Ristretto – Prima espressione della volontà del popolo dopo gli stravolgimenti promossi dal Presidente Kais Saied, le elezioni del 17 dicembre sono già oscurate da una serie di ombre che, nel medio periodo, potrebbero contribuire all’instabilità politica del Paese.
Il risultato delle elezioni del 17 dicembre in Tunisia contribuirà a definire in maniera sistematica e strutturale l’equilibrio e la postura politica del Paese, specialmente su tre snodi critici: il ruolo e il peso dei sindacati sulla scena pubblica, l’accordo con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e, infine, il posizionamento tunisino in merito al dossier sul Sahara occidentale.
Già ora, a competizione elettorale non ancora conclusa, il processo elettorale sembra oscurato da alcune ombre. Da una parte, infatti, la presenza dei sindacati rappresenta – paradossalmente – l’unico contrappeso all’azione presidenziale che ha intenzionalmente favorito sia un accentramento istituzionale, attraverso la nuova Costituzione, sia, con la nuova legge elettorale (di cui vi abbiamo parlato qui), una personalizzazione della politica, in cui i partiti sono pressoché inservibili. In questo contesto sbilanciato, l’Union Générale Tunisienne du Travail (UGTT), la principale unione sindacale del Paese che tutela soprattutto gli interessi degli statali e dei parastatali, ha condotto delle accese trattative per un aumento dell’8% del salario. Tale proposta si colloca in netto contrasto con una delle condizioni principali richieste dal FMI per erogare un cospicuo finanziamento allo Stato tunisino, ovvero proprio un blocco salariale nel settore pubblico. Eppure, nonostante la necessità di nuovi fondi per risollevare il Paese da un periodo di stagnazione economica e scarsità di risorse, il Governo non ha potuto fare a meno di “accontentare” il sindacato, confermandone il peso relativo sulla scena pubblica. Molte sono state le perplessità fra le fila dell’Union Tunisienne de l’Industrie, du Commerce et de l’Artisanat (UTICA) e della Confédération des Entreprises Citoyennes de Tunisie (CONTACT), rispettivamente il sindacato dei commercianti e degli artigiani e la confederazione delle imprese civiche. Le già parche risorse statali sembrano rimanere, quindi, nelle casse degli stessi settori, perdendo di vista una redistribuzione delle stesse nel settore privato e delle piccole-medio imprese che potrebbe, almeno nel medio e lungo periodo, dare un boost all’economia tunisina. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, come affermato da Chiara Sebastiani nella sua analisi, il FMI sembra aver di fatto ignorato tali meccanismi, puntando a una quadratura dei conti sufficientemente chiara per poter erogare il finanziamento in discussione.
Un altro cono d’ombra che ricade sulle prossime elezioni è il dossier sul Sahara occidentale. Negli ultimi mesi la crisi diplomatica con il Marocco e le tensioni con l’Algeria portano a guardare con preoccupazione la stabilitĂ della regione che, sulla base del risultato delle prossime elezioni tunisine e del corso politico giĂ fortemente condizionato dall’impronta del Presidente Saied, potrebbe essere travolta da una crisi poco funzionale e per il Nord Africa e per i partners internazionali dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.Â
Sara Cutrona
Immagine di copertina: “La Kasbah dominant la MĂ©dina (Sousse, Tunisie)” by dalbera is licensed under CC BY