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Tunisia, secondo turno elettorale: il velo di Maya non regge più

Ristretto  Il 29 gennaio scorso i cittadini tunisini sono tornati alle urne per il secondo turno delle elezioni legislative. Similmente a quanto successo il 17 dicembre 2022, solo una ristrettissima parte della popolazione ha deciso di esercitare il diritto di voto ed eleggere i propri rappresentanti. Un preoccupante campanello d’allarme sulla salute del processo di democratizzazione in Tunisia e sulla stabilità del Paese.

Durante una conferenza stampa tenutasi a Tunisi domenica scorsa, a chiusura della giornata dedicata al voto, Farouk Bouaskar, il Presidente dell’Instance Supérieure Indépendante pour les Élections, ha annunciato che il tasso di partecipazione alle urne si è attestato intorno all’11,3%. Tale dato, considerato di per sé e assieme all’elevatissimo astensionismo registrato anche durante il primo turno delle legislative, non sorprende affatto. Tuttavia, analizzato alla luce degli eventi dell’ultimo anno e mezzo, non fa che alimentare la forte preoccupazione sulle sorti del processo di democratizzazione in Tunisia, sempre più in bilico fra le tensioni accentratrici del Presidente Kais Saied e il malcontento della popolazione. Da una parte, analisti e stampa sono concordi sul fatto che le molteplici azioni del Presidentissimo, culminate con la promulgazione della nuova legge elettorale, abbiano incentivato la popolazione a prendere ulteriormente le distanze da una politica apparentemente incapace di soddisfare le aspettative e i bisogni dei cittadini. Dall’altra, però, associare questo voto mancato su larga scala solo ed esclusivamente alle recenti azioni di un uomo politico, sembra riduttivo. Questa chiave di lettura, infatti, copre con una sorta di schopenhaueriano velo di Maya una realtà scomoda, ma ormai evidente: i tunisini non sono più disposti a supportare le classi dirigenti e le loro strategie politiche, atte esclusivamente a sfruttare le falle del processo democratico in corso per sostenere i propri interessi e non quelli del popolo. Le aspettative legate ad un nuovo equilibrio politico-istituzionale dopo la Rivoluzione dei Gelsomini sono state completamente disilluse. In primis, perché non c’è mai stata una reale stabilità politica, di cui gli avvicendamenti di diversi governi in pochi anni sono la prova lampante. In secondo luogo perché le criticità sollevate con l’evento rivoluzionario, a quasi dodici anni di distanza, non sono ancora risolte. La crisi economica già presente è stata accentuata dalla stagnazione dovuta, prima, alla pandemia da Coronavirus e, adesso, dall’onda lunga della guerra fra Russia e Ucraina. Il settore pubblico rimane tutt’ora non solo inefficiente, ma anche destinatario esclusivo di risorse nazionali che andrebbero meglio ripartite per sostenere il settore privato. Il tasso di disoccupazione continua ad attestarsi su livelli altissimi e il Paese sembra sull’orlo di un collasso economico. Tutti questi elementi sono stati sfruttati dal Presidente Kais Saied prima di ottenere il potere, proponendosi come elemento di rottura rispetto a un impianto politico-partitico dimostratosi inadatto a risolvere le difficoltà strutturali della Tunisia. L’accentramento del potere e la mancata partecipazione alle elezioni legislative sono solo alcuni degli atti (speriamo non gli ultimi) di una “tragedia politica”, quella della Rivoluzione tunisina, in cui l’eroe, la popolazione, sembra essersi stancato di combattere.   

Sara Cutrona

Immagine di copertina: “La grande mosquée (Sousse, Tunisie)” by dalbera is licensed under CC BY

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Perchè è importante

  • Il 29 gennaio i Tunisini avrebbero dovuto partecipare al secondo turno delle legislative. A conti fatti solo l’11,3% della popolazione si è presentata alle urne.
  • Il nodo cruciale risiede nell’accentramento del potere da parte del Presidente Kais Saied o il significato profondo è un altro?

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Sara Cutrona
Sara Cutrona

Attualmente lavoro come assistente di redazione presso la sede regionale RAI dell’Emilia-Romagna, a Bologna. Ho ottenuto la Laurea Magistrale in Scienze Internazionali e Diplomatiche al Polo Didattico distaccato di Forlì dell’Università Alma Mater di Bologna, specializzandomi in politica e sicurezza internazionale. Durante il mio percorso accademico ho studiato in Spagna, Nuova Zelanda e negli Stati Uniti. Nel 2016 sono stata tirocinante presso l’Ambasciata d’Italia a Baghdad in Iraq. Nel 2019 ho ottenuto il Master di I livello in Management Politico, presso la LUISS School of Government e in collaborazione con ilSole24Ore. Dal 21 ottobre 2019 al 20 aprile 2022 ho prestato servizio come Ufficiale in Ferma Prefissata del Corpo di Stato Maggiore della Marina Militare Italiana, dove ho svolto gli incarichi di Liaison Officer con Unità straniere, political advisor, Ufficiale incaricato per la Pubblica Informazione. Nel 2022 ho conseguito un Master di II livello in Intelligence presso l’Università della Calabria. Fra i miei interessi di ricerca attuali: la guerra cognitiva, le operazioni di anti e counter terrorism; la cybersecurity, i processi politici e le relazioni inter-regionali dell’area MENA.

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