Analisi – All’annuncio dell’attacco russo all’Ucraina, le nazioni del Patto Atlantico si sono rapidamente mosse al fine di dissuadere Mosca dai suoi propositi imperialistici. Nel perseguire questo obbiettivo, la diplomazia occidentale ha cercato di isolare il Governo russo nei confronti dei maggiori partner internazionali. Ma essa deve fare i conti con l’incognita Repubblica Popolare Cinese.
L’ASSE PECHINO-MOSCA DOPO LE OLIMPIADI INVERNALI
Nei giorni scorsi, carichi di tensione ai confini russo-ucraini, Pechino ospitava le Olimpiadi Invernali, uno spazio fisico e simbolico di dialogo e cooperazione tra popoli, disertato quest’anno dai leader occidentali. Durante i Giochi Olimpici la diplomazia cinese ha enfatizzato fortemente il principio della pace e della crescita condivisa, ambizioni citate dallo stesso Xi Jinping durante il discorso di benvenuto agli altri capi di Stato. Contemporaneamente alla narrazione delle competizioni sportive, le principali testate cinesi rimarcavano il nuovo slancio nelle relazioni tra Pechino e Mosca in occasione della visita del Presidente Vladimir Putin ai Giochi Olimpici Invernali. In occasione del summit tra i due leader, questi hanno consolidato le proprie posizioni in merito a numerose questioni di carattere globale, presentando una visione comune del nuovo ordine mondiale in contrapposizione al modello americano, rappresentato come “minoranza che impone un approccio unilaterale alla soluzione delle dispute internazionali”.
È stata anche l’occasione per rassicurarsi a vicenda in merito alle preoccupazioni in materia di sicurezza dell’uno e l’altro Paese, rimarcando la comune opposizione all’allargamento incontrollato dell’Alleanza Atlantica temuta da Putin ai confini occidentale del proprio Paese e da Xi nell’ambito dell’incremento della presenza navale dell’UE nell’Indo-Pacifico, complementare al patto AUKUS tra Australia, Stati Uniti e Regno Unito.
Fig. 1 – Il Presidente cinese Xi Jinping
DIPLOMAZIA, UNICA SOLUZIONE PER PECHINO
Nei giorni in cui le tensioni tra Russia e Paesi occidentali aumentavano, la Cina è stata spesso citata come attore capace di riportare il Cremlino alla moderazione, tanto da accreditare ipotesi di una richiesta da parte di Xi di non attaccare l’Ucraina fino alla chiusura dei Giochi Olimpici – notizia smentita direttamente dal portavoce del Ministero degli Esteri, Zhao Lijian. Nonostante la rettifica, il rapido precipitare della situazione in Ucraina sembra aver colto di sorpresa le autorità della RPC, mentre non è stata accolta con favore la pressione da parte della diplomazia occidentale di tirare in mezzo il Paese asiatico in un’arena percepita come esclusivamente europea. Così, mentre l’invasione procedeva, le Autorità cinesi hanno mantenuto una posizione cauta, inaugurata con le dichiarazioni del Ministro degli Esteri Wang Yi sulla necessità di trovare una soluzione diplomatica della crisi e proseguita con i richiami agli accordi di Minsk.
La posizione della RPC appare oscillare tra tentativi di distensione e accuse dirette alla Casa Bianca contro qualsiasi tentativo di interferenza. Pechino non vede di buon occhio l’utilizzo delle sanzioni quale strumento di pressione internazionale, come è stato più volte ribadito in diversi forum nei confronti per esempio di Cuba e Corea del Nord. Dall’altra parte essa teme gli effetti e le ricadute che questo tipo di misure potranno avere sulla propria economia, determinando un maggiore sforzo di supporto nei confronti dell’economia russa. Durante la visita di Putin a Pechino, infatti, sono stati siglati due accordi commerciali nei quali la Cina si impegnava ad aumentare le proprie importazioni di gas e petrolio dalla Russia, misure strategiche volte a controbilanciare la dipendenza commerciale di quest’ultima dagli europei. Oltre alla partnership economica e strategica con il Cremlino, tuttavia, la Cina ha intessuto rapporti commerciali anche con l’Ucraina, includendo il porto di Čornomors’k nella Belt and Road Initiative (BRI), divenendo così il principale partner commerciale di Kyiv. In questo quadro il Ministero degli Esteri cinese ha pertanto richiamato più volte le parti in causa a tornare sui propri passi, enfatizzando fortemente le direttrici della diplomazia cinese rappresentata dal principio di non-ingerenza e dal win-win. L’espansione della NATO resta un tema caldo nell’agenda di Xi, ma il suo Governo non ha intenzione di subordinare il “sacro egoismo nazionale” all’agenda di un altro Paese, sia esso amico o meno. Questa resta la cifra dell’approccio cinese alle sorti di Kyiv: se da una parte Pechino non risparmia aspre critiche alla condotta atlantica in merito alla crisi, una risoluzione rapida e pacifica delle ostilità tramite negoziati resta la strada maestra per tutelare la crescita e la propria economia.
Fig. 2 – Xi e Putin durante un loro incontro nel 2016
GLI INTERESSI DEL CREMLINO NON SONO QUELLI DI PECHINO
L’agenda russa non è l’agenda cinese, sebbene le due potenze condividano l’ambizione di ridisegnare il sistema internazionale tramite il loro modello. La politica di non-ingerenza non equivale all’approccio muscolare adottato dal Cremlino come risposta ai timori di accerchiamento e, nello stesso tempo, va di pari passo con la sacralità del principio della sovranità e integrità territoriale, che, come è stato ribadito incessantemente, è inviolabile nei confronti di “qualsiasi” nazione (anche dell’Ucraina). La Repubblica Popolare non ha intenzione di danneggiare ulteriormente i propri rapporti con i Paesi dell’Unione Europea, con i quali esporta un quantitativo pari a circa dieci volte tanto quello con la Russia. Alla luce delle presenti restrizioni in materia di export tecnologico, l’ultima cosa che Xi auspica per la Cina sono le pesanti sanzioni che l’UE potrebbe adottare nel caso in cui il proprio Paese dovesse assumere una posizione sgradita nei confronti dell’Ucraina.
Ad oggi Pechino sta adottando un approccio estremamente flessibile, enfatizzando ripetutamente le “giuste preoccupazioni alla sicurezza dei popoli” e il rispetto del diritto internazionale. Malgrado l’apparente allineamento ideologico a Mosca, la propria astensione all’interno del Consiglio di Sicurezza ONU indica una propensione di Pechino verso il ridimensionamento del supporto incondizionato fornito al Cremlino se questo dovesse compromettere eccessivamente l’autonomia dialettica cinese con gli altri attori globali. Nella settimana del cinquantenario della prima visita di Nixon nel Paese, non sembrano entusiasmare i continui richiami di mass media e organi di informazione allo status internazionale dell’isola di Taiwan, che come ricorda il Global Times “non è l’Ucraina”. Qualsiasi decisione venga presa per l’Ucraina non potrà essere riproposta per la risoluzione della questione taiwanese. Nonostante le dichiarazioni rilasciate in questa settimana dalle Autorità di Taipei in merito a un aumento delle provocazioni delle forze aeree di Pechino, il Global Times invita alla prudenza, poiché se c’è una lezione da imparare dalla crisi russo-ucraina è che “del supporto degli americani non ci si può fidare” e che, in caso di inasprimento dei toni, gli unici a farne le spese sarebbero gli abitanti dell’isola.
Fig. 3 – L’ambasciatore cinese all’ONU, Zhang Jun, durante l’acceso dibattito al Consiglio di sicurezza sull’attacco russo all’Ucraina, 25 febbraio 2022
L’ASTENSIONE ONU PER FACILITARE IL DIALOGO E NON DANNEGGIARSI
Pechino si trova così a destreggiarsi tra la necessità di non danneggiare la propria economia e il rischio di essere additata come partner “inaffidabile” dai russi. La Cina resta il primo partner commerciale dell’Ucraina e il più grande per l’UE, così, se la frattura tra i due lati del Vecchio Continente dovesse tradursi come un vantaggio inedito per ampliare la propria influenza nell’area eurasiatica, Xi non intende interrompere i propri sforzi per ricucire i rapporti con i Paesi UE.
L’evoluzione della situazione in Ucraina resta ancora imprevedibile e la Cina non vuole addentrarsi nell’arena rischiando di uscirne compromessa. La decisione di astenersi all’interno del Consiglio di Sicurezza vuole essere un segnale verso gli altri attori internazionali di lasciare spazio ai due protagonisti della crisi, Kyiv e Mosca, affinché possano risolvere le proprie avversità liberi da pressioni esterne, in una cornice costruttiva fornita dalle principali Organizzazioni internazionali.
Enrico Bruni
“President Cyril Ramaphosa – 10th BRICS Summit” by GovernmentZA is licensed under CC BY-ND