna “tagliata”, ovvero alla quale siano stati rimossi o lesi parzialmente o totalmente i genitali per motivi non medici, abbia più valore poiché è sicuramente vergine. Molti uomini in Sudan preferiscono sposare donne vergini e, se scoprono che non lo sono, vietano loro di uscire di casa, di comunicare con il resto della comunità e a volte chiedono persino il divorzio con l’unica giustificazione di non fidarsi della compagna. Secondo le stime delle Nazioni Unite in Sudan l’87% delle donne tra i 14 e 49 anni è vittima di questa tortura, che lascia cicatrici fisiche e psicologiche indelebili, sebbene sia considerata una violazione dei diritti umani a livello internazionale. Da decenni le donne lottano per ottenere l’emancipazione e non dover più subire l’infibulazione, ma allo stesso tempo continuano a sottoporvisi per paura del giudizio della società , per l’obbligo dei famigliari o per la necessità di “tornare vergini” prima del matrimonio. Negli ospedali le infermiere praticano le mutilazioni anche a rischio di perdere il posto di lavoro per guadagnare qualche soldo extra o anche solo per acconsentire alle richieste delle future spose. L’azione per lo sradicamento di questa tradizione brutale deve dunque essere incisiva non solo in ambito normativo, ma soprattutto in ambito sociale, attraverso la promozione di campagne di sensibilizzazione e di educazione per facilitare il dialogo con le vittime e le famiglie, che al momento è un vero e proprio tabù. Anche le Nazioni Unite hanno promosso alcuni progetti per combattere le MGF in Sudan e in altri Paesi africani. Tra i più importanti si annovera Saleema, letteralmente “intatto nel corpo e nella mente”. Questa iniziativa ha lo scopo di cambiare la mentalità della comunità rispetto al corpo femminile, al fine di garantire il benessere delle donne e il rispetto dei diritti umani.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Alcune donne protestano contro la violazione dei loro diritti durante il regime dell’ex Presidente al-Bashir
2. AUMENTO DELLE VIOLENZE DI GENERE DURANTE LA COVID-19
Negli ultimi due anni la Covid-19 ha in parte vanificato il successo della legge contro le MGF in Sudan e nel resto dell’Africa. Infatti la crisi sanitaria ha causato un generale incremento delle violenze di genere, soprattutto tra le donne rifugiate e nei Paesi piĂą poveri. Secondo le previsioni del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) nei prossimi dieci anni potrebbero verificarsi due milioni e mezzo di casi di MGF in piĂą rispetto al periodo precedente alla pandemia. Ma come ha influito la Covid-19 nella vita delle donne e sui loro diritti in Africa? Gli aspetti da considerare sono molteplici e spesso tra loro interdipendenti. Il lockdown e le misure di prevenzione hanno rallentato sensibilmente il lavoro delle organizzazioni umanitarie sul campo, le quali hanno dovuto rispettare il coprifuoco e le limitazioni degli spostamenti. Inoltre la chiusura delle scuole ha reso le giovani donne piĂą vulnerabili al volere delle famiglie di sottoporle alle tradizionali mutilazioni. Di solito il picco degli interventi avviene durante le vacanze estive, quando le scuole sono chiuse, ma durante la pandemia il numero di testimonianze di abusi e violenze è restato costante tutto l’anno. Infine la crisi economica ha causato il taglio dei fondi in tutti i settori che non riguardano la lotta al virus, contribuendo a distogliere l’attenzione dei media e del Governo dalle problematiche sociali.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Di recente alcune scuole di Khartoum sono state riaperte
3. LA SITUAZIONE NEGLI ALTRI PAESI AFRICANI
Tre milioni di bambine, ragazze e donne ogni anno subiscono mutilazioni genitali, più di 92milioni di loro abitano in 27 Paesi africani, alcuni dei quali hanno approvato leggi contro queste pratiche disumane. Nonostante questi numeri spaventosi, uno studio del BMJ Global Health ha rilevato che il tasso di MGF è drasticamente diminuito negli ultimi vent’anni. Di contro molti attivisti fanno notare che lo studio non include le giovani donne che si sottopongono a queste operazioni poco prima di sposarsi. Per raggiungere l’obiettivo di gender equality (SDG5) dell’Agenda 2030 e sradicare completamente questa tradizione immorale è quindi fondamentale aumentare gli sforzi nell’attività di sensibilizzazione ed educazione della comunità , almeno dieci volte in più rispetto a ora secondo l’UNICEF.
Alessandra De Martini
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