Ristretto – Michelle Bachelet ha annunciato che non si ricandiderà alla carica di Alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani. La rinuncia è probabilmente legata alle numerose polemiche che hanno accompagnato il suo controverso viaggio in Cina del mese scorso.
Iniziato nel settembre 2018, il mandato di Bachelet terminerĂ il prossimo 31 agosto. La decisione di ritirarsi ha colto molti di sorpresa, vista la vicinanza dell’attuale Alto commissario al Segretario Generale Antonio Gutierres e il sostegno di quest’ultimo alla discussa missione in Cina, la prima di un responsabile ONU per i Diritti Umani dal 2005. Ma il peso delle critiche e degli attacchi mediatici è stato forse troppo forte per Bachelet, costringendola infine a fare un passo indietro. Le polemiche riguardano soprattutto la sua visita nella provincia dello Xinjiang, dove la Cina è accusata di commettere “crimini contro l’umanitĂ ” contro la minoranza uigura. In particolare, il Governo di Pechino avrebbe imprigionato oltre un milione di persone in appositi “campi di rieducazione”, sterilizzando le donne e costringendo gli uomini ai lavori forzati. Moschee, tombe e altri simboli culturali della comunitĂ uigura verrebbero anche sistematicamente distrutti per favorire una completa sinizzazione della regione. Le AutoritĂ cinesi negano ogni addebito, parlando di semplici misure per la lotta al terrorismo, ma la sostanziale chiusura dello Xinjiang a stampa e osservatori internazionali rende difficile avere un quadro chiaro della situazione. Da qui la richiesta dell’Alto commissariato per i Diritti Umani di condurre una breve missione in loco, accolta dal Governo cinese dopo lunghissime trattative e i ritardi imposti dalla pandemia di Covid-19.
Il 23 maggio scorso Bachelet si è dunque recata in Cina per una visita di sei giorni, incontrando esponenti governativi e membri della società civile. Dopo aver speso i primi giorni a Guangzhou,  l’Alto commissario si è recata poi a Kashgar e Urumqi, la capitale dello Xinjiang, per la parte più delicata del suo viaggio. Nel comunicato finale della visita, Bachelet ha affermato di aver condotto discussioni costruttive con le Autorità cinesi sui diritti umani e di avere chiesto una revisione delle loro politiche anti-terrorismo. Ha anche promesso la pubblicazione di un rapporto estensivo sulla situazione nello Xinjiang. Ma il carattere ambiguo delle sue dichiarazioni ha provocato feroci critiche da parte di numerose organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, che hanno sostanzialmente accusato Bachelet di fare propaganda per il Governo cinese. Inoltre la BBC ha ottenuto e reso pubblici, proprio nei giorni della visita, una serie di documenti riservati della polizia cinese che confermano l’uso di metodi brutali nei campi dello Xinjiang, compreso l’ordine di “sparare per uccidere” in caso di tentata fuga dei prigionieri. Rivelazioni che hanno ulteriormente accentuato le critiche alla missione di Bachelet e alla sua incapacità di chiedere conto alla Cina degli abusi commessi. A tali critiche si sono poi aggiunte richieste esplicite di dimissioni, sia da parte di politici che di attivisti per i diritti umani. Dimissioni che alla fine sono in un certo senso arrivate, con la decisione di Bachelet di lasciare definitivamente la carica a fine mandato.
Simone Pelizza
“Ministra Paula Narváez acompaña a la Presidenta Michelle Bachelet en la firma de promulgaciĂłn de “Ley que crea un sistema de nueva EducaciĂłn PĂşblica”” by VocerĂa de Gobierno is licensed under CC BY-SA