In 3 sorsi – Xi Jinping è intenzionato a correre ai ripari per rimediare alla crisi energetica e di conseguenza per sostenere a tutti i costi una crescita economica che in questo trimestre è calata notevolmente. Una situazione che rischia di compromettere non solo il mercato interno cinese, ma anche le catene di approvvigionamento mondiali e soprattutto la stabilitĂ degli accordi sul clima.
1. RALLENTA LA CRESCITA
La cosiddetta “Strategia della Doppia Circolazione”, che aveva come obiettivo quello di sostenere la crescita economica tramite l’aumento della domanda interna di beni e servizi in connessione alla ormai consueta domanda estera, ha certamente avuto la funzione di ridurre l’indebitamento e la povertà delle zone rurali. Nei fatti però il consumo interno non è mai realmente decollato, forse a causa della propensione al risparmio da parte del ceto medio cinese. La crescita economica al terzo trimestre 2021 ha così registrato un debole +4.9% rispetto al +18,3% e +7,9% dei trimestri precedenti. Si inseriscono in questo contesto complicato le vicende del colosso dell’industria immobiliare Evergrande, riuscito in extremis a evitare il default e che sta rimanendo a galla grazie all’intervento governativo che sta lavorando dietro le quinte per spingere le compagnie statali ad acquistare proprietà in vendita da parte del gigante immobiliare.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Una centrale a carbone nella cittĂ di Zhangjiakou, che ospiterĂ le Olimpiadi Invernali del prossimo anno
2. LA CRISI ENERGETICA
La carenza energetica provocata dall’aumento dei prezzi e dai rigorosi obiettivi ambientali globali ha spinto nei mesi scorsi ad un blocco iniziale di numerose fabbriche cinesi e quindi di intere supply chains. Il Politburo cinese ha dovuto così nell’ultimo periodo riconsiderare alcuni fattori cruciali per favorire la crescita economica. Uno di questi è stato lo stop al programma di smantellamento delle miniere di carbone in favore di un boost della sua produzione che è passata ad ottobre addirittura a 11.5 milioni di tonnellate al giorno. L’intento di questa manovra è stato quello di ridurre la domanda di carbone che porterebbe ad una sua riduzione in termini di prezzo. In tutto ciò rimane ancora in piedi il contraddittorio impegno da parte del Presidente Xi Jinping di diventare carbon neutral entro il 2060.ù
Altra manovra di Xi Jinping per affrontare questa crisi energetica è stata quella di liberalizzare il prezzo dell’energia elettrica prodotta a carbone. Da un lato quindi si punta sia a potenziare la concorrenza del mercato sia gli stessi consumatori, dall’altro si aprono notevoli opportunità per gli esportatori russi di idrocarburi in Cina.
Fig. 2 – Un veicolo elettrico in mezzo al traffico di Pechino
3. G20 e COP26, CINA GRANDE ASSENTE
Dopo il diktat da parte di Bruxelles che a luglio si è era imposta una riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030 in tutta l’Unione, è arrivato l’accordo con Washington sulla rimozione dei dazi su alluminio e acciaio durante il G20 di Roma. Al summit romano si è registrata la pesante assenza del Presidente cinese Xi che ha seguito i lavori solo in video conferenza. Consapevoli che l’industria metallurgica è tra le principali cause di inquinamento atmosferico l’accordo UE-USA suona come lo strumento di emarginazione verso il principale Paese a livello mondiale per emissioni di Co2, la Cina. “Lavoreremo insieme agli Stati Uniti per garantire la redditività a lungo termine della nostra industria, per incoraggiare la produzione e il commercio di acciaio a basso tenore di carbonio”, ha dichiarato Ursula von der Leyen.
Intanto alla COP26 di Glasgow Cina, India, Russia e Australia non sono tra i 40 Paesi firmatari dell’accordo di riduzione dell’uso del carbone nella produzione di energia elettrica. Il Presidente americano Joe Biden non ha quindi tardato a lanciare stoccate contro Cina e Russia per il loro disinteresse verso l’emergenza climatica e il summit di Glasgow.
Massimiliano Giglia