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I vagoni riservati solo alle donne sono davvero utili? Il caso del Giappone

AnalisiI vagoni per sole viaggiatrici sono già una realtà in diversi Paesi del mondo, tra cui il Giappone. Lo scopo è quello di arginare la violenza contro le donne sui treni e metropolitane, dando loro più sicurezza durante i viaggi e permettere al settore di non perdere utenti. È piuttosto difficile capire se sia una scelta efficace, soprattutto per mancanza di dati, ma il caso del Giappone consente di fare alcune riflessioni in merito.

LA QUESTIONE DELLA SICUREZZA DELLE DONNE SUI MEZZI PUBBLICI

Una delle questioni più urgenti che tocca il sistema dei trasporti riguarda il loro impatto sulla sicurezza personale degli utenti, quella che in inglese viene tradotta come “security”. La percezione della sicurezza tocca soprattutto una delle modalità di trasporto attualmente disponibili: i treni. In Italia il sistema ferroviario soffre da anni di immobilismo e tagli continui di investimenti, soprattutto in materia di sicurezza per i viaggiatori. Si stima che gli investimenti per la sicurezza sui treni italiani siano scesi da €220mila nel 1986 a €70mila nel 2016, ovvero quasi del 70%. Questo ha portato a lasciare soli i viaggiatori in stazioni prive di personale e su treni con pochi addetti. A colpire maggiormente queste scelte sono le donne. Sono frequenti i casi di viaggiatrici che hanno subito abusi verbali o molestie fisiche durante i viaggi in treno, specialmente nelle ore serali, quando il numero degli utenti cala e i vagoni sono semi-deserti. È da questo contesto che in Italia alla fine del 2021 è stata lanciata una petizione per chiedere al servizio ferroviario italiano di dedicare alcuni vagoni esclusivamente alle donne, i cosiddetti women-only carriages. Da questa richiesta, è nato un intenso dibattito segnato dallo scontro ideologico tra due diversi fronti di pensiero. Un primo fronte afferma che la scelta di adibire alcuni vagoni solo alle donne rischierebbe di mettere in ombra il vero problema di fondo, ovvero la violenza contro le donne, che sta aumentando drammaticamente in tutto il mondo, oltre che a discriminare il genere maschile e segregare le donne stesse. Un secondo fronte, invece, afferma che una tale politica incoraggerebbe le donne a utilizzare con più frequenza i treni, migliorando il loro stato di salute psicofisico durante il viaggio e la loro percezione della sicurezza personale, con meno rischi per il settore ferroviario di perdere potenziali utenti. La petizione ha raggiunto in poco più di un mese oltre 40mila firme. Il caso italiano, tuttavia, non è il solo ad aver proposto una tale politica.

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Fig. 1 – Un vagone per sole donne in un treno per pendolari a Kolkata (India)

LA POLITICA DEI VAGONI PER SOLE DONNE NEL MONDO

I women-only carriages sono già una realtà in alcuni Stati del mondo. Paesi come Malesia, Egitto, India e Giappone hanno adottato questa politica per tutelare le donne e cercare di contrastare le violenze di genere sui mezzi pubblici, specialmente su treni e metropolitane. In India il problema delle violenze sulle donne sui treni ha raggiunto dimensioni tali che nel 2009, oltre alle carrozze per sole donne già presenti per legge dal 2007, il Ministro delle Ferrovie Mamata Banerjee istituì i Ladies Special, ovvero treni dedicati solo alle viaggiatrici indiane e interdetti ad accogliere utenti uomini, per i collegamenti tra le periferie e i centri città di Nuova Delhi, Calcutta, Mumbai e Chennai. Tuttavia le molestie sui mezzi pubblici indiani continuano a essere onnipresenti e le donne indiane vedono i women-only carriages come un passo indietro piuttosto che un modo per risolvere il problema. Nel 1992 la Corea del Sud adottò la politica di destinare alcuni vagoni della metropolitana alle sole utenti donne, ma dovette presto sospenderli perché gli uomini continuavano ad usarli senza rispettare il divieto. In Europa il Partito Laburista inglese ha avanzato il progetto di legge di dedicare alcuni vagoni alle sole viaggiatrici nel 2015, dopo un periodo di consultazioni con gruppi di donne, ma ha poi abbandonato la proposta.

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Fig. 2 – L’interno di un vagone per sole donne in Thailandia

IL CASO GIAPPONE

Anche il Giappone ha adottato i women-only carriages, a causa di un drammatico aumento di episodi di violenza contro le viaggiatrici giapponesi sui mezzi pubblici. Per quanto riguarda i treni, inizialmente le compagnie ferroviarie furono riluttanti ad adottare i women-only carriages per paura che tale politica comportasse un peggioramento del servizio fornito, soprattutto in termini di puntualità, vero fiore all’occhiello del sistema ferroviario giapponese. Tuttavia il cambio di rotta delle compagnie ferroviarie si ebbe nel 2004. A Tokyo si raggiunse il record di denunce, pari a più di duemila, quasi il triplo di quelle registrate nella stessa città nel 1996. Di queste denunce, è stato rilevato che i due terzi riguardavano donne vittime di violenza sui treni. Dal 2005 hanno iniziato a circolare vagoni per sole donne, sia nelle ore di punta sia per tutto il giorno e interessano 87 linee di 32 compagnie ferroviarie.  
La domanda sull’effettiva utilità dei vagoni riservati alle sole donne non trova facile risposta. Diverse ne sono le ragioni. Innanzitutto c’è una significativa carenza di dati sul tema. Questo è dovuto a diversi fattori. Molti dei Paesi dove questa nuova politica è stata adottata hanno difficoltà a pubblicizzare i dati o non si sono dotati di un sistema di monitoraggio e analisi efficace. Ad oggi è estremamente complesso avere una percezione concreta della funzionalità di questo provvedimento. Tuttavia il Giappone è l’unico caso in cui una ricerca condotta ha dato almeno una base numerica su cui si possono avviare ragionamenti e riflessioni.
Dallo studio è stato rilevato che i casi di abusi sulle donne sono diminuiti solo del 3% a Tokyo dopo un anno dall’introduzione dei vagoni per sole donne. In termini di utilizzo più di un terzo delle donne giapponesi intervistate, ovvero il 35,9%, non ha mai utilizzato vagoni per sole donne, mentre il 46,5% li ha usati saltuariamente. Solo circa il 4% li ha sempre utilizzati. Occorre sottolineare che, da quanto emerge dalla ricerca, si è registrato un aumento dei casi di violenza del 15-20% su due delle linee dove sono stati introdotti i vagoni per sole donne. Ma il dato non fa necessariamente riferimento a reati di violenza all’interno dei vagoni per sole donne. Esso, infatti, può fare riferimento a reati commessi in vagoni misti oppure può rappresentare un aumento dei tassi di denuncia delle donne.

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Fig. 3 – Un poster informa gli utenti della presenza di vagoni per sole donne su una linea della metropolitana di Tokyo

UNA MISURA DAVVERO UTILE?

Se da un lato si segnala una carenza di dati sul tema, dall’altro lato si può fare comunque riferimento all’esperienza dei Paesi che hanno adottato questa decisione per proteggere quanto più possibile le donne. La condizione di poca sicurezza sui mezzi ha un impatto notevole su tutto il comparto del settore dei trasporti. Un ambiente non sicuro colpisce infatti nel breve termine gli utenti, che finiscono per scegliere altri mezzi invece che i treni, e nel lungo termine colpisce l’intero sistema di trasporto pubblico, facendo perdere potenziali passeggeri. Certamente la scelta di dedicare dei vagoni alle sole donne non deve essere considerata come la soluzione alla questione della violenza contro le donne, ma come una politica temporanea che possa permettere alle donne di poter accedere ai normali servizi di viaggio alla pari degli uomini.

Chiara Ricchetti

Photo by Qamera is licensed under CC BY-NC-SA

Dove si trova

Perchè è importante

  • La percezione della sicurezza personale plasma le nuove preferenze di viaggio degli individui e delle società, soprattutto delle donne che sono sempre maggiormente esposte ad episodi di violenza sui mezzi di trasporto.
  • La scelta di adibire alcuni vagoni solo alle donne è una realtà in diversi Paesi del mondo, tra cui il Giappone.
  • Ad oggi rimane difficile capire l’effettiva utilità di questi vagoni nell’arginare i casi di violenza. Tuttavia il caso di studio del Giappone offre interessanti spunti di riflessione.

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Chiara Ricchetti
Chiara Ricchetti

Ho prima conseguito una laurea triennale in Scienze Politiche ed Economiche presso l’Università di Parma, per poi ottenere una laurea magistrale in International Science presso l’Università di Torino, seguendo un corso specialistico sull’Asia. Per questo, durante il secondo anno di magistrale, ho studiato International Business a Guangzhou. Grazie ai miei studi e al lavoro di ricerca per la redazione della tesi, ho sviluppato una passione per il tema ambientale. Attualmente mi sto concentrando sullo studio dello sviluppo sostenibile della logistica e della mobilità – anche in ottica geopolitica – tenendomi aggiornata soprattutto sul versante asiatico. Per ora, il mio principale interesse è quello di analizzare la relazione fra mobilità sostenibile e la sostenibilità del sistema alimentare globale.

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