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Cosa rimane delle proteste in Iran

In 3 sorsi A fronte di una brutale campagna di repressione da parte delle Autorità, sembra che le proteste in Iran si stiano estinguendo. Nonostante ciò, le ferite riportate dal regime hanno acuito fragilità che a lungo termine potrebbero minacciarne la sopravvivenza.

1. L’EVOLUZIONE DEL MOVIMENTO

A quattro mesi dal suo inizio, il movimento di protesta che ha infiammato l’Iran sembra essersi acquietato. Il numero di manifestazioni e di partecipanti si è ridotto, con proteste più sporadiche e perlopiù localizzate nei campus universitari e nel sudest del Paese. Conscio del pericolo di un popolo unito dalla sensazione di non avere nulla da perdere, il regime ha impiegato ogni mezzo a sua disposizione per arginare il movimento “Donna, Pace, Libertà”. Le Autorità hanno limitato l’accesso a internet e alle piattaforme social, e attuato una campagna di repressione violenta, arresti, condanne a lunghe pene detentive e persino a morte. Le stime compilate da ONG locali parlano di oltre 500 persone uccise durante le proteste, più di 19.200 arrestate, e almeno 16 giustiziate in seguito a processi farsa. La risposta più brutale alle manifestazioni si registra nelle regioni abitate dalle minoranze etniche curde, azere, arabe e baluchi, storicamente discriminate e ostili al regime. Nonostante l’apparente successo della campagna, si tratta di una vittoria temporanea per il regime. Il movimento si sta riorganizzando in gruppi militanti più strutturati e alleati tra di loro. Un esempio significativo sono le associazioni locali giovanili, i cosiddetti youth neighborhood groups, che hanno supportato l’organizzazione delle proteste negli scorsi mesi. A dicembre questi gruppi hanno lanciato un’alleanza centralizzata, la United Youth Alliance, il cui manifesto inneggia a una rivoluzione basata su principi democratici e Stato laico. Se saranno in grado di consolidare la loro struttura e supportare dialogo e cooperazione continua tra organizzazioni politiche, sindacati e attivisti in Iran e all’estero, il potenziale di destabilizzazione emanato da questi gruppi potrà rappresentare una minaccia importante per il regime.

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Fig. 1 – Una manifestazione di solidarietĂ  alle proteste in Iran a Berlino

2. LA RISPOSTA INTERNAZIONALE

La forte risonanza mediatica e il grande numero di manifestazioni di solidarietà hanno reso impossibile per la comunità internazionale ignorare le proteste in Iran. L’Iran è diventato il primo Paese espulso dalla Commissione ONU sullo status delle donne, mentre il Consiglio per i diritti umani ha annunciato una commissione d’inchiesta sulle proteste. Le indagini potrebbero supportare l’apertura di procedimenti contro il regime nei tribunali internazionali. Diversi Governi hanno imposto nuove sanzioni contro la Repubblica Islamica. L’Unione Europea, che finora ha sanzionato ventinove individui e tre entità in relazione alle violazioni dei diritti umani legate alla repressione delle proteste, è chiamata a esprimersi a breve sull’inserimento del Corpo delle Guardie della Rivoluzione nella lista delle organizzazioni terroristiche. Tuttavia, le azioni intraprese dai Governi e dalla comunità internazionale sono di natura largamente simbolica e finora non sono state in grado di fornire un supporto concreto alle manifestazioni. Al contrario, acuendo l’isolamento internazionale dell’Iran e peggiorandone l’economia, misure come le sanzioni influiscono sulle condizioni di vita della popolazione, e spingono il regime a consolidare i propri legami con attori come la Russia.

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Fig. 2 – Una protesta tenuta di fronte all’Ambasciata iraniana di Lisbona in reazione all’esecuzione di manifestanti anti regime

3. QUALE FUTURO PER L’IRAN

Dopo che per settimane i media internazionali hanno inneggiato a una nuova rivoluzione, ora ci si chiede se questa stagione si stia chiudendo con un successo della Repubblica Islamica. Parlare di rivoluzione è perlomeno prematuro, ma è innegabile che le proteste abbiano lasciato un segno importante. Il Paese oggi è ancora piĂą fragile e isolato. PiĂą che in altri periodi di sollevazioni popolari, come il Movimento Verde nel 2009 o le proteste del 2019, la Repubblica Islamica ha perso di legittimitĂ  ideologica. Inoltre al governo Raisi, eletto senza seria competizione e con un’affluenza alle urne ai minimi storici, manca l’appoggio dei cittadini. Questo è dovuto in gran parte alla percezione che le condizioni nel Paese non facciano che peggiorare, mentre le AutoritĂ  sono restie o incapaci di proporre soluzioni ai problemi che affliggono l’Iran. Le violenze contro i manifestanti e le esecuzioni di carattere politico spingono i dissidenti alla cautela e a operare in segreto, ma non ne estinguono la rabbia – anzi. La presa di coscienza politica collettiva innescata dalle proteste, soprattutto della generazione piĂą giovane, non può essere annullata con la repressione. Se il regime rifiuta di aprirsi al dialogo con i propri cittadini – nemmeno simbolicamente – e senza che lo scontento popolare possa incanalarsi in un’alternativa politica nel sistema attuale, è probabile che gli eventi degli ultimi mesi non chiuderanno il capitolo delle proteste popolari in Iran.

Allegra Wirmer

Immagine di copertina: “Iran Protests” by Taymaz Valley is licensed under CC BY

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Perchè è importante

  • Il regime iraniano sembra essere riuscito ad arginare le proteste che hanno messo a ferro e fuoco il Paese negli ultimi quattro mesi, ma la repressione sanguinosa attuata dalle AutoritĂ  non ha eliminato il dissenso profondo che continua a serpeggiare nella popolazione.
  • All’indomani di questa apparente vittoria la Repubblica Islamica si ritrova ancora piĂą isolata a livello internazionale.
  • La stabilitĂ  a lungo termine del regime è messa in pericolo dalla crisi di legittimitĂ  e dalla presa di coscienza politica del popolo iraniano.

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Allegra Wirmer
Allegra Wirmer

Classe 1998, ho studiato diritto europeo e relazioni internazionali vivendo in Italia, Germania, Olanda e Stati Uniti. Mi interesso di Medio Oriente e di politiche di genere. Nel tempo libero mi piace viaggiare, andare al cinema, girare mercatini dell’usato e raccogliere aneddoti inutili da raccontare davanti ad un caffè.

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