In 3 sorsi – Chiuso il processo per l’omicidio di Thomas Sankara, il Burkina Faso resta in una situazione complessa e il percorso verso la riconciliazione e la pace appare ancora lungo: l’insurrezione jihadista continua, mentre il Governo militare, insediatosi nel gennaio 2022, chiede all’ECOWAS più tempo per la transizione democratica. Via libera al dialogo tra insorti e comunità.
1. GIUSTIZIA PER THOMAS SANKARA
Il 6 aprile scorso si è chiuso lo storico processo per l’omicidio di Thomas Sankara, Presidente del Burkina Faso fino al colpo di Stato del 1987. Condannati in contumacia all’ergastolo Blaise Compaoré, Gilbert Diendéré e Hyancinthe Kafando. Sette anni di indagini e sei mesi di dibattiti che hanno dipanato i dubbi sulla presenza di un complotto, architettato ai danni di Sankara dal suo braccio destro e diversi complici. Secondo il sito thomassankara.net, che da tempo chiede verità per il leader burkinabé, diversi interventi hanno cercato di ostacolare la giustizia in questi anni. Tra i più importanti vengono citati: il blocco di tutti i procedimenti giudiziari durante il regime di Blaise Compaoré; la ritrattazione del Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite nel 2008, che ha ignorato il fatto di aver richiesto un’inchiesta due anni prima; la fuga di Blaise Compaoré in Costa d’Avorio supportata dalle forze speciali francesi, dopo l’insurrezione del 2014; la lentezza delle Autorità francesi nel consegnare i documenti classificati promessi dal Presidente Emmanuel Macron nel novembre 2017; l’ultimo tentativo degli avvocati della difesa di sospendere il processo dopo il colpo di Stato del gennaio 2022. L’ex ministro della Riconciliazione nazionale Zephirin Diabré il 10 aprile ha affermato che la condanna di Compaoré potrebbe essere un ostacolo alla futura riconciliazione nazionale. Giustizia, formalmente, è stata fatta, ma difficilmente si vedrà un rientro di Compaoré in Burkina Faso.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Ufficiali militari accanto alla statua di Thomas Sankara durante la cerimonia per il 34° anniversario del suo assassinio, a Ouagadougou, il 15 ottobre 2021
2. LA TRANSIZIONE DOPO IL COLPO DI STATO
Riguardo al colpo di Stato del gennaio 2022, la situazione sembra oggi in una fase di stallo. Dopo la presa del potere del tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba il Burkina Faso è stato sospeso dall’ECOWAS, che ha chiesto una rapida transizione verso un Governo civile. La giunta ha fissato un periodo di tre anni prima che si tengano le elezioni, ma per l’ECOWAS è un intervallo troppo lungo. L’Organizzazione aveva intimato a Ouagadougou alla fine di marzo di fornire un nuovo calendario entro il 25 aprile per una rapida transizione e come risposta il Governo burkinabé ha chiesto più tempo, proponendo di inviare una missione “militare, politica e umanitaria” per valutare la situazione nazionale. Secondo il Presidente della Commissione dell’ECOWAS, Jean-Claude Kassi Brou, che ha guidato la delegazione nella recente visita al Paese, la situazione umanitaria e securitaria resta difficile e preoccupante poiché il Burkina Faso soffre le conseguenze del conflitto tra Governo e islamisti, che sta esacerbando la crisi alimentare in corso. Nelle prossime settimane ai capi di Stato e di Governo dell’ECOWAS verrà presentato un rapporto per discutere di questa situazione e prendere le misure opportune.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, presidente del Burkina Faso, lascia la sua cerimonia di inaugurazione dopo essere stato nominato presidente della transizione, a Ouagadougou, il 2 marzo 2022
3. DIALOGO E RICONCILIAZIONE
Il tenente colonnello e ora presidente Damiba ha rovesciato Roch Marc Christian Kaboré con l’accusa di non essere in grado di arginare la violenza jihadista sempre presente nel nord e ha fatto del ripristino della sicurezza la sua priorità. Secondo il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CIRC) migliaia di persone sono morte e più di 2 milioni sono state sfollate (quasi il 10% della popolazione) a causa di una crisi generale della regione semiarida del Sahel – che sta vivendo la peggiore siccità da oltre un decennio, con oltre 10,5 milioni di persone in stato di malnutrizione. I militanti legati ad al-Qaida e al cosiddetto Stato Islamico hanno iniziato a diffondersi dal Burkina Faso nel 2015 e a seguito di fallimentari interventi militari le comunità locali hanno intrapreso autonomamente la strada del dialogo con gli insorti, sfiduciati rispetto alla capacità del Governo di gestire la crisi. La posizione del Burkina Faso sul dialogo si è ammorbidita dal colpo di Stato di gennaio 2022: il leader della giunta Paul-Henri Sandaogo Damiba ha chiesto una nuova strategia che unisca le operazioni militari al dialogo e il 13 aprile il Consiglio dei Ministri ha creato una commissione di Coordinamento dei comitati locali. L’intervento del Governo, che punta a reintegrare giovani burkinabé nella società, è avvenuto dopo che i leader locali hanno espresso la necessità di maggiori competenze di mediazione, supporto logistico e finanziario e garanzie che non sarebbero accusati di complicità con i jihadisti a causa dei negoziati. In una recente intervista al The New Humanitarian, Yéro Boly, ministro per la Coesione sociale e la Riconciliazione nazionale, ha affermato che il cambiamento di strategia vedrà supporto logistico e mandati formali dati ai leader delle comunità impegnati nei colloqui. Simili sforzi di riconciliazione stanno nascendo anche nel Mali, che vede un Governo sempre più vicino a Ouagadougou, e rappresentano un importante cambio di passo rispetto alle posizioni europee sulla gestione delle insurrezioni islamiste in Africa occidentale. Il tempo dirà se questa svolta riuscirà finalmente a portare la pace nella regione.
Daniele Molteni
“Western Accord 2016 participants closeout exercise at Camp Zagre” by SETAF-Africa is licensed under CC BY