Caffè Lungo – Il ritorno di Hong Kong nella RPC chiude l’epoca del colonialismo e apre alla rinascita della Cina come grande potenza del XXI secolo. Dopo circa 25 anni si possono tirare le somme di una restituzione che il Governo di Pechino è riuscito a gestire, bypassando proteste e impegni al rispetto dei diritti e delle libertà , di cui purtroppo il mondo occidentale non è sempre stato coerente veicolo.
LA PARABOLA COLONIALE
Il 1 luglio 2022 il Governo di Pechino ha ricordato il venticinquesimo anniversario del ritorno di Hong Kong, colonia britannica dal 1843, alla madrepatria nella cerimonia di insediamento del nuovo chief executive John Lee. L’evento è stato celebrato con grande enfasi dal Presidente Xi Jinping che, citando i versi di Meng Jiao, poeta della dinastia Tang (618-907), ha cercato di iniettare nella sconsolata gioventù honkonghese una nuova speranza per rinnovati traguardi.
Per diversi anni la RPC ha mantenuto un sostanziale rispetto del regime ibrido creato con l’istituzione delle Regioni Amministrative Speciali, in applicazione dell’art. 31 della Costituzione cinese del 1982, per consentire il ritorno alla madrepatria di Hong Kong e Macao, progettando la formula “Un Paese, Due Sistemi”, in realtà ideata per rendere percorribile il ritorno di Taiwan. Il principio si è rivelato funzionale a garantire l’assetto particolare di cui gode la RAS di Hong Kong dal 1997 (e dal 1999 quella di Macao), per la posizione strategica lungo le rotte commerciali dell’Asia e lo status economico e politico di piattaforma finanziaria di rilevanza globale. In effetti Hong Kong ha rappresentato uno dei cardini su cui il Governo di Pechino ha realizzato la completa integrazione cinese nel contesto finanziario e economico internazionale, grazie in particolare al Closer Economic Partnership Arrangement (CEPA). L’ex colonia è poi confluita nella Grater Bay Area, un insieme di undici città verso le quali è affluita una mole di capitali tale da consentire la modifica radicale della struttura economica di tutta la zona, che oggi rappresenta il 12% del PIL dell’intera Cina ed uno dei più grandi hub finanziari e tecnologici del mondo, in aperta competizione con la Silicon Valley.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Attivisti sventolano la bandiera delle proteste di Hong Kong durante una manifestazione a Tokyo contro lo svolgimento delle Olimpiadi invernali di Pechino, 2 ottobre 2021
TRA PROTESTE E DIRITTI NEGATI
La HKSAR con i suoi 7 milioni di abitanti, ammassati in un’area di soli 1100 kmq, che comprende l’sola di Hong Kong, Kowloon, Lantau e i nuovi Territori, ha affrontato, dopo la restituzione, grossi problemi, legati ad una societĂ polarizzata e al crescente divario economico tra i vari strati della popolazione. I disagi esplodono nel 2014 con la “Rivoluzione degli ombrelli”, durante la quale, catalizzando l’attenzione internazionale, il movimento “Occupy central with love and peace” reclama una selezione del capo esecutivo e dell’assemblea legislativa tramite suffragio universale. Le proteste, durate 79 giorni ma mai completamente sopite, passano dalle strade di Mong Kok, teatro della rivolta del 2016 fino alle aule del consiglio legislativo di Hong Kong, e raggiungono l’acme nel 2019, contro il disegno di legge sull’estradizione dei condannati in Cina, che minacciava le libertĂ civili e i diritti acquisiti. Alle proteste senza leader, in applicazione della tattica di resilienza detta essere come l’acqua segue l’approvazione della legge sulla salvaguardia della sicurezza nazionale, inserita nel 2020 nella legge Fondamentale, dopo l’approvazione del Parlamento cinese, che vieta qualsiasi atto di tradimento, secessione, sedizione o sovversione . Il Governo di Pechino pone così la pietra tombale sulle manifestazioni, facendo leva anche sul divieto di assembramenti necessario per combattere la pandemia da coronavirus, che ha raggiunto di recente, con la diffusione della variante Omicron, picchi di 60mila casi, e ha determinato mesi di lockdown. Il nuovo Dipartimento per la Sicurezza Nazionale, in applicazione della nuova legge, ha ordinato la chiusura di giornali come Apple Daily e Stand News, per “cospirazione legata a pubblicazioni sediziose”, e proceduto a migliaia di arresti compreso quello del cardinale Joseph Zen, temuto da Pechino in quanto “coscienza di Hong Kong”, per “collusione con potenze straniere”. Il 4 giugno, per la prima volta dal 1989, a Victoria Park nessuno ha vegliato in ricordo del massacro di Piazza Tiananmen e la “marea nera” delle proteste si può considerare arenata da un sistema di controllo che l’uso dell’intelligenza artificiale ha reso sempre piĂą invasivo e che ha coinvolto e stravolto cultura, media, editoria, istruzione.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il cardinale Joseph Zen lascia la West Kowloon Magistrates’ Courts dopo un’udienza successiva al suo arresto, 24 maggio 2022
IL DISCORSO DEL PRESIDENTE
Nel corso del suo discorso il Presidente cinese ha collocato lo spazio di operatività del principio costituzionale “Un Paese, Due Sistemi” nel più ampio processo storico volto a trasformare la Cina in un Paese moderno e prospero. Il principio è ancora valutato positivamente, come strumento idoneo a garantire il mantenimento del sistema capitalistico in un contesto di larga autonomia, che ora deve trovare una collocazione nell’alveo del sistema socialista guidato dal Partito Comunista. L’alto grado di autonomia goduto dalle Regioni Amministrative Speciali (RAS) non deve però precludere la giurisdizione del Governo centrale, facendo in modo che tutto il popolo collabori a salvaguardare armonia e stabilità , isolando le forze non patriottiche o addirittura “traditrici” che hanno messo a repentaglio la solidità di Hong Kong, sedotta dall’anelito democratico, fatto di libertà e di uguaglianza, che fino al 2020 aveva dato un aroma particolare al Porto dei profumi.
E così fino ad oggi 103.000 abitanti hanno lasciato l’ex colonia e molti altri prospettano un futuro di fuga, oppure rimpiangono con struggente nostalgia un’identità forse persa per sempre, sia tra “quelli che stanno” che “tra quelli che hanno lasciato” come canta una band rock di successo.
Embed from Getty ImagesFig. 3 – Xi Jinping insieme al nuovo chief executive John Lee durante la cerimonia per il venticinquesimo anniversario del ritorno di Hong Kong alla Cina, 1 luglio 2022
LA GOVERNANCE DI PECHINO
Da ciò si evince un concetto di governance della Cina sempre più lontano da quello occidentale, in cui il principio di legalità , che fin ora aveva contraddistinto la Legge fondamentale di Hong Kong, garantendo lo stato di diritto, impallidisce di fronte all’esigenze di ordine e sicurezza, che passa anche attraverso un capillare controllo del territorio, fisico e virtuale, che rilegge la storia e ha svuotato persino l’app LIHKG, ridotta ora a contenitore di banalità , che durante il periodo delle proteste ha permesso ai giovani di tenere testa alla polizia. Dopo soli 25 anni Pechino ha quindi riaffermato la sua autorità e riposizionato l’ex colonia, tessendo progettualità sempre più avveniristiche, trasfuse nel 14° piano quinquennale, il cui volano sarà rappresentato dalle due Regioni Amministrative Speciali. Per quanto riguarda Macao, è stato delineato l’Hengqin Macau New Neighborhood Project , dal nome di un’isola che ricorda un antico violino, situata a pochi km da Macao, in cui si concentrerà la ricerca, in particolare per l’implementazione, dopo la tragica esperienza della pandemia, della medicina cinese tradizionale, ma soprattutto per la produzione di semiconduttori, cercando anche di realizzare una stretta connettività infrastrutturale transfrontaliera.
Per Hong Kong è invece stato previsto il Piano Qianhai per una “continentizzazione” dell’ex colonia, attraverso un notevole ampliamento dell’area di Shenzhen Qianhai-Hong Kong che passerĂ da 14,92 a 120,56 chilometri quadrati, motore per uno sviluppo di alta qualitĂ , orientato all’innovazione con forti capacitĂ di allocazione delle risorse globali.
In esito a tutto ciò, Hong Kong appare ormai completamente scivolata nel sistema cinese, la cui peculiare idea di governance, frutto di cinquemila anni di storia e segnata nuovamente da ampie ibridazioni confuciane, è enormemente distante dagli ideali democratici che il mondo occidentale ha però molto spesso piegato a logiche di dominio e interessi economici. In questa ottica Hong Kong rappresenta il simbolo della fine del secolo dell’umiliazione e l’inizio di una impresa straordinaria per alcuni, distopica per altri.
Elisabetta Esposito Martino
“HK morning” by hyakushiki_thebest is licensed under CC BY